La solidità patrimoniale salva Valenza
Nonostante le difficoltà del 2020, il tessuto produttivo
è forte degli investimenti in capitale umano fatti negli anni passati e riparte
di Giulia Crivelli
3' di lettura
Il 2020 è stato l’annus horribilis del sistema moda allargato, che comprende anche la gioielleria. Alcune “sottofiliere”, in primis quella dell’abbigliamento, hanno sofferto più di altre, come dimostra anche la proroga del blocco dei licenziamenti al 31 ottobre decisa dal Governo per il tessile-moda-calzature.
Per la gioielleria però i primi mesi del 2021 hanno dato alcuni segnali positivi, confermati dal quadro del distretto di Valenza fatto nell’aprile scorso da Romina Galleri, economista della Direzione Studi e Ricerche di Intesa-Sanpaolo. Un cauto ottimismo per l’intero settore orafo italiano confermato da Giorgio Villa, presidente del Club degli Orafi, che in maggio aveva presentato l’aggiornamento della sintesi quantitativa del settore orafo italiano, un rapporto congiunto frutto della collaborazione con gli analisti ed economisti di Intesa-Sanpaolo e curato in particolare da Stefania Trenti, che aveva ricordato come nel 2020 si fosse interrotta «la lunga fase di crescita del settore orafo italiano, che aveva portato nel 2019 a raggiungere livelli superiori del 63% rispetto al 2010».
«Abbiamo certamente attraversato una crisi senza precedenti, ma come Club – aveva spiegato Villa, eletto presidente in aprile per il triennio 2021-2024 –. Pensiamo e ci impegneremo affinché il 2021 possa essere davvero un anno di cambio di rotta, di ritorno alla normalità e alla crescita, seppur contenuta».
Ma veniamo a Valenza: «Nonostante la congiuntura economica 2020 sia stata particolarmente negativa per questo distretto orafo – spiega Romina Galleri – la qualità del tessuto produttivo e il buon grado di patrimonializzazione acquisito nel tempo e gli investimenti in formazione e capitale umano rassicurano sul fatto che le difficoltà potranno essere superate». In Italia ci sono tre poli orafi, sedi di altrettanti distretti: Arezzo (Toscana), Vicenza (dove da oggi a martedì 14 torna in presenza l’importante fiera di settore VicenzaOro) e, appunto, Valenza. In queste tre province si concentra il 31,5% delle imprese e il 55% degli addetti italiani alla fabbricazione di gioielleria, bigiotteria e lavorazione delle pietre preziose.
La provincia di Alessandria, si legge nel report di Intesa-Sanpaolo, impiega 5.494 addetti (pari al 17,5% del totale Italia) e sul territorio operano 802 imprese (che rappresentano il 10% del totale italiano). Il comune che dà il nome al distretto è anche il suo cuore: vi si concentra il maggior numero di addetti (4.963 per l’esattezza, pari al 90% degli addetti in provincia di Alessandria) e la gran parte delle imprese (693, pari all’86% del totale). «Valenza, rispetto ad Arezzo e Vicenza, tradizionalmente è focalizzata sulla gioielleria di alta gamma, grazie alla presenza di numerose imprese artigiane altamente specializzate», ricorda l’economista della Direzione Studi e Ricerche di Intesa-Sanpaolo.
Tornando alla qualità del tessuto produttivo, Romina Galleri sottolinea la percentuale di patrimonializzazione delle aziende di Valenza, 45,5%, nettamente superiore ad Arezzo (29,8%) e Vicenza (34,5%). «È un dato importante, che ha sicuramente consentito alle imprese del distretto di affrontare con una buona solidità patrimoniale il crollo dei consumi causato dalla pandemia – aggiunge –. I margini operativi netti in percentuale del fatturato sono pari al 7,8%, più del doppio rispetto agli altri due distretti italiani, 3,4% per Vicenza e 3,3% per Arezzo».
Un ulteriore stimolo alla ripresa del distretto viene dal progetto di espansione di Bulgari: già oggi quella di Valenza della maison del gruppo Lvmh è la fabbrica di gioielli più grande d’Europa. In era pre Covid era stato annunciato il raddoppio del polo produttivo inaugurato nel 2017, con l’assunzione di altre 600 persone a partire dal 2022. La pandemia ha solo rallentato il progetto, come confermato nei mesi scorsi dall’amministratore delegato di Bulgari Jean-Christophe Babin in occasione di alcuni eventi organizzati dalla maison (si veda ad esempio Il Sole 24 Ore del 5 febbraio scorso).
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