editorialeG-20 e nuovo sviluppo

La «staffetta» tra Pechino e Berlino per la crescita

di Alberto Quadrio Curzio

Marka

4' di lettura

Mentre le “stravaganze” del presidente Trump continuano, le leadership di Angela Merkel e di Xi Jinping si consolidano. Guardando all’economia sul medio-lungo termine, una svolta si è avuta al G20 di Amburgo un mese fa.Troppo pochi hanno rilevato che questa 12esima riunione annuale del G20 dei capi di Stato o di Governo tenutasi per la prima volta in Germania contiene una progettazione di medio-lungo termine “sino-tedesca”. Lo si può dimostrare perché la dichiarazione conclusiva del G20 “Shaping an interconnected world” è in linea con il G20 in Cina del 2016 ed è sorretta (e solidificata) da una serie di analisi-proposte (per alcuni noiose o accademiche) fondate su principi e dotate di forza politica e razionalità operativa. Anche per questo le dissociazioni ad Amburgo del presidente Trump sono apparse pericolosamente antistoriche isolando così un grande Paese.

Onu e Agenda 2030: il 2015

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I due G 20 “sino-tedeschi” muovono da un netto riferimento progettuale sia a “Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030” approvata dai 193 Stati dell’Onu e poi confermata dall’Assemblea generale nel settembre del 2015 (in continuità agli “Obiettivi dello sviluppo del Millennio” deliberati dall’Onu nell’anno 2000 di passaggio dal XX al XXI secolo) sia a “ Coop 21” ovvero alla deliberazione della 21esima Conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi nel novembre-dicembre 2015 (in continuità alla Convenzione quadro Onu sui cambiamenti climatici , Unfccc, del 1992 e del protocollo di Kyoto del 1997).

Questa coerenza tra le determinazioni dell’Onu nelle sue varie articolazioni e del G 20 sono cruciali in quanto il consenso di quasi 200 Stati è ovviamente assai meno vincolante e controllabile di quello di 20 Stati, che tuttavia esprimono una dimensione e una forza economica prevalente nel contesto mondiale, con quasi il 70% della popolazione e l’80% del Pil.

Su queste direttrici si decide il XXI secolo di sviluppo del nostro Pianeta che non può essere quello della decrescita felice visto che quasi un miliardo di persone vive ancora in povertà assoluta, ma neppure quello dei meccanicismi spontaneisti di mercati cornucopia.

Agenda 2030, con una grande progettazione su 17 obiettivi, e i G20 sino-tedeschi, con una declinazione più operativa degli obiettivi, vanno invece nella giusta direzione. Cioè quella di uno sviluppo sostenibile che eradichi la povertà, promuova la conoscenza e l’innovazione, riduca le diseguaglianze, potenzi le infrastrutture ecocompatibili, eviti una catastrofe climatica.

Il G20 2016: la leadership cinese

Con lo “Hangzhou Consensus” (la città cinese che ha ospitato il summit) e con l’annesso Piano di azione del G20 per l’attuazione di Agenda 2030 sono stati presi impegni nelle indicate direzioni con un partenariato pubblico-privato interno a ogni Paese ma anche internazionale per promuovere con forti Partnership le Persone e il Pianeta, la Prosperità e la Pace. Cioè le 5P di Agenda 2030. A un anno di distanza dal G20 cinese, impostato su programmi di intervento e da una analisi della situazione degli Stati aderenti al G20, si può dire che l’impegno è serio. Nella impossibilità di commentare i 47 punti compresi nello “Hangzhou Consensus” e i 13 settori di intervento, sottolineiamo l’intersezione di tre programmi di economia reale su innovazione, industria, infrastrutture. Essi esprimono la concretezza di un nuovo modello di crescita economica ecocompatibile basata sulle tecnologie innovative, che vanno dai big data, al cloud computing, all’intelligenza artificiale, alla robotica, ai nuovi materiali e oltre con l’associata centralità dell’investimento in istruzione e formazione, nelle nuove infrastrutture e sulla loro interconnessione a scala internazionale. Questo dovrebbe ricordare ai Paesi sviluppati deboli in innovazione che 30 anni fa la Cina era ancora in bilico tra sviluppo e sottosviluppo e che ora, con il maggiore Pil mondiale, guarda oltre per una ulteriore crescita caratterizzata da ecocompatibilità come modello anche per i Paesi del Sud del mondo dei quali Pechino ha di fatto la leadership.

Il G20 2017: una leadership tedesca

Lo “Hamburg Consensus” non è invece una denominazione riscontrata nei documenti del G20 di Amburgo e la causa sta principalmente nel paragrafo 24 della dichiarazione finale del summit, che poi nel paragrafo 25 trova la risposta. Nel 24 si prende infatti atto della decisione Usa di abbandonare l’Accordo di Parigi del 2015 teso a contrastare i cambiamenti climatici e nel 25 in modo secco i leader di tutti gli altri Stati del G20 confermano che l’Accordo di Parigi è irreversibile. La leadership del cancelliere Merkel, che presiedeva il G20, è stata chiara nell’evitare un “contagio trumpista”. Tanto risulta anche dal documento sui progressi del Piano di azione del G20 per Agenda 2030. Agli Usa, relegati in una gelida nota 1, viene dato atto di avere in corso un riesame delle azioni condivise dalla “precedente leadership”. Ovvero da Obama.

Il G20 di Amburgo è stato dunque un successo netto della Merkel confermato anche dalla condivisione degli altri Stati su una serie di documenti coerenti con il G20 cinese e con una declinazione più operativa di Agenda 2030. Gli stessi meriterebbero analisi sistematiche per la loro combinazione di principi e concretezza. Un caso è il lancio del “G20 Africa Partnership” per realizzare infrastrutture tangibili (elettricità, acqua) e intangibili (istruzione, sanità, istituzioni) e per la produzione (agricoltura e industria). Un partenariato per gli investimenti è già partito per sette Paesi africani in coordinamento tra quei governi, l’African Development Bank, l’Fmi, la Banca mondiale e altri. Anche qui si evidenzia come le emigrazioni di massa non risolveranno i problemi dell’Africa che arriverà a 2,5 miliardi di abitanti nel 2050.

Una conclusione

L’Europa con questo G20 ha avuto la conferma che il cancelliere Merkel è il suo solido, pacato e competente leader che, come il cinese Xi Jinping, ha una chiara visione sullo sviluppo sostenibile del XXI secolo. Dalle prime mosse non si può dire altrettanto di Macron, perché non basta essere giovane per essere un leader, anche se simpatico al presidente Trump.

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