ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùInnovazione

D-Orbit, la start up italiana dai rifiuti spaziali al Nasdaq

Nata per risolvere i problemi della logistica nello spazio quando nessuno ne parlava, D-Orbit è pronta per il listino Usa

di Leopoldo Benacchio

Lancio Vega, Fragnito: l'Europa si dota di nuovo veicolo spaziale

4' di lettura

A cinque anni, in una bella serata passata sotto il cielo nelle colline vicentine, chiese allo zio cosa mai fossero quelle luci che si vedevano in cielo. La risposta fu ovvia: sono le stelle, ma la reazione non lo fu altrettanto: «Decisi allora che lì volevo andare, fare l'astronauta: l'idea iniziale non fu certo quella di fare l'imprenditore, come sto facendo ora». Luca Rossettini oggi è Ceo di D-Orbit, azienda di cui è cofounder+ che lavora in campo spaziale con 217 dipendenti, sede principale a Fino Mornasco, in provincia di Como, dove sono circa in 180, tantissimi giovani, e uffici in Gran Bretagna e Portogallo.

D-Orbit è una società in piena espansione, è riuscita, dal 2011 a oggi, a sviluppare e far capire al mercato la sua visione a lungo termine che si può riassumere in un concetto: logistica spaziale. Negli ultimi anni il termine “logistica” ha invaso il mondo occidentale: «D’altronde, se produci merci le devi far viaggiare e questo è sempre più importante. Ma quando parlai di logistica spaziale le prime volte, sia a Nasa che qui in Italia, molti pensavano quasi che volessi prenderli in giro».

Loading...

L’idea di un motore addizionale

All’inizio D-Orbit si è confrontata con un problema fondamentale nella fascia dell’orbita bassa, fra i 400 e i mille chilometri, intasata da 5mila satelliti - ma saranno presto molti, molti di più - e 300mila rifiuti spaziali, pezzi di satelliti, bulloni, viti, qualunque altra cosa che viaggia a oltre 25mila chilometri all’ora. È il frutto della dissennatezza umana che non ha minimamente pensato al futuro e creduto di poter riempire all’inverosimile anche di rottami quella regione di spazio attorno alla Terra, in realtà piccola e preziosissima, su cui impiantiamo tutti i servizi oggi essenziali, come se fosse una discarica infinitamente grande. Chi risolverà il problema non si sa ancora, ma certamente l’idea iniziale di D-Orbit, ovvero far partire ogni satellite con un piccolissimo motore addizionale che, una volta attivato, lo deorbitasse alla fine della sua vita, evita il peggiorare della situazione. «Il satellite di prova l’abbiamo costruito e mandato in orbita, il motore ha funzionato abbastanza bene e abbiamo imparato parecchio per migliorarlo ancora», continua Rossettini.

Uno “scuolabus” per satelliti

Non sono state tutte rose e fiori. L’idea iniziale c’era, ma l’ambiente italiano è poco incline alla creatività e soprattutto al rischio: il business plan richiedeva fino a 5 milioni, ma i due soci ne riescono a trovare neanche un decimo, da un investitore che vuole in cambio il 44% della società. Ma bisogna mirare in alto e con equilibrismi e acrobazie economiche e finanziarie si arriva al risultato. Il consiglio è quello di non parlare mai del piano complessivo, minimo dieci anni di sviluppo, perché gli investitori non ne vogliono neppure sentir parlare. Anche se lo spazio è per definizione un campo in cui i ritorni sono sì, alti, ma i tempi lunghi e i rischi notevoli. La società inizia a marciare e si svela il secondo passaggio della strategia a lungo termine: il satellite Ion.

Per dirla in parole semplice, anche se si tratta di una macchina complessa e molto innovativa, Ion può alloggiare molti altri satelliti, micro e mini soprattutto, e, una volta in orbita, rilasciarli nella loro orbita definitiva, senza che debbano compiere ulteriori manovre, con notevole risparmio di tempo, carburante e quindi denaro per i clienti. Possiamo pensare a uno scuolabus che lascia i singoli studenti ognuno a casa propria. Un mezzo ormai molto apprezzato anche per posizionare una costellazione, o una parte cospicua, con un unico lancio. «Nel 2015 - ricorda il Ceo di D-Orbit -, quando lo abbiamo proposto, non ci credeva nessuno. Col primo volo convincemmo Planet, dopo parecchie insistenze, a provarlo praticamente allo stesso costo che aveva preventivato per un lancio tradizionale di parecchi satelliti contemporaneamente». Il lancio avvenne con pieno successo e Planet, società molto quotata nel campo, diede un ottimo giudizio, che si concretizzò in ordini anche da altre società: per sei voli nel 2022 e 13 nel 2023 .

Mercato fragile ma in crescita esponenziale

La logistica spaziale, con questo, è oggi un concetto consolidato e normale, come il camioncino che ti porta la merce a casa quando ordini online. Ma un mercato che cresce esponenzialmente è anche fragile, e Rossettini sostiene di voler investire anche nell’ecosistema complessivo, offrendo a piccole aziende di testare le loro tecnologie e alle start up di provare il prototipo sviluppato, così da dimostrare agli investitori che funziona: «C’è un collo di bottiglia spaventoso: quasi tre quarti dei prototipi delle start up non arrivano al mercato a causa dei costi e dei tempi di attesa. Noi vogliamo abbattere i prezzi e i tempi offrendo gli slot eventualmente liberi nei nostri voli». D’altra parte tutti i costi della missione sono dati dai satelliti principali e così si può anche tenere d’occhio il mercato, oltre che aiutarlo.

Il prossimo passo, dal 2023, sarà la costruzione di un cloud in orbita, dando ai satelliti anche capacità di edge computing. Ci sarebbero già ben 17 aziende in Europa interessate a sperimentare questo nuovo modo di elaborare i dati da satellite direttamente nello spazio, per spedire a terra solo l’informazione finale, già infiocchettata per la vendita. Per il momento il cloud sarà attorno alla Terra, ma se funziona un domani si potrà pensare anche a servizi oltre lo spazio attorno al nostro pianeta. «La speranza è che non ci sia monopolio: nello spazio dobbiamo cooperare, non competere, siamo solo agli inizi in realtà», conclude Rossettini. D-Orbit nel 2021 ha dichiarato ricavi per 3 milioni di euro, contratti acquisiti per 147 milioni e tramite una Spac con Breeze Holdings Acquisition Corp è pronta a diventare una società quotata al Nasdaq: sarà Dobt.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti