business e arte

La Street Art è morta? Più viva che mai

In attesa dell’apertura del temporary shop virtuale di Banksy, come si muove il mercato degli artisti di strada e quali le motivazioni dietro la loro creatività

di Giuditta Giardini

ZED1, Cucimilano, Milano, 2017

5' di lettura

“The shop that never opens, will close this weekend” si apre così il video caricato tre giorni fa da Banksy sulla sua pagina Instagram per annunciare che il suo pop-up shop, Gross Domestic Product ™, a Crydon a Sud di Londra avrebbe chiuso i battenti prima ancora di aprirli. E contemporaneamente annuncia sul sito dello shop digitale:  “ opening soon ”. Di questi tempi, Banksy è più popolare di Boris Johnson e della Brexit. Solo due settimane fa, l'artista ha realizzato il suo record personale con «Devolved Parliament», battuto da Sotheby's per 11 milioni di euro. Il crescente entusiasmo verso la (cosiddetta) Street Art non fa che confermare il trend positivo registrato già dall' edizione 2017 dell'Art Market Report di Artprice . Nel rapporto di quest'anno , tra le 100 opere d'arte più costose vendute tra luglio 2017 e luglio 2018, dietro l'oro di Jeef Koons, occupano il secondo e terzo posto, le opere di Jean-Michel Basquiat, «Untitled (Pollo Fritto)» del 1982 del valore di 25.701.500 dollari e «Discography 2» del 1983 venduta per 20.900.000 $. Kaws è terzo con «The Kaws Album» (2005), venduto all'asta da Sotheby's Hong Kong per 14.772.700 dollari Usa. Nella top ten, si trovano altre due opere di Basquiat all'ottava e nona posizione, «Apex» del 1986 con 10.815.00 $ e «Saturday Night» del 1984 con 10.635.000 $. Scende al 33° posto Keith Haring con «Silence=Death» (1988) battuto lo scorso maggio per 5.609.500 $ da Christie's New York .

Quesiti. La Street Art è morta? Si dibatte se sia giusto chiamare ancora Jean-Michel Basquiat, Keith Haring o Kaws, assurti già all'Olimpo dell'arte contemporanea, “artisti di strada”. La sempre maggiore presenza degli street artist in aste, gallerie, musei, nonché le strategie giuridiche ed imprenditoriali messe in atto da Banksy & co. fanno riflettere sulla natura ontologica delle opere di Street Art e dei loro autori. Secondo Mr. Savethewall (Deodato Arte), dichiaratamente non-street artist e moderno Zarathuštra, l'arte di strada sarebbe morta, lo ha annunciato nel suo manifesto che faceva il verso a quello della mostra non autorizzata di Banksy al Mudec (“ A visual protest ”). In realtà, racconta Chiara Canali , che da 15 anni lavora come curatrice e si occupa di graffiti e Street Art, il colpo di grazia agli artisti di strada l'aveva già dato nel 2007 la mostra tenutasi a Milano al

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L'opera dello street artist Basik, San Cristoforo che trasporta il peso delle proporzioni, è stata realizzata in occasione delle XI Giornate del Contemporaneo, festival di Arte contemporanea tenutosi dal 11-12 Ottobre ad Urbania (Marche). L'opera murale è dichiaratamente site-specific in quanto richiama il tema del palazzo a cui accede, danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale e poi ricostruito

Padiglione d'Arte Contemporanea (PAC), “Street Art Sweet Art, curata da Vittorio Sgarbi e sottotitolata non a caso “finalmente prigionieri”. Chiara Canali, che aveva partecipato all'allestimento del PAC, racconta come Vittorio Sgarbi raccolse nelle eleganti sale del palazzo quegli autori di un'arte per definizione indisponibile. Sgarbi invitava gli artisti a correre il rischio di una “imprudente consacrazione” che poteva farli “perdere”, ossia cadere nell'incoerenza. Sono finiti nella ‘trappola' dello storico dell'arte ferrarese i grandi nomi, Atomo, Airone, KayOne, Rendo, Mambo, Led, Basik , c'erano Joys e la coppia Dado e Stefy, Marco Teatro, Eron, Wany , i più astratti come P ho, Rae Martini, Cano , e poi i giovani, di quella che nel 2007 era la nouvelle vague, Microbo, Bo130, Blu, Ericailcane, Ozmo, Abominevole, ed altri ancora.

Il dibattito. I possibilisti ritengono che la Street Art non sia morta, per Blub (l'artesanuotare) “è una forma d'arte fluida, che si adegua ai contesti più differenti”, per altri invece la Street Art muore solo in determinate situazioni. Secondo ZED1 , il bardo della Street Art italiana ed autore dell'iconico murale “Cucimilano” del 2017 (nella foto d’apertura) sulla via verso la Fondazione Prada a Milano, la Street Art muore in tre modi. Uno. “La Street Art muore quando è decontestualizzata, cioè rimossa dallo spazio nella quale è stata concepita. Le nostre opere - dice ZED1 - dialogano con il contesto urbano e sociale in cui sono state pensate e create. Se portate all'interno di musei o mostre perdono la loro forza comunicativa. Diverso è il caso delle tele, perché l'artista quando realizza una tela o un disegno sa già che quello finirà in mostre e gallerie”. Due. “La Street Art muore quando gli artisti non hanno più niente da dire”. Continua ZED1, “quelli che si avvicinano oggi al mondo della Street Art vedranno uno scenario

totalmente diverso da quello degli anni ’90. Una volta gli street artist lavoravano illegalmente ed erano liberi di lanciare messaggi politici, invece l'Urban Art odierna (ossia la variante legale della Street Art) si muove solo su temi politically correct, facili e carini. Se lavori dietro commissione devi affrontare temi popolari come inquinamento, razzismo o immigrazione, non puoi esprimerti liberamente, ma devi ‘impacchettare' le opere per soddisfare le esigenze del committente”. Tre. Infine, “La Street Art muore appunto con le committenze, che castrano gli artisti, riducendoli a meri decoratori”. “Gli artisti di strada si sacrificano quando si piegano ai grandi committenti - spiega ZED1 - come i comuni o le aziende. Questa è una sorta di auto-limitazione spesso dettata da motivi economici che tocca, soprattutto, gli artisti dai contenuti politici”.

OZMO, l'abbraccio di Amore e Psiche, Genova, 2019

Quella nei musei non è Street Art. Per OZMO (Galleria Artrust, Svizzera) , il Piero della Francesca della (street) art italiana, che fa delle sue opere dei trattati di filosofia, “l'arte di strada che entra in aste, musei e gallerie non può morire perché non è arte di strada, è arte contemporanea”. Ad Ozmo il bollino di “street artist” sta stretto e definisce le sue opere, realizzate sul retro di cartelloni pubblicitari riciclati, “esperimenti visivi”, mentre i suoi murales sono “opere site-specific che dialogano con il contesto, la città, la storia e la tradizione del luogo”. Per Ozmo è sbagliato svellere opere di Street Art dalla strada per impiantarle in un museo, perché la vera Street Art è site-specific, cioè ha un legame viscerale con il suo contesto, la via, il quartiere, la periferia o il centro sociale. “Le opere site-specific nascono attraverso la ricezione di input informali provenienti dall'esterno - racconta Ozmo - il primo limite dell'opera è lo spazio, il secondo è il contesto inteso in senso lato come la sommatoria delle implicazioni culturali, religiose, economiche e sociali. Negli Stati Uniti, Richard Serra con il contestatissimo « Titled Arc » del 1981, fu il primo a presentare la questione dell'opera site-specific da un punto di vista giuridico-morale quando lo Stato di New York decise di spostare altrove la sua opera pensata e realizzata per la Foley Federal Plaza in Manhattan. Poco tempo dopo gli Stati Uniti approvarono il Visual Artists Rights Act (1990) con cui importarono dall'Europa i diritti morali degli artisti per evitare che situazioni del genere si ripetessero.

OZMO, Giudizio Universale (Ratto delle Sabine), Rieti, 2019

Anni fa, BLU per salvare i suoi muri da mostre non autorizzate, copriva con un manto grigio le sue opere dando vita ad una performance passata alla storia come “eutanasia artistica”; nell'agosto 2019, anche Ozmo si è fatto paladino di questa causa con il suo abbraccio di «Amore e Psiche» per il quartiere colpito dal crollo del Ponte Morandi (Genova) marcandolo in “blu” come “site-specific”. Eppure nessuno in passato si sarebbe mai permesso di rimuovere gli affreschi di Michelangelo dalla Sistina per esporli in qualche museo senza che l'artista dovesse appiccicarci sopra un grosso “specifica di questo luogo”, per tanto se la Street Art è figlia dell'affresco parietale, non si merita lo stesso rispetto?

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