La strettoia dei fondi Ue: solo 8 miliardi utilizzabili subito per coprire i progetti Pnrr
Le regole della coesione su obiettivi e quota Sud complicano l'operazione
di Carmine Fotina
I punti chiave
3' di lettura
È molto stretta la via per riprogrammare il Piano nazionale di ripresa e resilienza attraverso i fondi europei. La conferma arriva da uno studio della Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, che stima in poco di più di 8 miliardi l’importo che potrebbe essere recuperato dalle risorse dei fondi strutturali per andare a coprire quegli interventi del Pnrr che presentano maggiori elementi di criticità e debolezza.
A luglio, la proposta di revisione presentata dal ministro per Affari Ue, Sud, coesione e Pnrr - Raffaele Fitto – ha messo fuori dall’ombrello del Piano 15,9 miliardi, di cui circa 13 miliardi a titolarità dei Comuni, con l’impegno di trovare poi fondi alternativi nell’ambito dei serbatoi della coesione che non rischiano la tagliola del 2026 prevista per il Recovery plan.
Coerenza limitata tra progetti Pnrr e programmi Coesione
I fondi europei della programmazione 2021-2027, ad esempio, consentirebbero di avere tre anni di respiro in più, perché la loro scadenza di spesa è fissata al 2029. Ma possono essere integralmente utilizzati allo scopo? L’indagine della Svimez, che ha analizzato nel dettaglio i regolamenti della Commissione europea sull'uso dei fondi Fesr e Fse-plus, dà un esito molto parziale. Si potrebbe attingere, senza addentrarsi in un complicato negoziato con la Commissione Ue, a circa 8,2 miliardi dei quali la metà – 4,1 miliardi – per il Sud. Il calcolo muove da una base precisa, ovvero gli 83 interventi che nella Relazione sullo stato di attuazione del Pnrr presentata al Parlamento presentano i maggiori elementi di debolezza e di criticità in ordine alla possibilità di raggiungere i target del Piano. La Svimez ha dunque considerato la dimensione finanziaria di questi progetti, la loro coerenza e compatibilità con gli obiettivi strategici e le concentrazioni tematiche previsti dai regolamenti europei e dall’Accordo di partenariato, che è la cornice dell’intera programmazione italiana per il 2021-27. E si è tenuto conto del fatto che la quota prevalente delle risorse Fesr (72%) è comunque destinata a favore delle Regioni meno sviluppate cioè a quelle del Mezzogiorno (con l’eccezione dell’Abruzzo), mentre gli interventi in uscita dal Pnrr hanno una distribuzione più omogenea sul territorio nazionale. Emerge che degli 83 interventi più critici del Pnrr, solo 29 hanno una coerenza con l’architettura dei fondi europei per la coesione e potrebbero dunque essere coperti con i Programmi Fesr e Fse-plus. Per un totale, appunto, di 8,2 miliardi. È anche vero che le rigidità regolamentari richiederebbero comunque un accordo preventivo con le Regioni titolari dei Programmi.
Necessario modificare programmi operativi e Accordo di partenariato
C’è tuttavia un secondo livello cui, con maggiori difficoltà, si potrebbe attingere. Si tratta di ulteriori 17 interventi con elementi di debolezza – per 22,3 miliardi di cui 10,5 miliardi afferenti al Sud – per i quali pur essendo rispettata la coerenza di fondo con obiettivi e regolamenti dei fondi europei, occorrerebbe agire più in profondità andando a modificare i Programmi regionali con lo spostamento di risorse tra i vari Obiettivi strategici. E non solo: si configurerebbe molto probabilmente la necessità di notificare daccapo i Programmi alla Commissione Ue e forse anche l’intero Accordo di partenariato su cui Bruxelles in passato ha manifestato una certa dose di rigidità.
Non va tralasciato che c'è anche l’opzione di un altro strumento per la coesione considerata dal governo nel meccanismo di sostituzione delle coperture. È il Fondo sviluppo e coesione, che è nazionale e non europeo. Ma anche in questo caso la Svimez evidenzia la complessità dovuta al vincolo di destinazione territoriale, che prevede l’assegnazione alle Regioni del Mezzogiorno dell’80% e al Centro-Nord del 20%. Una chiave di riparto difficile da armonizzare con la distribuzione nel Paese dei progetti Pnrr a rischio stralcio, molto più equilibrata.
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