Interventi

La svolta sostenibile è una buona notizia per le imprese italiane

La proposta di direttiva dell’Unione

di Paola Mariani

(AdobeStock)

3' di lettura

Il giorno precedente alla guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, la Commissione Ue ha presentato la proposta di direttiva sugli obblighi di due diligence in materia di sostenibilità dell’impresa (Corporate Sustainability Due Diligence).

La direttiva intende stabilire un regime giuridico comune che responsabilizzi le imprese europee al rispetto dell’ambiente e dei diritti fondamentali, nello svolgimento delle attività non solo in proprio o tramite consociate, ma anche da terzi partecipanti alla supply chain. Alla base di questa e altre iniziative, c’è la presa d’atto che per superare le crisi globali che con sempre più frequenza ci troviamo ad affrontare, non sono più sufficiente gli interventi pubblici degli Stati. La globalizzazione dell’economia combinata con la frammentazione giuridica, dovuta alla presenza di sistemi giuridici nazionali e sovranazionali autonomi, ha portato a una localizzazione dei processi produttivi dove è più conveniente, in termini di costo del lavoro e rispetto di standard ambientali. Per combattere il cambiamento climatico, non è sufficiente il rispetto degli standard ambientali in Europa, occorre agire nei luoghi dove si concentrano le attività produttive più inquinanti e non esistono standard adeguati o non vengono applicati.

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In questa fase storica la neutralità dei soggetti economici di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani e dell’ambiente è un concetto superato e il conflitto in Ucraina lo sta dimostrando. Le sanzioni economiche adottate dalle economie occidentali colpiscono specifici settori dell’export russo, ma non ancora il commercio in generale (almeno in Europa). Ciononostante, abbiamo assistito all’interruzione volontaria di molte attività commerciali in Russia da parte di multinazionali europee.

La responsabilità delle imprese per la mancata vigilanza sul rispetto degli standard minimi europei nelle catene del valore, ovunque nel mondo, rientra nella strategia dell’Ue per mantenere il ruolo di global rule-maker. Gli stessi standard che dovranno essere rispettati per l’accesso al mercato di beni e servizi di origine extra europea.

L’iniziativa dell’Unione non è una novità, sia la Francia con la Loi relative au devoir de vigilance, sia la Germania con il Sorgfaltspflichtengesetz hanno già norme nazionali sulla due diligence in materia di sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani e altri Stati membri stanno adottando legislazioni analoghe. La proposta di direttiva intende introdurre un sistema misto di public and private enforcement: un controllo pubblico basato sulla supervisione di un’autorità indipendente dotata di poteri sanzionatori, da un lato, e dall’altro un controllo diffuso privato basato sulla previsione di una responsabilità civile per imprese e amministratori che non rispettino gli obblighi di due diligence. Inizialmente il sistema è vincolante solo per le grandi imprese.

Gli Stati sono tenuti non solo definire sistemi di controllo per la gestione del rischio che le imprese dovranno adottare per intervenire di fronte a un impatto avverso in termini di diritti umani e protezione dell’ambiente dell’attività d’impresa, ma dovranno modificare il proprio ordinamento nazionale per introdurre la responsabilità civile dell’impresa e degli amministratori che non pongano rimedio. A tal fine la proposta prevede due articoli che configurano la responsabilità civile dell’impresa per le azioni condotte in proprio, dalle proprie consociate o da soggetti con cui intrattiene rapporti stabili nelle supply chain e quella degli amministratori. Viene fornita una dettagliata descrizione delle condotte da tenersi di fronte a un attuale o potenziale effetto negativo in termini di diritti umani e tutela dell’ambiente dell’attività d’impresa, nonché l’identificazione delle disposizioni dei Trattati internazionali in materia la cui violazione impone l’intervento dell’impresa.

L’iniziativa legislativa europea deve essere giudicata con favore, specialmente dall’Italia e dalle imprese italiane. Una normativa uniforme che stabilisca modelli comuni eviterà l’incertezza generata dalle diverse legislazioni nazionali degli Stati membri. Anche se l’Italia non ha una normativa in questo senso, il fatto che le due più importanti economie del continente si siano dotate di tali regole imporrà a molte imprese italiane che partecipano alle supply chain francesi o tedesche di doversi adeguare ai loro standard e modelli. Il modello proposto dalla direttiva, oltre ad avere il pregio di essere lo stesso per i 27 membri, non si discosta dai modelli di organizzazione, gestione e controllo previsti dal decreto legislativo 231/01 che le imprese italiane conoscono bene.

Oggi come mai prima d’ora, è evidente a tutti che libertà economiche, libertà individuali e democrazia siano collegate e il pericolo che possono costituire regimi autoritari che partecipano al mercato globale.

Le imprese europee possono fare molto per trasformare l’idea della sostenibilità dell’attività economiche in una realtà globale.

Università Bocconi

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