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La tecnologia regala l'eternità, ma il rischio è che renda invisibili le emozioni

Michael Anastassiades progetta cercando le sue risposte nella poesia della natura. E nel tentativo di replicare, attraverso la luce, l'essenzialità che coincide con la perfezione.

di Sara Deganello

Un ritratto di Michael Anastassiades con, le ceramiche di MUTINA.

6' di lettura

Qualche raggio di sole rimbalza sul volto di Michael Anastassiades anche attraverso Zoom. Il gioco di ombre e di foglie a fare capolino sullo sfondo chiaro: luce e natura. Una poetica capace di sfondare la parete digitale della videochiamata. Il designer cipriota di casa a Londra, dove ha fondato il suo studio nel 1994 dopo una laurea in ingegneria civile e un master in disegno industriale, rimane fedele a poche, pochissime linee guida. Se stesso, innanzitutto, l'isola natìa, Londra come porta di accesso al mondo, le collezioni di arte e di sassi. E la luce naturale come gentile ossessione.

Collezione Fringe by Michael Anastassiades, MUTINA. (ph Claudia_Zalla)

«Non si può ricreare la luce nella natura, la sua imprevedibilità. Quello che si può fare è catturare alcune delle sue qualità, e già bisogna essere molto fortunati per riuscire a farlo. Ma quello che trovo interessante è il gesto poetico: la traduzione della poesia stessa. Tutto il mio lavoro tende a questo», racconta. Ed è genuinamente emozionato nel pregustare quella che sarà la prossima edizione di Euroluce (in corso nel momento dell'uscita di questo numero di HTSI, ndr), la manifestazione del Salone del Mobile di Milano dedicata al light design che manca, in fiera, dal 2019. Il bosco incantato di luci che emergono dal buio quest'anno sarà uno spazio ripensato dallo studio Lombardini22, con interventi dei Formafantasma.

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Lampada da terra Ta-ke 3, Michael Anastassiades (2.655 €).

Con il suo marchio omonimo, Anastassiades porta a Milano quattro nuove collezioni. Ta-ke è una famiglia di lampade da terra, con sostegni di bambù, nata dopo la mostra Cheerfully Optimistic About the Future, presentata alla Fondazione ICA di Milano nel settembre 2021. «Ha avuto origine in un momento, quello della pandemia, in cui mi sono trovato a riflettere su molte cose, tra cui il processo industriale. Anche se per me non è cambiato molto: ha solo confermato il mio modo di intendere il design», ricorda. «Allora era tutto bloccato. Abbiamo realizzato ogni lampada a mano, nel mio studio, senza macchinari, in un procedimento totalmente low tech, sostenibile. Il passo successivo è stato distillare questa installazione artistica in una modalità industriale, mantenendone la poetica, in edizione limitata». Il risultato è una lampadina sostenuta da filamenti allacciati a una serie di pali di bambù, su una base di metallo, dalle molteplici configurazioni. Ta-ke e Relay rappresentano l'evoluzione di una lampadina a Led lineare, una riprogettazione avanzata del tubo che Anastassiades ha utilizzato sin dalla creazione del suo marchio, nel 2007. Ogni lampadina è costruita a mano con un tubo in vetro borosilicato opalino e illuminato a Led. È autoalimentata e può essere utilizzata in una serie di configurazioni “spontanee”: sono esercizi, riflessioni su come sostenere il bulbo luminoso in posizione verticale. Nel caso di Relay, la lampadina Led lineare verticale si innesta su una base in marmo con un collegamento magnetico invisibile: toccandola, si accende. Una lampada da tavolo con un riflettore in bambù e carta Tosa-Shi e un'altra a sospensione a forma di cono allungabile a seconda dei moduli utilizzati, in una successione giocosa di ombre, completano il poker delle novità per il marchio Michael Anastassiades.

Lampada Relay, Michael Anastassiades.

Per Flos il designer ha curato Six Acts - My Circuit, un'installazione site-specific e una performance in sei atti per presentare l'eclettico sistema di illuminazione My Circuit. Mentre per Nilufar Gallery ha ampliato il progetto di Fontana Amorosa. Per uscire dalla luce, Anastassiades ha in arrivo per Alessi il progetto Trumpet Vase e per Mutina la collezione di superfici ceramiche Fringe. «È il mio primo lavoro con la ceramica e ne sono entusiasta: ho sempre avuto una passione e una forte connessione con questo materiale. Colleziono oggetti e molti sono pezzi in ceramica. Inoltre con le piastrelle si ha a che fare con l'architettura, con una diversa percezione della superficie. E qui torna in gioco la luce, che influisce su tutto, soprattutto in questo caso», spiega il designer.

My Circuit (2023), di Michael Anastassiades per FLOS, il sistema di luce presentato in anteprima alla Design week (prezzo su richiesta). (ph Francesco Caredda)

L'approccio rimane lo stesso, per le lampade, per le superfici ceramiche e per ogni incursione nel mondo dell'arredo, con i vari marchi con cui ha collaborato, come Kettal, B&B Italia, GTV, Herman Miller, Molteni&C, Cassina. «Sono rimasto fedele alla mia visione originale, per creare oggetti che sopravvivessero al tempo, timeless, come si dice. Finché la tecnologia li supporta, possono durare per sempre. Dal momento in cui ho fondato la mia azienda, ho avuto a che fare con la tecnologia: la mia prima collezione erano pezzi con lampadine a incandescenza. L'avvento dei Led vi ha impresso una data di scadenza. Abbiamo perso la poetica che una fonte di luce a incandescenza poteva dare. Non si può tradurre nella tecnologia a Led, ma si deve salvare quella poesia. È una sfida. Io progetto a partire dalla fonte luminosa: devo ogni volta dimenticare quello che so e aggiustare continuamente la mira. È un processo in evoluzione, anche con lo sviluppo di nuove norme che regolano il settore. Voglio mantenere i miei progetti il più possibile puri. Voglio che siano rilevanti».

Trumpet Vase, ALESSI (da 230 €).

Quella di Anastassiades è una prospettiva che si è trovata a coincidere con alcune delle riflessioni sviluppate nel mondo del design, in quanto settore di produzione, dopo il Covid. Nel suo modo di lavorare, la pandemia ha introdotto un coinvolgimento maggiore in modalità più fisiche, più a misura d'uomo, come per la lampada Ta-ke. «È stato un periodo che sicuramente ha sollevato moltissime domande. Ha portato una nuova consapevolezza sia nei designer sia nei consumatori. Le persone hanno cominciato ad apprezzare maggiormente il valore reale degli oggetti con cui vivevano. Da parte mia, io cerco di far comprendere l'importanza di qualcosa di permanente. Per eliminare l'effimero dei processi industriali, in un'epoca di immagini su Instagram per cui un prodotto diventa un oggetto di scena con cui farsi una foto e niente di più».

Il reale come essenziale caratterizza la ricerca di Anastassiades. Il designer riconosce in questo cammino anche l'influenza delle mostre di cui è stato protagonista. La prima, nel 2018, è Things that Go Together al NiMAC di Nicosia, a Cipro: «È stato un momento di riflessione, un'occasione per capire la connessione, la comunicazione con il pubblico. Mi ha inoltre dato la possibilità di vedere la mia evoluzione come designer, di mettere a fuoco la visione generale che sta dietro a tutti i lavori. Ti fermi, smetti di pensare al prossimo progetto, in un momento di umiltà ti guardi e dici: questo è quello che ho».

Anche il Salone del Mobile per Anastassiades è un momento importante di comunicazione “corretta”: «Dà il senso dell'esposizione di un prodotto». Anche qui entra in gioco la connessione con il pubblico, a cui deve arrivare un significato, declinabile poi nell'esperienza di ciascuno. Quest'anno inoltre il designer cipriota sente impellente «il desiderio di tornare a qualcosa di molto importante che si era perso». Cioè l'incontro fisico, personale, seppure sotto una luce artificiale.

Se gli si chiede quali siano le sue fonti di ispirazione cita la sua («grande») collezione di pietre e di opere d'arte: da una parte, la natura che agisce come un designer, dall'altra, la singolarità di ogni artista. Entrambe lasciano un segno. Come tutto ciò che si attraversa nel corso della vita. «Ho dovuto andare via da Cipro, il Paese del sole, perché non c'era un'università. Era anche limitante per me, volevo vedere di persona le cose che leggevo nei libri, esplorare altre culture. Eppure, guardando indietro dopo tutti questi anni, vedo quanto quel pezzo di vita passata a Cipro abbia influenzato il modo in cui lavoro. Non si può scappare».

Forse la pratica yoga che lo accompagna lo aiuta a tenere insieme tutto questo. Il fatto di «sognare continuamente a occhi aperti», la creatività come una matrice in cui si connettono tutti i punti. «Che cos'è la luce? Il modo in cui esiste in natura è insostituibile, così pieno di dettagli e complesso. Per comprenderla bisogna isolare ogni singolo momento e tradurlo in qualcosa di artificiale». La luce naturale rimane per lui il punto irraggiungibile di riproduzione, a cui tutto tende. Un gesto filosofico, più che imprenditoriale.

«Non ho mai pensato a vendere. Ho sempre deciso di concentrarmi sulla poesia e di trovare il modo di comunicarla. Se riesci a emozionare qualcuno con la tua poesia, hai trovato un pubblico e tutto il resto può succedere. Perché queste persone sono preparate a dialogare con te, comprando questi pezzi. È un modo emozionale di procedere, ma non ho mai creato qualcosa con uno scopo commerciale. Eppure è successo». Parola di Michael Anastassiades, il poeta della luce.

CIRCOLO VIRTUOSO MICHAEL ANASTASSIADES, michaelanastassiades.com . ALESSI, alessi.com . FLOS, flos.com . MUTINA, www.mutina.it . Nilufar Gallery, nilufar.com .

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