La transizione giusta ed equa è l’unica strada da percorrere
Per un’economia a basse emissioni è cruciale riuscire a minimizzare gli impatti negativi su comunità, lavoratori e settori più vulnerabili
di Serena Giacomin (*)
4' di lettura
L’umanità ha bisogno di un’economia sostenibile. La crisi climatica ce lo impone e le sfide ambientali devono essere affrontare tramite una strategia di transizione che sia finalmente attenta agli impatti sociali delle nostre scelte di sviluppo: così nasce il concetto di just transition emerso nelle discussioni politiche e ambientali a partire dagli anni ’70 e ’80 e sviluppato principalmente nel contesto della lotta contro i cambiamenti climatici. In particolare, dall’Accordo di Parigi del 2015 si è rafforzata l’importanza della transizione equa nei dibattiti internazionali sul clima, sottolineando la necessità di affrontare le preoccupazioni sociali e occupazionali durante il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio. Quindi, sebbene le radici del concetto siano più antiche, la sua enfatizzazione nella politica e nell’attivismo ambientale è diventata più pronunciata negli ultimi decenni.
La transizione giusta è un principio guida importante: le politiche di mitigazione del riscaldamento globale devono essere tali da non causare danni sociali o economici, ma dovrebbero invece cercare di minimizzare gli impatti negativi su comunità, lavoratori e settori industriali vulnerabili. La giusta transizione si concentra, quindi, sulla creazione di nuove opportunità occupazionali, sulla formazione dei lavoratori per nuove competenze e sulla costruzione di un futuro sostenibile che tenga conto delle preoccupazioni sociali ed economiche. Questo concetto è diventato sempre più importante - ad esempio - nelle discussioni sulle politiche energetiche nazionali, evidenziando l’importanza di bilanciare gli obiettivi ambientali con quelli sociali per garantire una transizione equa, ma allo stesso tempo efficace.
Una strada che appare come l’unica via possibile, ma che in pochi sono in grado di percorrere. Come se l’umanità si sentisse inseguita da un riscaldamento globale in netta accelerazione e in affanno di fronte a una delle sfide più urgenti e complesse che si siano mai dovute affrontare, stressata dal ritmo allarmante dei disastri ambientali, degli eventi meteorologici estremi, con sempre più danni irreparabili agli ecosistemi. Affrontare il cambiamento climatico non è facile e sarà sempre più difficile: la complessità di questa situazione richiede abilità strategiche, competenze e sinergie, a guidare un’azione globale e coordinata, senza dimenticare che questo sforzo deve essere accompagnato da quella “transizione equa” affinché nessuno venga lasciato indietro nel tentativo di costruire un futuro sostenibile.
Questa transizione riguarda principalmente le industrie ad alto impatto ambientale, come l’industria dei combustibili fossili, che devono essere immediatamente sostituite da fonti di energia più pulite e sostenibili. Soprattutto in questo contesto la just transition trova il suo obiettivo principale: garantire che le persone che lavorano in settori ad alto impatto ambientale non siano lasciate senza lavoro o esposte a gravi difficoltà economiche durante la trasformazione dell’economia. Per attuare con successo una transizione equa è essenziale seguire alcuni principi chiave: in primo luogo creare nuove opportunità di lavoro nelle industrie a basse emissioni di carbonio. Questo può includere investimenti in energie rinnovabili, efficienza energetica, trasporti sostenibili e altre tecnologie verdi.
In secondo luogo occorre proteggere i lavoratori che a causa della chiusura di industrie ad alto impatto ambientale dovrebbero ricevere supporto nella ricerca di nuove opportunità di impiego. Questo può includere formazione professionale, assistenza nella ricerca di lavoro e sussidi di disoccupazione. Bisogna poi coinvolgere le comunità nel processo decisionale e nel pianificare il loro futuro. Ciò implica il riconoscimento delle sfide e delle opportunità specifiche di ogni comunità e la creazione di piani su misura per ciascuna di esse. E promuovere la giustizia sociale riducendo le disuguaglianze e garantendo che i benefici della transizione siano distribuiti in modo equo, con politiche di inclusione sociale, accesso a servizi pubblici e altre iniziative per ridurre le disparità economiche.
Non è solo un approccio alla lotta contro il cambiamento climatico, bensì è l’unico cammino verso un futuro sostenibile. Affrontare il cambiamento climatico senza considerare gli impatti sociali ed economici sulla popolazione e sulle comunità sarebbe quantomeno insensato. La transizione equa è la chiave per ottenere il consenso e la cooperazione necessari per affrontare efficacemente questa sfida globale. Senza un approccio equo, la resistenza al cambiamento climatico può aumentare, e le comunità e i lavoratori colpiti possono sentirsi abbandonati. Questo può causare tensioni sociali, resistenza politica e rallentare gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio. Inoltre, la transizione equa può contribuire a creare un’economia più resiliente e inclusiva nel lungo termine.
Nel contesto della sostenibilità e della gestione delle sfide ambientali alla Just Transition si affianca il cosiddetto approccio sistemico. Concetti questi che rappresentano prospettive diverse, ma un approccio similare. Come detto, la Transizione equa o giusta si concentra sulla necessità di affrontare le implicazioni sociali verso un’economia sostenibile. L’approccio sistemico, invece, è una metodologia che considera i problemi ambientali, sociali ed economici come parte di un sistema interconnesso. Si riconosce che ogni azione in un settore può avere impatti su altri settori, e che per affrontare le sfide complesse come il cambiamento climatico o la sostenibilità, è necessario considerare l’intero sistema e le relazioni tra le sue parti. Questi approcci promuovono soluzioni o politiche che tengano conto delle interconnessioni tra vari aspetti e settori, cercando di evitare soluzioni che potrebbero risolvere un problema ma crearne un altro.
Costruire un futuro migliore appare tutt’altro che banale, ma non impossibile, grazie alla scienza, alle conoscenze in sinergia e alla tecnologia che corre veloce, senza dimenticarsi di mettere sempre le persone al centro.
Presidente Italian Climate Network
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