La trappola del Grooming
A casa, senza amici, connessi per ore. Lì dove le conversazioni possono diventare adescamenti, gli scambi di immagini trasformarsi in ricatti, i giochi in abusi. Durante il lockdown, i reati e i raggiri subiti dagli adolescenti sul web si sono moltiplicati: è l'allerta del capo della Postale a “IL”. Una minaccia insidiosa, perché c'è chi continua a preferire la vita sugli schermi a quella (ritrovata) del mondo reale
di Raffaella Calandra
5' di lettura
La piazza si affolla, quando intorno tutto tace. Le luci blu si moltiplicano, le voci nelle cuffie si sovrappongono. Le chat si rincorrono. Ma nelle lunghe notti di connessione, non di rado le conversazioni diventano adescamenti, gli scambi di foto si trasformano in ricatti e i giochi in abusi. Un timore non sparito con la fine delle restrizioni imposte dall'emergenza Covid, perché «anche ora, molti ragazzi preferiscono restare a casa connessi, invece di uscire», denunciano genitori, psicologi e agenti della Polizia postale. Le paure legate alle insidie del web sono cresciute, insieme al tempo trascorso online.
«I reati digitali si sono moltiplicati durante la pandemia e i più giovani sono più che mai a rischio», mette in guardia Nunzia Ciardi, direttore della Polizia postale e delle comunicazioni. Sono le storie, ricostruite nelle prime indagini; sono le segnalazioni online in impennata; sono i rapporti di Europol e le analisi internazionali sulle condivisioni dei file a dare forma ai peggiori incubi dei genitori. Tutto era cominciato con i primi like: c'erano sempre, sotto le sue foto su Instagram. Dai primi emoticon in pubblico ai messaggi privati, il passo è stato breve.
È allora che il tenore della conversazione è cambiato, come gli scatti condivisi. Espliciti. Violenti. Bambini abusati. “Materiale a contenuto pedopornografico”, verificano gli agenti del web, dopo la denuncia di una minorenne e l'individuazione dell'uomo, che aveva provato ad adescare anche altre ragazze. Qui siamo a Gorizia, ma potremmo essere in ogni angolo d'Italia, dove da un device qualsiasi uomini adulti – dietro finti profili – provano a raggirare adolescenti.
«I ragazzi, come tutti, sono ancora più fragili, dopo mesi passati senza scuola e amici», spiega il direttore Ciardi. «Non a caso, gli adescatori tendono a creare una relazione tecnomediata e affettiva, fanno leva sul bisogno di attenzione». In gergo tecnico, è il grooming. Ed è esploso in tutto il mondo durante l'epidemia. Ancor prima della formalizzazione delle denunce, sono le segnalazioni al commissariato online della Postale ad avere avuto un balzo del 171 per cento (23.175 da gennaio a maggio) per tutti i reati (a cominciare da phishing e truffe, aumentate in modo globale del 600 per cento).
«Anche se i numeri che riguardano i minori tendono a lungo a restare oscuri, e spesso molti casi emergono durante gli incontri degli agenti nelle scuole, ovviamente interrotti per l'emergenza», continua Ciardi, già le prime indagini confermano i timori: 328 casi di pedopornografia, affrontati negli ultimi mesi dalla Postale (con 10 arresti e 276 denunciati); 118.364 giga di materiale pedopornografico sequestrato, insieme a 20 siti; 57 da inserire nelle black list. Il profilo delle vittime è preciso: soprattutto preadolescenti tra 10 e 13 anni (87 casi), ma non sono mancati bambini più piccoli; in 53 avevano invece tra 14 e 17 anni.
Il quadro più puntuale di quanto è successo lo avremo quando si chiuderanno indagini complesse in corso da parte di agenti sotto copertura, attivi nel contrasto alla pedopornografia. «Dal monitoraggio vediamo che lo scambio di foto e video è fitto. Sia sul darkweb sia sulle piattaforme di messaggistica ». E se le chat dei videogiochi si confermano tra i canali più a rischio, una delle app del momento, Tik Tok, per ridurre il rischio adescamento ha vietato le chat private ai minori di 16 anni.
Quanto spesso gli adescamenti virtuali diventano incontri in carne e ossa con le vittime? «Il più delle volte si fermano allo scambio di foto, ma non si può mai escludere». Anche perché nei circuiti della pedopornografia «acquista un ruolo maggiore chi ha immagini di prima mano o ha a disposizione una minore, come è stato per un trentenne arrestato a Como, trovato mentre provava a vendere riprese di abusi su una bimba». La complessità delle inchieste sul web è resa maggiore dalla dimensione internazionale. Profili veri e falsi, sparsi per il mondo; come le piattaforme, su cui la merce si scambia o vende in criptovalute sul deepweb.
Nel profluvio dei file di questi mesi, si nascondono anche le vendette sentimentali, non meno cruente tra coetanei. È quella diffusione di immagini intime dell'ex partner, divenuta così grave nei numeri e nelle dinamiche da meritare un reato specifico, il “revenge porn”: durante l'emergenza avrebbe intasato canali privati in particolare di Telegram, dice la Bbc. «E i ragazzi, con la diffusione del sexting, l'invio di foto intime, sono i più esposti. Quando si lasciano, quelle foto girano anche nei gruppi e la vittima precipita in un autentico inferno, che ha già portato a più suicidi», avverte il capo degli investigatori online.
Un rischio in cui sono caduti anche molti adulti. Si impone allora, ora più che mai, una «nuova educazione alla protezione digitale», scandisce Ciardi. La posta in gioco è alta e il pericolo cresciuto, come la durata della connessione. «Tutti abbiamo cominciato a fare online quello che non potevamo fare di persona». Sia i ragazzi, chiamati anche alla didattica a distanza; sia i genitori, catapultati nello smart working. Ma lo spostamento sul web non è avvenuto senza conseguenze. Così, se si sono registrate «intrusioni informatiche durante le lezioni online, allo stesso modo sono stati trovati in vendita nel darkweb pacchetti di dati, provenienti da flussi circolati sulle reti dello smart working», rivela il capo della Postale. Mail, abbinate a password. Da replicare, per altri siti con login; o per carpire informazioni. Bottini preziosi.
Quanto alla scuola, «serviranno piattaforme più sicure, ma oltre a strumenti adeguati, occorre curare la sicurezza informatica delle comunicazioni. Non può essere lasciata all'improvvisazione», dice, perentoria, Ciardi. Protocolli, come per le aziende. «Un registro informatico da violare, un'intrusione: sono possibilità che fanno sentire tra l'altro ancora più insicuri gli insegnanti, già molto meno a loro agio con la tecnologia rispetto agli alunni». Su questo si confrontano anche le aziende, visto che ovunque sono state denunciate violazioni delle app video diventate imprescindibili durante il lockdown.
Alla fine, per tutti, il consiglio è sempre la prudenza. «E per i minori, oltre al dialogo, perché segnalino ogni contatto di adulti. E oltre a rendere privati i profili, soprattutto su Instagram, laddove spesso le foto vengono carpite, meglio anche controllare direttamente lo smartphone se sono piccoli», ammette Ciardi. Un suggerimento che lei stessa ha ripetuto al cugino, «stretto tra la necessità di dare un telefono al figlio, perché tutto passa attraverso le chat ed era l'unico a non averlo, e le preoccupazioni per quel mondo sconfinato che si spalanca». Un mondo fatto anche di angoli oscuri, oltre che di tanti “amici”. Che i ragazzi ora devono saper ritrovare fuori dagli schermi. Con l'estate addosso, anche con la mascherina.
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