La trottola ruota, ti spiegò perché
Sofya Kovalevski (1850-1891) fu la prima donna a ottenere una cattedra universitaria nel Nord Europa. Divenne celebre e fu premiata per gli studi sulla rotazione di un solido attorno a un punto fisso
di Umberto Bottazzini
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Al suo arrivo a Stoccolma nel gennaio 1884, un quotidiano la saluta come «la principessa della scienza». Del resto, non le mancano titoli nobiliari. «Ho ereditato la passione per la scienza dal mio avo, il re ungherese Mattia Corvino; l’amore per la matematica, la musica e la poesia dal nonno di mia madre, l’astronomo Schubert; l’amore per la libertà dalla Polonia; l’amore per il vagabondare e l’incapacità di obbedire alla tradizione consolidata dalla mia bisnonna zingara; tutto il resto viene dalla Russia». Così si presenta agli amici svedesi Sofya Kovalevski, la nuova docente del Collegio universitario che Gösta Mittag-Leffler, l’astro nascente della matematica svedese, è riuscito a far chiamare nella nuova facoltà vincendo l’opposizione dei colleghi. La prima donna a insegnare matematica da una cattedra universitaria! È solo una manifestazione di «galanteria vecchio stile» per August Strindberg, che in un articolo non esita a dichiarare «che razza di mostruosità sia una donna professoressa di matematica e quanto sia inutile, dannosa, e fuori posto» (cambierà opinione anni dopo).
La pensano così anche all’Accademia delle scienze che boccia la sua candidatura («se l’Accademia comincia ad ammettere le donne, dove si andrà a finire nella scala delle creature viventi?», obietta il segretario). Mittag-Leffler ha conosciuto la giovane studiosa a Pietroburgo al congresso dei naturalisti russi. Nelle sue lettere la descrive come une dame du grand monde, una donna di grande fascino, gli occhi le brillano e il suo viso si illumina quando parla di matematica. Una lontana discendenza da quel re d’Ungheria e Boemia consente al padre, un generale d’artiglieria, di premettere Korvin al cognome Krukovsky. Sofya invece si firma col cognome di Vladimir Kovalevski, con cui ha contratto un matrimonio di facciata per poter andare all’estero, e studiare matematica all’università. Una passione che coltiva dagli anni dell’infanzia trascorsi nella tenuta di Palibino, non lontano dal confine polacco. Nelle Memorie d’infanzia (scritte in svedese nel 1889) Sofya ricorda che una volta, dovendo rifare la tappezzeria del palazzo, le pareti di una stanza dei bambini vennero provvisoriamente ricoperte con le pagine litografate del trattato di calcolo differenziale e integrale del celebre Ostrogradsky, comprato dal padre in gioventù. Quelle formule incomprensibili, quei simboli misteriosi, catturano l’attenzione della piccola che passa ore incantata davanti alle pareti. Poi uno zio le parla di curve, asintoti e altri concetti altrettanto misteriosi che accendono la sua immaginazione e suscitano in lei una profonda ammirazione per la matematica, la scienza che promette di rivelarle un mondo di meraviglie. Studia fisica su un testo che un professore dell’Accademia navale regala al padre, e prende lezioni private di matematica.
Anyuta, la sorella maggiore di sei anni, coltiva invece interessi letterari. Scrive un racconto che, all’insaputa di tutti, invia a Dostoevski il quale non solo lo pubblica nella sua rivista, ma si innamora dell’autrice al punto da chiederle di sposarlo. Anyuta ha altro per la testa. In quel periodo comincia a leggere giornali rivoluzionari. Non nasconde le sue simpatie per il movimento nichilista. Manifesta l’intenzione di voler studiare all’università, andare all’estero. Come sogna anche Sofya.
Per aggirare la ferma opposizione del padre, le due sorelle pensano a un matrimonio fittizio, una pratica diffusa all’epoca tra i giovani dell’intelligencija che nutrono idee progressiste sull’emancipazione delle donne. Uno di questi è Vladimir Kovalevski, un brillante studente di giurisprudenza che traduce e pubblica libri stranieri. Nel 1863 si è unito agli insorti della Polonia e nel 1866 in Italia ha combattuto nelle file dei garibaldini. Per Vladimir la proposta di un simile matrimonio con Sofya è «una felicità giunta come un fulmine al ciel sereno». Dopo il matrimonio nel settembre 1868 i giovani coniugi si stabiliscono a Pietroburgo dove studiano fisiologia e anatomia all’Accademia medico-chirurgica, ma la passione di Sofya rimane la matematica: «non ho cuore per la medicina e nessuna attività pratica mi attrae. Sono felice solo quando sono immersa nelle mie meditazioni», scrive alla sorella. E a un’amica: «Sento che il mio destino è quello di servire la verità, cioè la scienza, e tracciare la strada per le donne perché ciò significa servire la giustizia». In Germania Vladimir ottiene il dottorato in biologia a Jena, Sofya a Heidelberg è ammessa ai corsi di Du Bois Reymond, Kirchhoff e Helmholtz. In Inghilterra Vladimir frequenta Huxley e Darwin, Sofya discute della questione femminile con Spencer nel salotto di George Eliot (ne darà conto nelle Memorie di George Eliot), ma il suo sogno è poter seguire a Berlino le lezioni di Weierstrass, il più grande matematico vivente.
Le donne non sono ammesse in quell’università e l’anziano professore, convinto delle capacità fuori dal comune della giovane, accetta di darle settimanali lezioni private. «Ho avuto pochissimi studenti paragonabili a lei per diligenza, capacità, impegno e interesse per la scienza», egli scrive ai colleghi di Gottinga nel 1874 per candidarla in absentia al dottorato in matematica. Nel primo dei tre lavori presentati Sofya dimostra il fondamentale teorema della teoria delle equazioni differenziali che oggi porta il nome di Cauchy-Kovalevski. Quando in settembre le viene conferito il dottorato summa cum laude è già ritornata in Russia insieme al marito. Nel corso del tempo, da fittizio il loro matrimonio si è trasformato in un legame profondo coronato dalla nascita di una figlia. A Pietroburgo i coniugi Kovalewski hanno un’intensa vita mondana, frequentano scienziati e scrittori. Lasciata la matematica, Sofya scrive critiche di spettacoli teatrali per un giornale locale, mentre Vladimir si lancia in spericolate avventure imprenditoriali. Ma la felicità è di breve durata, e nell’aprile 1883 la bancarotta porta al suicidio un disperato Vladimir.
A Stoccolma Sofya esce dallo stato di depressione intrecciando matematica e letteratura. Con Anne Charlotte Leffler, sorella del matematico, scrive Lotta per la felicità. Due drammi paralleli (1887). Lavora al problema della rotazione di un corpo solido attorno a un punto fisso, elaborando la teoria della “trottola” che porta il suo nome, con la quale vince nel 1888 il prestigioso Premio Bordin dell’Accademia delle scienze di Parigi. Scrive il racconto La Nichilista, ispirato a Vera Goncharova, nipote della moglie di Puskin. Il 10 febbraio 1891, quando muore a soli 41 per un’influenza che si trasforma in una fatale polmonite, sta lavorando a un paio di romanzi. «Sofya sarà per i posteri ciò che meno desiderava essere: una meraviglia della mente e del potere del cervello», scrive Anne Charlotte. Certo, il suo nome è familiare ai matematici. Ma aveva ragione Henrik Ibsen. Per scriverne la biografia ci vorrebbe un poema. O la penna di un premio Nobel come Alice Munro, che ne fa la protagonista del racconto Too much happiness. Troppa felicità, come le ultime parole che le sentirono sussurrare.
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