La tua storia, anzi la nostra
Tutti hanno una storia da raccontare, ma non tutti riescono a farlo. Ma se sulla propria strada si incontra uno come Matteo Caccia, la voce che ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì alle 16 su Radio 24, conduce Linee d'ombra, le cose cambiano
di Fabio De Luca
2' di lettura
Tutti, si dice, hanno una storia da raccontare. Quelli più ispirati provano a trasformarla in romanzo; la maggior parte, invece, quella storia se la tiene dentro, magari senza essere nemmeno del tutto consapevole di averla. Finché non incontra sulla propria strada qualcuno che, con molta naturalezza – una naturalezza a metà tra la maieutica di Socrate e la tecnica psicoanalitica – non la fa “uscire”. E spesso questa persona è Matteo Caccia, la voce che ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì alle 16 su Radio 24, conduce Linee d'ombra.
Quella delle “storie” è una costante radiofonica di Caccia: in Vendo tutto, il pretesto era descrivere le vicende degli oggetti di cui voleva sbarazzarsi dopo la rottura di un fidanzamento; Io sono qui era la rilettura romanzata di episodi della sua vita privata; Voi siete qui replicava lo stesso format ma in crowdsourcing, nel senso che gli episodi di vita arrivavano dagli ascoltatori. Con Pascal, nel 2016 su Rai Radio 2 – complice anche il fatto che la parola “storytelling” era nel frattempo entrata nell'uso comune – Caccia e il suo team hanno infine perfezionato quella formula di “trovare lo straordinario nelle vite comuni” che prosegue ancora oggi con Linee d'ombra. Una delle dichiarate fonti d'ispirazione rimane This American Life, il podcast di Ira Glass che da 25 anni racconta frammenti dell'America “qualunque”.
E se una parte delle storie arriva da un database redazionale in continuo aggiornamento, fatto di libri, articoli e documentari – storie, quindi, in qualche modo già nate per essere raccontate – il grosso del programma rimangono i contributi degli ascoltatori. Ed è qui che entra in gioco quella piccola magia maieutica di cui si diceva in apertura. «Prendiamo Facebook», ci spiega Caccia. «Scorrendo i post, quello che leggiamo sono commenti e riflessioni, quasi mai “racconti”. Isolare frammenti della propria vita che possano trasformarsi in una storia, per molti non è naturale. Perché manca l'abitudine. A molti è bastato ascoltare una sola volta una puntata per essere ispirati, e mandarci un contributo».
I contributi raramente ricevono un editing: nella maggior parte dei casi sono pronti per essere letti dalla sua voce. E quasi sempre sono cose molto “piccole” e personali – amori, viaggi, ricordi dei nonni – che però riescono a riverberare qualcosa di universale. «Ci interessa che siano storie che identifichino un momento di passaggio, di consapevolezza, dopo il quale la vita di chi racconta non è più stata la stessa. Spesso questo è sufficiente a rendere una storia universale».
Paradossalmente, è lo stesso principio della tv pomeridiana più trash, ma da una prospettiva totalmente rovesciata: lì si alimenta lo stupore dello spettatore correndo sul filo dello “strano ma vero”, qui si condividono quei piccoli momenti di eccezionalità che, in fondo, ci rendono tutti simili. Consapevoli, come conclude Caccia, che «conoscere le altre persone è conoscere il mondo».
«Linee d'ombra è un'opera collettiva», dice Matteo Caccia, anima del programma di Radio24, «quindi è giusto ricordare anche Paolo Corleoni (regia), Luca Micheli (sound design), Anita Panizza (coordinamento redazionale) e Mauro Pescio (autore).
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