La tutela della biodiversità passa (anche) dalla crescita della finanza sostenibile
Se è vero, come ha sottolineato il filosofo Slavoj Žižek, che al nostro concetto comune di capitale come valore accumulato dobbiamo aggiungere il valore della Natura come sistema
di Stefano Gatti e Marco Ghilotti
4' di lettura
Se è vero, come ha sottolineato il filosofo Slavoj Žižek, che al nostro concetto comune di capitale come valore accumulato dobbiamo aggiungere il valore della Natura come sistema, allora diviene sempre più chiaro quanto sia rilevante il nesso tra sostenibilità della qualità della vita nelle sue diverse sfaccettature e il beneficio in termini di minore premio per il rischio di investire in aziende che possano beneficiare della propensione verso una economia sempre più sostenibile.
Nel corso degli ultimi anni il concetto più ampio di preservazione della terra si è focalizzato su aspetti specifici e, di recente, è stato introdotto il tema della biodiversità.
Il Global Risk Report 2023 pubblicato dal World Economic Forum indica «biodiversity loss and ecosystem collapse» come uno dei rischi in più rapido aumento nel prossimo decennio. L'intervento umano ha impattato negativamente un ecosistema delicato e bilanciato a tal punto che l'interconnessione tra perdita di biodiversità, inquinamento, consumo delle risorse naturali e driver socioeconomici è già, nei fatti, un mix esplosivo.
Alcune evidenze – senza pretesa di sistematicità – possono aiutare a inquadrare il fenomeno nella giusta prospettiva.
1 I dati disponibili mostrano che, nel periodo tra il 1992 e il 2014, la quantità di beni strumentali procapite – infrastrutture stradali, impianti e macchinari, edifici, fabbriche e porti – è raddoppiata. Nello stesso lasso di tempo, tuttavia, lo stock mondiale procapite di capitale naturale – acqua, suolo e minerali – è diminuito di quasi il 40 per cento.
2 Uno storico rapporto delle Nazioni Unite (Ipbes Global Assessment 2019) avvertiva che fino a un milione di specie animali e vegetali erano già a rischio di imminente estinzione. La perdita di specie, in particolare, ha un impatto diretto sull’attività economica e sul benessere del genere umano. Nel campo dell'industria farmaceutica, per puro esempio, più di un terzo dei farmaci moderni deriva dalla flora e fauna, e il settore utilizza ben 70mila diverse specie di piante. La conseguenza diretta del degrado della biodiversità è che il mondo sta già perdendo un farmaco potenzialmente critico ogni due anni. Sempre per citare un esempio, una specie di albero che viene utilizzato per produrre farmaci chemioterapici per la cura del cancro è prossima all’estinzione a causa dello sovrasfruttamento e del suo utilizzo come combustibile. Le terapie farmacologiche rappresentano solo una frazione di ciò che gli esseri umani rischiano di perdere a causa dell’esaurimento della biodiversità terrestre.
3 L’impollinazione è fondamentale per la produzione agricola e la sicurezza alimentare. Delle 115 principali colture al mondo, 87 dipendono dall’impollinazione naturale, un servizio ecosistemico fornito da api e altri insetti impollinatori. Il valore economico globale dell’impollinazione è stimato tra i 200 e i 387 miliardi di dollari all’anno. In un precedente articolo, abbiamo già ricordato che l'uomo consuma 200 delle 10mila piante edibili e il 75% del nostro cibo deriva da 12 piante e 5 animali. Anche l'industria alimentare diventa quindi un player importante in questo processo di tutela della natura e della biodiversità.
4 L’Ocse stima che gli investimenti volti a proteggere la biodiversità siano inferiori a 100 miliardi di dollari all’anno, una cifra irrisoria, soprattutto se confrontata con ciò che il cambiamento climatico attrae – 632 miliardi di dollari – o con i 500 miliardi di dollari all’anno investiti in attività che portano direttamente alla distruzione degli habitat naturali, come l’estrazione di combustibili fossili e i sussidi agricoli. La scala degli investimenti è quantificata attorno ai 48 miliardi di euro annui tra il 2021 e il 2030. Nel periodo 2015-2017, si stima che la finanza della biodiversità si attestasse tra i 78-91 miliardi annui. È interessante notare però come la componente internazionale fosse tra 4 e 9 miliardi, quindi un approccio prevalentemente domestico e, parzialmente, di natura privata.
Il Premio Nobel per l’Economia 2018 William Nordhaus sostiene che i suoi colleghi si siano concentrati solo sulle strategie per rallentare il cambiamento climatico e in particolare sulla mitigazione. Tuttavia, questa scelta è anche purtroppo la più costosa, quantificata tra il 2 e il 6% del reddito mondiale.
Allora quali altri soluzioni sono possibili?
La prima soluzione è costituita dagli interventi di regolazione. I policy maker sembra abbiano finalmente riconosciuto la protezione della biodiversità come una priorità urgente. Nel dicembre 2022, nel corso dello Un Cop15 biodiversity summit a Montreal, è stato definito un piano per l'adozione di un framework a protezione della perdita della biodiversità della natura. Sono state indicate anche le azioni per finanziare la convergenza delle risorse verso investimenti sostenibili a discapito di quelli più dannosi e impattanti la natura.
Sempre sul fronte regolamentare, alcuni Paesi si sono già mossi in questa direzione. L'osservatorio dell'Ocse censisce 62 Paesi che già applicano restrizioni legali e imposizioni fiscali per il controllo della biodiversità. La stessa Commissione europea sta introducendo una direttiva volta a tutelare le vittime del mancato rispetto di procedure finalizzate alla tutela e a minimizzare i danni alle biodiversità.
La seconda soluzione è costituita dalla disciplina imposta dai mercati finanziari. A fronte di un quadro tanto desolante, c'è seriamente da domandarsi come possano gli investitori e il sistema finanziario partecipare al processo di salvaguardia della biodiversità. Peraltro, è anche importante chiedersi perché questa partecipazione sia importante per la stessa comunità finanziaria.
È evidente quanto sia fondamentale un dialogo più serrato tra scienza e finanza. Tra i rischi maggiormente crescenti negli ultimi anni si attestano quelli fisici. La riduzione del drenaggio delle acque dovuto al disboscamento non rimpiazzato, l'aumento di batteri risvegliati dalla riduzione del permafrost, lo spostamento delle produzioni agricole legato a diverse condizioni climatiche hanno impatti fisici ed economici sulle aziende (e sulla società) che devono essere valutati e ponderati nei modelli di stima.
L'aumento dell'emissione di green bond o di sustainability-linked bond per finanziare progetti di mitigazione dei cambiamenti climatici sta gradualmente orientandosi anche alla tutela della biodiversità. Il recente Global Banking Report pubblicato da McKinsey indica, tra le strategie che le banche più virtuose possono intraprendere per ridisegnare il proprio business model del futuro, proprio l'aumentata offerta di servizi di sustainable finance.
Gli strumenti di finanza sostenibile, insieme all'impact investing, con un mercato stimato dal Global Impact Investing Network a fine 2022 in circa 1.200 miliardi di dollari rappresentano segnali concreti che la finanza, se eticamente orientata, può invertire la corsa pericolosa che l'uomo sta correndo contro se stesso e contro la sua stessa, citando papa Francesco, «casa comune».
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