La tv generalista è in caduta libera ma anche lo streaming non sta bene
Per la prima volta negli Stati Uniti la visione della tv via cavo è stata sorpassata dallo streaming. Netflx, Disney+ e Amazon Prime hanno vinto ma il loro modello è entrato in crisi.
di Luca Tremolada
2' di lettura
Lo streaming è il presente e futuro della televisione. Ora è ufficiale. Ma non è quello che ci aspettavamo. Andiamo con ordine: per la prima volta negli Stati Uniti la visione della tv via cavo è stata sorpassata. Di più, per la prima volta, scrive Nielsen la tv lineare che per noi è il digitale terrestre e quella via cavo in termini vi spettatori è sceso al di sotto del 50%. Vuole dire che gli americani passano più tempo su Netflix, Amazon Prime e YouTube. Sono due anni che i ricercatori dell'istituto specializzato nella misurazione dell’audience di tv, radio e giornali aspettano questo momento. Da quando hanno dato vita a Nielsen One Proprio per misurare il cambiamento dei gusti dei consumatori di audio-video. Per quanto diverso il mercato Usa da quello europeo, chi in Italia “ospita” un adolescente in casa non aveva bisogno di nuovi indici per accorgersi che la tv generalista come rito collettivo e familiare era piuttosto in crisi. Il palinsesto ha smesso da almeno un decennio a dettare i tempi della nostra media mediatica. Netflix, ad esempio, nonostante abbia recentemente segnalato una perdita significativa di abbonati, rimane un pilastro nel mondo dello streaming, occupa l’8% della visione televisiva complessiva.
Lo spostamento nel comportamento degli spettatori verso contenuti in streaming è testimonianza dell'indiscusso successo delle piattaforme di streaming e della qualità dei contenuti. La tv non lineare è comoda, vedi quello ti pare quando ti pare e dove ti pare. La formula all-you-can-eat insieme a un aggiornamento costante e ben comunicato del catalogo rendono l'esperienza confortante. Peccato però che tutto questo sia finito. O quantomeno proprio nel momento del sorpasso sulla tv, lo streaming sembra essere entrata in crisi. Diremmo una crisi di sostenibilità e i primi ad accorgersene sono stati i loro abbonati. Negli ultimi anni, guardare film e serie TV in streaming è diventato più costoso a causa degli aumenti regolari decisi dalle società. Qualche esempio, il piano Premium di Netflix e il piano standard di Disney+ hanno visto aumenti significativi nei loro prezzi. A marzo 2020, Disney+ costava 69,99 euro all’anno. Ora il piano standard costa 89,90 euro all’anno. Netflix a settembre 2015 era 9,99 euro ora è a 11,99 euro. Anche l'Apple TV+ è rincarata. E' come se il mercato degli attori dello streaming a settembre abbia deciso di passare all'incasso. In più, nonostante l’aumento dei prezzi, i contenuti di alta qualità sono diventati meno frequenti. Con l’emergere di molteplici piattaforme di streaming, i contenuti sono diventati più frammentati, rendendo difficile per una singola piattaforma offrire contenuti di qualità ogni mese. Per un consumatore di audiovideo, per un telespettatore come si dicevo un tempo, il budget per la tv comincia a diventare rilevante. L'introduzione di abbonamenti con pubblicità a più basso prezzo sembra la soluzione per venire incontro agli utenti meno abbienti. Secondo gli esperti stiamo andando incontro anche a livello di domanda a una fase di consolidamento che potrebbe avvantaggiare nuove forme di tv come quella di TikTok e di Twitch. Il rischio però non è un ritorno alla tv lineare ma a qualcosa di ancora più disconnesso.
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