sentenza del tribunale

La (vecchia) società del Palermo calcio è definitivamente fallita

Il Tribunale fallimentare di Palermo ha posto il 18 ottobre 2019 fine alla storia dell’Us Città di Palermo, escluso pochi mesi fa dal calcio professionistico a causa delle numerose inadempienze nella domanda di iscrizione al campionato di Serie B. In campo adesso la Procura di Palermo che indaga su Zamparini e Tuttolomondo

di Benedetto Giardina

Un’immagine di archivio del Palermo Calcio (Ansa)

2' di lettura

L'Us Città di Palermo è fallita. Il Tribunale del capoluogo siciliano ha posto fine alla storia del club rosanero, escluso pochi mesi fa dal calcio professionistico a causa delle numerose inadempienze nella domanda di iscrizione al campionato di Serie B . Una fine scontata, dopo mesi di attesa e diverse istanze di fallimento avanzate dai creditori, oltre che dagli ex calciatori. La sentenza del 18 ottobre 2019 del collegio presieduto da Gabriella Giammona cita per primo proprio il ricorso presentato da uno dei calciatori che nella passata stagione ha giocato nel Palermo, il portiere Pomini , al quale si sono accodati i compagni di squadra e tutti gli altri creditori.

La richiesta (improcedibile) di concordato preventivo

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La società, lo scorso 21 agosto, ha chiesto l'ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva, ma i giudici hanno dichiarato improcedibile la domanda, a causa di ulteriori violazioni della par condicio creditorum . Adesso la palla passa nuovamente alla Procura di Palermo , che già in passato aveva chiesto il fallimento della società (rigettato nel 2018) e che ha presentato un'ulteriore istanza a seguito della mancata iscrizione del club in Serie B. Per Maurizio Zamparini, proprietario del Palermo dal 2002 al 2018, potrebbe prospettarsi l'accusa di bancarotta fraudolenta , ma le indagini riguardano anche gli ultimi proprietari della società, cioè la Arkus Network rappresentata da Salvatore Tuttolomondo.

Zamparini, tramite il figlio Andrea, ha dato disponibilità a versare 10 milioni di euro per poter così ottenere il via libera al concordato. Una strada che non si è mai aperta, anche perché il primo a non ritenere soddisfacente la proposta è stato l'amministratore giudiziario del club, il commercialista Giovanni La Croce. Tale somma sarebbe stata versata in 48 mesi, dietro rilascio di una garanzia reale, ma non sarebbe stata sufficiente vista la mole di debiti che lo stesso La Croce ha evidenziato nelle sue relazioni depositate in Tribunale: una cifra che si aggira tra i 50 e i 60 milioni di euro.

Pagamenti senza autorizzazione

A rendere improcedibile la richiesta di concordato, inoltre, hanno contribuito una serie di pagamenti per circa 630mila euro posti in essere dalla società senza alcuna autorizzazione del Tribunale, tra cui pagamenti in favore di lavoratori dipendenti per crediti maturati prima dell'avvio della procedura, pagamenti in favore degli avvocati della società e un compenso di 341mila euro disposto in favore della Struttura Srl per la predisposizione del piano concordatario. Peccato che questa società, stando alle note di La Croce, sia a sua volta controllata da Arkus Network, cioè dalla stessa proprietaria dell'Us Città di Palermo.

Per i giudici, «risulta acclarata la sussistenza dello stato di insolvenza». Il prossimo 10 febbraio è prevista l'adunanza dei creditori per la verifica dello stato passivo. Intanto, ai beni mobili del club (già sotto sequestro) verranno apposti i sigilli. Mentre il nuovo Palermo va avanti a suon di vittorie (7 su 7) nel campionato di Serie D, il vecchio Palermo ha definitivamente posto fine alla propria esistenza.

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