La vera scommessa si gioca sull’agenzia
TAX compliance Per far funzionare il concordato biennale sarà fondamentale l’uso degli strumenti informatici
di Salvatore Padula
4' di lettura
Uno dei perni su cui poggia il progetto complessivo di riforma fiscale è certamente il miglioramento dei rapporti tra fisco e contribuenti. È un tratto distintivo che si coglie in molte parti del disegno di legge delega, in particolare quelle sui procedimenti: si va da quelli relativi all’amministrazione e agli adempimenti dei contribuenti, sino all’accertamento, alla riscossione, ai rimborsi e al contenzioso tributario. Tutti temi che il Senato si appresta a esaminare, dopo il via libera alla Camera, che si è concentrata, invece, sulla prima parte del testo.
Più tax compliance, più contraddittorio, più confronto, più condivisione: questo sembra essere il proposito del progetto. Va da sé, se questo è l’obiettivo, che l’amministrazione finanziaria – e in particolare l’agenzia delle Entrate – avrà un ruolo decisivo nell’accompagnare e nel gestire molte delle possibili novità. Far funzionare bene la macchina amministrativa finirà per diventare uno degli snodi cruciali per il successo della riforma.
Già da tempo l’attività dell’Agenzia è rivolta verso tre dimensioni specifiche: l’area dei servizi ai contribuenti; quella della prevenzione, con rinnovata attenzione alle lettere di compliance e con tutto l’armamentario di alert di varia natura; quella del contrasto dell’evasione vero e proprio.
Sui servizi ai contribuenti, la delega sembra talvolta voler distribuire in modo diverso il peso di attività che già ora vengono svolte. Valga l’esempio degli interpelli, dove si punta in pratica ad alleggerire l’attività di risposta ai quesiti (anche, ma non solo, attraverso la richiesta del pagamento di un obolo ai contribuenti), a fronte di un maggior impegno per la produzione/emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale. Sui servizi, con la finalità di migliorarne l’efficacia e anche la quantità, si prospetta l’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici, come l’intelligenza artificiale. Si tratta di un giusto obiettivo che andrà
via via costruito.
Sulla parte dei controlli veri e propri, la delega sembra piuttosto cauta e non annuncia grandi svolte. È vero che tra i principi generali della riforma si insiste su un uso più efficace di archivi e dati in chiave anti evasione, specie di quelli della fattura elettronica e dei corrispettivi. È pure vero che anche qui torna il richiamo all’utilizzo delle nuove tecnologie. Ma, a ben vedere, non si coglie l’intenzione – ad esempio – di una maggiore frequenza dei controlli. E, anzi, la logica più volte ribadita sia da Giorgia Meloni sia dal vice ministro Maurizio Leo, il regista dell’operazione riforma, è di voler intercettare l’evasione “prima che si realizzi”. Non di aumentare
i controlli.
Tuttavia, come ogni anno ricorda la Corte dei conti, è di tutta evidenza che per i contribuenti di medio-piccola dimensione «le probabilità di essere soggetti a controllo siano molto limitate»: intorno al 3% per bar e ristoranti, ancora meno per gli studi legali e un po’ di più, il 5,5%, per le attività di costruzione.
Peraltro, la delega non si occupa del rafforzamento dell’Agenzia che è invece previsto dal Pnrr (obiettivo riduzione del tax gap), anche attraverso l’assunzione di alcune migliaia di addetti e funzionari (oltre 4mila, ma saranno molti di più entro il 2024), con una certa attenzione verso le nuove professionalità per realizzare progetti di analisi avanzata dei dati attraverso intelligenza artificiale, machine learning, text mining e altro ancora. Indizi di convergenza tra Pnrr e delega fiscale.
Tornando al disegno di legge, è la parte relativa all’attività di prevenzione e tax compliance a rappresentare uno dei punti peculiari. I due istituti dei quali si parla – il concordato biennale e l’adempimento collaborativo – sono ovviamente ancora da definire. Il primo sarà riservato ai contribuenti di più piccole dimensioni, quelli ai quali si applicano gli Isa. Si tratta, per avere un ordine di grandezza, di quasi 2,5 milioni di contribuenti che nel 2021 hanno applicato gli Isa (il 53% persone fisiche, il resto società di persone e di capitali), ma sono addirittura oltre 4 milioni i soggetti con volume d’affari fino a 5,16 milioni di euro che hanno presentano la dichiarazione Iva: non proprio una platea marginale. L’amministrazione formulerà a questi soggetti (non a tutti, certo, ma solo a quelli con determinate caratteristiche) una proposta di concordato biennale che, se accettata, metterà il contribuente al sicuro da possibili successivi controlli, anche in caso di guadagni superiori alle previsioni.
Al di là di ogni valutazione – segnaliamo che i più critici osservatori considerano questo sistema l’ennesimo regalo a categorie al cui interno si registra la più elevata incidenza di evasione fiscale – resta comunque da chiedersi come l’Agenzia potrà gestire una tale mole di proposte, se non attraverso l’uso di strumenti informatici (Isa, dati dell’archivio delle fatture elettroniche e corrispettivi, altre banche dati), ma limitando necessariamente l’attività di contraddittorio che come è facile capire non potrà essere troppo “invasiva” per numeri così rilevanti (la delega in effetti già parla di un «contraddittorio con modalità semplificate»). Tutto ciò considerato che, pur con il supporto di nuove forme di visti di conformità e di procedure per la gestione/controllo del rischio fiscale, gli uffici dovranno gestire anche l’adempimento collaborativo riservato ai soggetti di dimensioni maggiori (vedremo come scenderà il livello di ricavi per essere ammessi, attualmente fissato a un miliardo di euro), sul quale tuttavia la delega prevede di fornire ulteriori risorse alle Entrate.
Insomma, è una doppia scommessa. In primo luogo, sull’efficacia di queste forme di collaborazione (e sulla loro equità...). Ma anche sull’efficienza della macchina amministrativa che le dovrà gestire.
loading...