La via Dolce&Gabbana alla sostenibilità: pellicce sintetiche, ma artigianali
di Giulia Crivelli
2' di lettura
Le parole sono importanti, anche per una società che vive di immagini. Le definizioni e i proclami no. Domenico Dolce e Stefano Gabbana – è forse la prima volta – hanno preferito non dare un “titolo” alla collezione andata in passerella ieri. E non hanno fatto annunci ufficiali sulla scelta di non usare più pelliccia. «La pandemia non è ancora finita, i cambiamenti sociali e culturali che ha innescato però sono già in atto – spiegano –. Seguiamo da sempre il nostro istinto e teniamo alla nostra indipendenza, ma ogni collezione nasce dall’osservazione ed elaborazione, anche inconscia, di ciò che accade intorno a noi, nel mondo reale e sempre di più in quello digitale, ed è stato così anche questa volta».
Per i due stilisti e imprenditori la sostenibilità non può essere divisa tra ambientale, sociale ed economica: «È un percorso di cambiamento che richiede idee, investimenti e tempo – sottolineano –. Sono due anni che puntiamo a non usare più pellicce e avevamo già introdotto quelle sintetiche. Ci sono però due problemi: primo, i materiali non sono ecosostenibili, bensì inquinanti. Secondo, la qualità non ci ha mai soddisfatto. Ora abbiamo trovato una terza via, molto Dolce&Gabbana». Grazie alla ricerca che i due stilisti portano avanti da sempre con i fornitori e anche con laboratori e università, i materiali sono oggi più ecosostenibili e il sogno sarebbe arrivare a usarne di biodegradabili. Ma soprattutto i capi sono lavorati dai migliori pellicciai: «L’artigianalità è la nostra stella polare, nell’alta moda, ovviamente, e sempre di più nel pret-à-porter – spiegano Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Sappiamo tutti che la transizione verso un’economia verde ha dei costi: nel nostro piccolo, abbiamo pensato a preservare il lavoro dei pellicciai, messo a rischio dalle nuove sensibilità, ad esempio, sugli allevamenti di animali».
C’è un’altra stella polare, da decenni, per i due creativi, i giovani: «I cambiamenti sono sempre venuti da loro, nella moda e non solo. Anagraficamente noi due non siamo più giovani – concludono ridendo – ma è da loro che traiamo energia ed è a loro che pensiamo quando creiamo. Le ragazze e i ragazzi della generazione Z in particolare ci affascinano perché sono capaci di pensare fuori da ogni schema, di sentirsi ed essere autenticamente liberi. La moda aiuta tutti a esprimersi, vorremmo che la nostra superasse ogni confine tra stili, età, culture».
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