La voce politica di Natalia
Scritti civili. Michela Monferrini cura la raccolta
degli interventi alla Camera e di altri testi di Ginzburg, eletta nel 1983 nella Sinistra Indipendente
di Eliana Di Caro
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Pare di vederle, nel 1983. L’una ha 63 anni, l’altra 67, entrambe sono segnate da dolori stratificati nel tempo, hanno alle spalle una vita caratterizzata dall’impegno, le accomuna persino la severità antica dei tratti del volto: Nilde Iotti va a trovare Natalia Ginzburg, all’Einaudi, per chiederle di candidarsi nel Pci. Una giornata per pensarci e sarà un sì, con la conseguente elezione nelle file della Sinistra Indipendente. Sarà rieletta nel 1987 e rimarrà a Montecitorio sino alla morte, il 7 ottobre 1991.
Una storia politica che può sembrare breve ma che attraversa, sottotraccia (e in fondo neanche troppo “sotto”), l’intera vita della scrittrice e colonna della casa editrice, negli articoli sui giornali, nelle posizioni espresse su tanti temi, in interventi e interviste. Non sorprende, dunque, che Natalia Ginzburg abbia accolto la richiesta della presidente della Camera, pur schermendosi («di politica non capisco niente»): forse le riecheggiò la raccomandazione di Leone Ginzburg in punto di morte, di essere «utile agli altri». Ora i discorsi in Parlamento e altri suoi scritti civili – compresi dei pezzi firmati per «l’Unità» e alcune interviste di quegli anni – sono raccolti in un libro curato con scrupolo e partecipazione da Michela Monferrini, già attenta a voci femminili del nostro Novecento quali Alba de Céspedes (Dalla parte di Alba, Ponte alle Grazie) e Grazia Cherchi (nell’omonimo ritratto pubblicato da Ali&NO, 2015).
Natalia Ginzburg, alla Camera, fa una scelta significativa: decide di essere Natalia Levi Baldini, adottando il proprio cognome e quello del secondo marito Gabriele, a segnare una cesura con la vita precedente, con l’esperienza di scrittrice (vincitrice dello Strega vent’anni prima). Ma del suo vissuto e del Lessico famigliare molto si ritrova nel lessico politico, se – come sottolinea Monferrini nell’accurata introduzione – i suoi interventi saranno essenziali, improntati alla semplicità, lontani dagli incomprensibili «azzeccagarbugli della politica che parlano per bizantinismi» o da chi infarcisce le frasi di parole «vuote, false o astratte».
Sempre presente in Aula, prende la parola poche volte, solo quando ha qualcosa da dire, su temi che le stanno a cuore e che sono realmente importanti per la vita delle persone: il prezzo del pane, quello delle case, la guerra (era la stagione dei missili nella base Nato di Comiso), la violenza sessuale. Proprio sulla legge che portò a definire lo stupro un reato contro la persona e non contro la morale e il buon costume, l’onorevole Levi Baldini pronuncia un discorso da cui emerge la difficoltà di trovare un punto di incontro, di conciliare le diverse sensibilità: «Tutti chiedevano troppo a questa legge, come se essa avesse la facoltà di rendere migliore e più limpida la società». Non può farlo, «non può migliorare la società» ma (citando Stefano Rodotà) «può rimuovere gli ostacoli che impediscono di migliorarla» ed è quindi inderogabile, osserva con realismo, approvare il testo cui si è pervenuti. Passeranno però altri sette anni e lei non vedrà, nel 1996, la promulgazione del provvedimento, raggiunto con il voto trasversale di tutte le forze politiche.
Leggendo queste pagine, si rimane colpiti dalla ricorrenza di temi che, dopo 40 anni, sono gli stessi: il lavoro, la disoccupazione giovanile, la carenza di servizi (a cominciare dagli asili nido), l’abbandono a sé stesso del territorio, la scarsa valorizzazione delle donne nella politica. In alcuni casi, le riflessioni della deputata Levi Baldini prefigurano quel che accadrà più avanti. Il suo j’accuse contro una politica che non si cura della salvaguardia degli spazi rurali e ha spinto la speculazione edilizia nelle grandi città suona come un monito non ascoltato dalle istituzioni, a fronte dei disastri ambientali di oggi, ma recepito da chi promuove il chilometro zero, la filiera corta, l’agricoltura sostenibile.
Molto attuale anche il tema che ha sollecitato il titolo del volume, Una cosa finalmente lieta. Il riferimento è all’eccezionalità della scelta di Francesco Cossiga che, allora capo dello Stato, dà l’incarico di formare il governo a Nilde Iotti: siamo nel marzo 1987, è la prima volta per una donna. E la deputata Levi Baldini coglie l’occasione per dire, con la chiarezza che la contraddistingue, come le tante donne del Pci «potrebbero rendere migliori le sorti del nostro Paese, se avessero più spazio, e invece spazio in verità ne hanno poco (...) vengono per solito emarginate, e delegate a occuparsi unicamente di problemi femminili».
Monferrini chiude la sua introduzione ricordando le accorate pagine scritte da Natalia Ginzburg sul caso di Serena Cruz, la bambina portata in Italia con un falso riconoscimento di paternità e sottratta dai giudici alla coppia di Racconigi. Una vicenda dolorosa che divise l’Italia sulla stampa, lacerò l’opinione pubblica e gli intellettuali (Ginzburg appoggia le ragioni dei genitori, Bobbio ad esempio quelle dei giudici), dietro la quale c’era una delle prime otto magistrate italiane, Graziana Calcagno (peraltro lei stessa madre adottiva): a capo della Procura, seguì con coraggio il dettato della legge nonostante l’onda emotiva che si generò a sostegno della coppia. Evitando, così, che si creassero precedenti.
Natalia Ginzburg
Una cosa finalmente lieta. Scritti civili e discorsi politici
A cura di Michela Monferrini
Edizioni di storia e letteratura, pagg. 140, € 12
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