Lancia Flaminia Coupé, una «chicca» ancora accessibile destinata a valori importanti
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Al Salone di Torino del 1958, un anno e mezzo dopo il lancio della Flaminia, la nuova ammiraglia della Lancia, vengono svelate le sue versioni derivate con un’abbondanza che crediamo, non si sia mai verificata nella storia dell’auto: ben tre variazioni sul tema Flaminia sportiva; e per il momento, si badi bene, senza sconfinare nell’ambito delle decapottabili, territorio che verrà presidiato solo a partire dal 1960 con la apprezzatissima Convertibile Touring.
Pinin Farina, Touring Superleggera e Zagato (in ordine alfabetico), quindi il meglio sulla piazza, erano gli autori delle protagoniste dello stand Lancia in quella occasione e i risultati del loro lavoro furono tre automobili dalle caratteristiche straordinarie e ben conosciute ma che oggi mostrano una differenza sostanziale: se le Touring e le Zagato sono entrate giustamente nell’Olimpo del collezionismo, sia pure con valori diversi, la Coupé Pinin Farina (Pininfarina dopo il 1961) vive ancora in uno strano limbo del mercato. Parleremo, tuttavia, proprio di lei poiché ci pare rappresenti uno dei casi più eclatanti di miopia collezionistica che si siano mai visti in campo automobilistico; dovuta anche al fatto, ne siamo certi, che tutti coloro i quali al sentirla nominare in qualsiasi conversazione tra appassionati fanno un sorrisino di compatimento non ci abbiano mai viaggiato sopra.
Confortevole e possente nel suo incedere, pur se non velocissima, rende ogni viaggio un evento speciale, accolti come si è in un abitacolo di lusso assoluto che però, e qui sta l’incredibile valore aggiunto in termini di italica personalità, non mostra il solito armamentario di materiali pregiati che, seppur certamente non criticabile, a certi livelli diventa scontato. Sulla ammiraglia Lancia non vi è pelle (se non a richiesta) sui sedili ma l’inimitabile ed esclusivo panno che oggi è addirittura omonimo del Marchio della vettura; sulla plancia, al posto del legno, domina invece l’acciaio verniciato in nero ed attraversato da una fascia lucida a far da cornice a due “strumentoni” dalle dimensioni mai viste e dotati di tutti gli indicatori desiderabili.
Sul pavimento, al posto della «tutta moquette» di difficile pulizia, larghe parti in gomma di una tonalità di grigio che minimizza l’effetto delle suole che, alle volte, anche ai clienti delle Flaminia potevano inopinatamente infangarsi. Passando all’esterno noi, estimatori della berlina che giudicammo incantevole e non ce ne pentiamo, possiamo affermare che la situazione ci pare ancora migliorata in quanto l’accorciamento del passo porta a proporzioni più compatte lo stile della magnifica berlina di derivazione; ci pare, infatti, difficilmente perfettibile la combinazione tra la parte anteriore più bassa, con la larga calandra così caratterizzante, e quella posteriore un po’ più alta e riproponente la geniale soluzione delle pinne circondanti il lunotto che aveva debuttato sulla berlina. La Flaminia Coupé, insomma, è quasi una copia della Aurelia Florida II che, Giovanni Battista “Pinin” Farina giudicò così poco riuscita da farne il proprio mezzo di locomozione privato per anni...
A muovere il tutto, il mai abbastanza lodato V6 da 2,5 o 2,8 litri con potenze variabili tra i 119 ed i 140 CV, portatore di una fluidità di marcia senza rivali e di un’elasticità da riferimento; particolarmente gradita, quest’ultima, in quanto la manovrabilità del cambio, posto come è noto al retrotreno, non è mai stata delle migliori: uno dei pochissimi difetti, insieme al consumo, di questa auto. Certamente, e lo si è già accennato, il peso di questa maestosa coupé non permette, soprattutto in accelerazione, prestazioni da granturismo vera e propria, ma comunque ci pare che il suo quadro dinamico sia da ritenersi nel complesso più che soddisfacente.
Infine il Marchio: chi può negare il carisma ad una Casa che ha vinto una Mille Miglia, una Carrera Panamericana, cinque Targhe Florio, dieci titoli mondiali rally, dodici Rally di Montecarlo e due titoli mondiali “Shilouette” Gruppo 5 !? Pensandoci bene, in effetti, qualcuno c’è ma potrebbe anche non leggere queste righe. Ecco quindi che noi, rivolgendoci umilmente a coloro che invece lo fanno, non possiamo fare a meno di suggerire l’acquisto di una di queste macchine fino a che se ne trovano di più che discrete attorno ai trentamila Euro; sembra che la Flaminia Coupé sia una delle eterne incomprese: e, se così in effetti fosse, a noi sinceramente poco ne calerebbe, considerando la gioia che si prova trovandosela in garage.
Ma, in funzione investimento, c'è una circostanza che vale la pena citare. Nel recente passato, anche altri di questi coupé tutta eleganza e signorilità si sono potuti acquistare per lungo tempo a circa il doppio della corrispondente berlina, per poi improvvisamente schizzare al quintuplo quando finalmente l’universo mondo si è accorto dell’eccezionalità di quelle auto; noi crediamo sia questa la sorte che attende anche la “nostra” Coupé.
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