Latina regina del kiwi: dall’Agro Pontino un terzo della produzione italiana
di C.A.F.
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Il settore agroalimentare italiano vale quasi il 4% (3,9%) dell’economia italiana. E nel 2017 ha generato un valore aggiunto superiore ai 60 miliardi di euro e ha occupato quasi 1,4 milioni di persone. In questo scenario il settore nel Lazio ha un peso apparentemente molto basso, ma togliendo Roma, il peso dell’agricoltura sull’economia laziale sale al 4,5% per valore aggiunto e al 6,5% per occupati. All’interno del territorio laziale, poi, c’è una sorta di “principato verde”: dall’Agro Pontino parte il 40% delle esportazioni agroalimentari del Lazio e oltre il 5% dell’export ortofrutticolo italiano.
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Numeri e scenari escono dal focus realizzato da Intesa Sanpaolo – il cui ufficio studi realizza il monitor sui distretti italiani – e che in collaborazione con l’Ordine degli Agronomi ha dato vita a un convegno dal titolo “Il valore e le potenzialità del settore agroalimentare nel Lazio”.
Le prospettive italiane
«In uno scenario globale che nel corso dei mesi si è fatto via via più incerto – spiega il focus di Intesa Sanpaolo –, i più recenti segnali per la trasformazione rimangono positivi: nei primi otto mesi del 2018 il fatturato dell’alimentare italiano è cresciuto a valore, rispetto al corrispondente periodo del 2017, dell’1,8%, grazie sia al traino dell’estero, sia del mercato interno. Nella prima metà dell’anno, l’export agroalimentare ha registrato una crescita tendenziale del 2,5% a valore, sintesi di andamenti contrastanti: in crescita del 3,9% le esportazioni dell’industria della trasformazione, in calo del 3,8% l’export agricolo, penalizzato dalla sfavorevole congiuntura climatica nei primi mesi dell’anno».
L'Italia riveste un ruolo importante anche a livello di agroalimentare europeo: è infatti terza per valore aggiunto e occupati dopo la Francia e la Germania, ma detiene il primo posto per qualità e ricchezza della produzione con 294 certificazioni (DOP, IGP e STG) nel comparto agricolo e alimentare.
Il settore agroalimentare nel Lazio
Il peso dell’agroalimentare sull’economia del Lazio, come detto, è tra i più bassi in Italia, ma il dato regionale nasconde una profonda disomogeneità a livello provinciale. Escludendo Roma, il peso specifico del settore sull’economia regionaleper valore aggiunto e per occupati sono al di sopra alla media italiana. Inoltre, emerge dal focus, il Lazio è la nona regione italiana per superficie agricola utilizzata e i dati sulla produttività sono in crescita dal 2013, con un forte orientamento al biologico che fa conquistare al Lazio la quarta posizione tra le regioni italiane per quota di biologico sul totale della superficie utilizzata (16,9%).
Il settore agro-alimentare nell’Agro-pontino
Ha origine a Latina – provincia che comprende l’Agro Pontino – circa il 40% delle esportazioni agroalimentari del Lazio. È forte in particolare la specializzazione nell’ortofrutta (il distretto rientra tra quelli monitorati regolarmente da Intesa Sanpaolo), che genera oltre il 5% dell’export italiano del comparto. Sscendo nel dettaglio delle produzioni, a Latina si produce circa un terzo dei kiwi prodotti in Italia (178mila tonnellate nel 2017), garantendo al paese una posizione di rilievo negli scambi globali di questo frutto. I dati più recenti (primo semestre 2018) mostrano le esportazioni provinciali di prodotti agroalimentari in sostanziale stabilità rispetto al 2017 (- 0,4%). In particolare, è il comparto alimentare, che comprende l'olio d'oliva (DOP Colline Pontine), ad essere in difficoltà, con un calo del 6,8% nel primo semestre 2018, dovuto al minore export in particolare nei comparti dei piatti pronti e surgelati e dell'olio. Al contrario, l'agricoltura, in controtendenza con l'andamento registrato a livello nazionale, riesce a segnare variazioni positive sui mercati esteri (+4,9%).
«Dietro le grandi aziende del Made in Italy ci sono migliaia di piccole aziende fornitrici - spiega Pierluigi Monceri, Responsabile della Direzione Regionale Lazio, Sardegna e Sicilia –che per la loro dimensione possono incontrare difficoltà nell'accesso al credito o ai mercati esteri. Vogliamo aiutare le imprese a raggiungere nuovi mercati e per fare questo servono maggiori dimensioni di impresa, maggiori investimenti, maggiore diversificazione, gestione del ricambio generazionale».
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