Diseguaglianze di genere

Lavoro, nel 2021 metà dei nuovi contratti per le donne è part time

Il Gender policies report elaborato dal’Inapp sui primi sei mesi dell’anno. In tre regioni (Basilicata, Sicilia e Calabria) contratti femminili solo un terzo del totale

Lavoro, Istat: "Aumenta l'occupazione ad ottobre, donne restano escluse"

2' di lettura

Nel 2021 la ripresa occupazionale è segnata da forti differenze di genere: solo il 14% dei nuovi contratti delle lavoratrici sono a tempo indeterminato e solo il 38% delle stabilizzazioni da altre forme contrattuali. Il 49,6% di tutti i contratti delle donne è part-time contro il 26,6% di quelli degli uomini. È quanto emerge dal Gender Policies Report 2021, elaborato dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) sui dati del primo semestre dell’anno che conferma precarietà e discontinuità del lavoro femminile.

Un divario che viene da lontano

Le diseguaglianze di genere sono cresciute con la pandemia ma che il divario parte da un dato strutturale: è al 67,8% il tasso di occupazione degli uomini e al 49,5% quello delle donne. Nel primo semestre del 2021 i nuovi contratti attivati sono 3.322.634 di cui 2.006.617 a uomini e 1.316.017 - il 39,6% del totale - a donne. Il 35,5% sono rivolti a under 30, mentre oltre il 45% a persone tra i 30 e i 50 anni senza rilevanti differenze di genere. Prevalgono per entrambi le forme contrattuali a termine, ma l’incidenza della precarietà e discontinuità per le donne è maggiore, con un ruolo prevalente della piccola impresa fino a 15 dipendenti.

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In tre regioni contratti donne un terzo del totale

Con la pandemia da coronavirus non cresce solo il gap di genere ma si evidenziano anche le differenze territoriali. In tutte le regioni i contratti stipulati a donne sono sempre inferiori a quelli degli uomini: un terzo del totale in Basilicata, Sicilia e Calabria. Sono sotto il 40% in Calabria, Molise, Puglia, Lombardia, Abruzzo e Lazio. In tutte le altre regioni le percentuali sono tra il 41% e il 46,5%.

I quattro scenari territoriali

Maggiore occupazione, però, non sempre determina meno precarietà o redditi maggiori se si va a guardare anche la percentuale di stabilità e la quota di part time. Sono 4 gli scenari territoriali per occupazione creata, livello di stabilità e numero di ore lavorate dalle donne: oltre 100mila contratti a donne in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto; dalle 50 alle 100mila attivazioni in Toscana, Piemonte, Campania, Puglia e Sicilia; tra 15mila e 99mila in Trentino Alto Adige, Marche, Sardegna, Liguria, Abruzzo, Friuli, Calabria e Umbria. Al di sotto delle 15mila in Basilicata, Valle d’Aosta e Molise.

Al Sud tempo indeterminato più diffuso per le donne

Le Regioni del Mezzogiorno, pur a fronte di un numero di attivazioni di contratti di lavoro per le donne al di sotto di 80mila unità, hanno un’incidenza del tempo indeterminato superiore alla media nazionale e a quella di diverse aree del Centro nord. È il caso della esempio la Campania (oltre 75mila contratti di cui il 21,4% a tempo indeterminato), della Sicilia con una percentuale del 17,7% (su 59.230) e della Calabria (18% su 20.373). La ricerca tuttavia evidenzia un dato «che riduce l’ottimismo»: in queste regioni continua a registrarsi la quota di tempo parziale femminile tra le più alte d’Italia. Un fattore che rappresenta una delle cause delle differenze retributive tra uomini e donne.

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