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Lavoro, indagine consulenti-Swg: 55% italiani vuole cambiarlo

Gli italiani puntano ad un lavoro «più compatibile con le esigenze della vita privata e più appagante sotto il profilo della crescita personale ed economica»

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2' di lettura

Dopo la pandemia, e con la ripresa degli ultimi mesi (seppur “in un clima di incertezza”), gli italiani puntano ad un lavoro «più compatibile con le esigenze della .vita privata, più appagante sotto il profilo della crescita personale ed economica» e, in molti casi, «diverso da quello attuale». Complessivamente, «oltre il 55%» vorrebbe, infatti, una nuova occupazione. Lo si legge nell’indagine effettuata nella prima metà del mese di giugno dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, in collaborazione con Swg, basata sulle risposte di 1.085 addetti, da cui emerge una «grande voglia di transizione professionale», nel nostro Paese.

Solo il 38% altamente soddisfatto della propria occupazione

Nel dettaglio, si legge nel dossier, «il 5,5% degli interpellati ha cambiato occupazione negli ultimi due anni», percentuale cui si aggiunge un «14,4% che sta cercando attivamente» altre occasioni di impiego. E, poi, c’è «un 35,1%» che, «pur non avendo messo in pratica alcuna azione concreta», indica di desiderare nuove opportunità lavorative, rispetto alla condizione in cui versa. Dall’analisi affiora una crescente «frustrazione», giacché «solamente il 38% dei connazionali si reputa altamente soddisfatto della propria occupazione», il 20,4% non è appagato dal proprio livello salariale, mentre «il 40,9% si dichiara insoddisfatto per la mancanza di chance di carriera” nel proprio luogo di lavoro.

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Perde appeal il «posto fisso»

E anche «l’agognato posto fisso» (un contratto “sicuro”, a tempo indeterminato) dunque, osservano i consulenti, non ha più ’l’appeal’ che aveva un tempo, visto che soltanto il 25% degli intervistati gli riconosce delle caratteristiche “irrinunciabili”.

Il ruolo dello smart working

In questo scenario lo smart working costituisce «la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio di innovazione tecnologica e digitale, destinato a cambiare il lavoro, i suoi processi e i suoi contenuti», laddove la pandemia da Covid-19 «ha innescato una forte accelerazione, costringendo, da due anni a questa parte, anche gli occupati più ’resistenti’ a fare i conti con le nuove modalità, e rendendo più pervasivo l’impatto delle tecnologie» sulle mansioni svolte. Stando, infatti, all’indagine della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, in collaborazione con Swg, «il 61% degli intervistati afferma che, negli ultimi anni, la rivoluzione tecnologica ha cambiato il lavoro», nel 18,1% dei casi, “in modo sostanziale”. Per la maggioranza (54,9%), recita lo studio dei professionisti, «l’impatto è stato positivo, riducendo i tempi e rendendo più semplici alcune attività (42,4%), favorendo una migliore organizzazione (34,3%), facilitando le relazioni con pubblico, utenti, clienti e fornitori (20,5%), sostituendo attività ’routinarie’ e ripetitive (17,2%) e creando nuove opportunità (15,2%)».

L’impatto positivo sulla conciliazione tra lavoro e vita privata

Se, va avanti il documento, «nel 2021 gli stessi lavoratori da casa fornivano un giudizio ambivalente, evidenziando le criticità connesse al lavoro da remoto, nel 2022 ben l’84,2% degli addetti “agili” promuove a pieni voti questo modello, perché «concilia lavoro e vita privata». Ora «il 31,8% degli italiani non accetterebbe di tornare a lavorare in presenza, il 16,9% cambierebbe lavoro e il 9,3% potrebbe addirittura licenziarsi». La ricerca integrale “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, sarà illustrata nel corso del Festival del Lavoro, promosso dalla categoria professionale dei consulenti del lavoro, dal 23 al 25 giugno a Bologna, presso il Palazzo della Cultura e dei Congressi.

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