Lavoro, integrazione e buona flessibilità nel tempo nuovo delle agenzie
Dibattito a Venezia con oltre 600 imprenditori sul nuovo decreto lavoro, a 25 anni dalla riforma Treu
di Cristina Casadei
6' di lettura
«Abbiamo vissuto 7 riforme del lavoro. Proprio da oggi abbiamo un nuovo decreto legge». Pronti? Pronti sempre, come anche 25 anni fa, quando, ricorda la presidente di Umana, Maria Raffaella Caprioglio, nacque l’agenzia per il lavoro, proprio grazie alla riforma del lavoro dell’epoca, passata alla storia come il pacchetto Treu, dal nome del ministro di allora.
Le parole risuonano alla Scuola Grande della Misericordia di Venezia, la Misericordia, come dice più semplicemente il sindaco della città Luigi Brugnaro che è stato il fondatore dell’agenzia. «Quando siamo nati eravamo in 13 e 13 è stato anche il numero della nostra registrazione al Ministero del Lavoro. Siamo cresciuti grazie a 25 aziende che ci hanno dato fiducia. Poi a queste 25 aziende se ne sono unite migliaia, mentre i collaboratori sono diventati 1.500», racconta Caprioglio. Davanti ha una platea dove siedono oltre 600 imprenditori che alimentano il dibattito sul nuovo decreto, tra cui anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.
Riprogettare il lavoro
La ministra del Lavoro Marina Calderone, in collegamento dalla Svezia, ci tiene a sottolineare che «la stagione che stiamo vivendo porta con sé perplessità e opportunità, perché in una fase di transizione come l’attuale in cui cambiano le esigenze delle imprese, si manifestano nuovi bisogni in termini di professionalità e nuove sfide per il mondo del lavoro. C’è tanto da fare e riprogettare». Il sottosegretario Claudio Durigon invita a pensare che «questo decreto del lavoro non è una misura esaustiva, però abbiamo regolato alcuni aspetti che erano stati messi in condizione sbagliata come il reddito di cittadinanza. Abbiamo fatto sì che ci sia una distinzione tra le risposte alla povertà e le risposte alle persone che sono occupabili. Abbiamo rimesso al centro le agenzie per il lavoro che fanno un lavoro diverso dai centri per l’impiego e hanno sopperito a tante necessità che sono mancate negli anni. I numeri della ricollocazione delle agenzie sono 10 volte superiori rispetto ai centri per l’impiego. Abbiamo allargato le maglie del tempo determinato».
L’inizio di un percorso
«Il decreto Lavoro è l’inizio di un percorso. Il governo, avendo quantità limitata di finanze, le mette sul taglio del cuneo fiscale. È un segnale importante, che chiedevamo da tempo», dice nel suo intervento il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Ma «la vera sfida sarà il taglio strutturale del cuneo contributivo con la prossima legge di bilancio», aggiunge, non dicendosi soddisfatto degli sgravi per le assunzioni: «L’azienda decide a proposito dei profili professionali che servono e deve assumere, non è lo Stato che lo decide per legge. Io assumo chi mi serve, non assumo perché mi si dà lo sgravio. Se ci sono delle risorse, siano messe sul taglio delle tasse sul lavoro».
Buona flessibilità
Il convegno di Umana è stata anche l’occasione per fare qualche bilancio storico sulla flessibilità. Durante la tavola rotonda che ha animato il dibattito, Piergiorgio Angeli, chief hr officer di EssilorLuxottica, ha ricordato di quando, nel 2008, la società «aveva bisogno di flessibilità. Flessibilità pulita tant'è che le prime fiches le abbiamo messe su contratti a termine e apprendistato. La somministrazione la abbiamo guardata con un po’ di sospetto. Era l’anno in cui noi stavamo per mettere fuoco alle polveri al nostro programma welfare. Il nostro obiettivo era la qualità del lavoro per migliorare la qualità della vita e per raggiungerlo avevamo scelto la via di un’origine negoziale del nostro welfare». Il valore della community è sempre stato così forte per la multinazionale che poi «abbiamo esteso il welfare anche alla somministrazione. Col tempo si sono evolute anche le relazioni con le società di somministrazione, fino a diventare vere e proprie partnership. Dal 2008 ad oggi su 9mila tempi indeterminati confermati in Italia, ben 6mila vengono dalla conferma di persone entrate con il contratto di somministrazione».
Un riforma di successo
Le parole del manager riportano a quelle di Luigi Brugnaro. «Le grandi soddisfazioni sono state quando i nostri lavoratori entrati con un contratto di un mese, poi confermato per 6, sono diventati a tempo indeterminato, scalando i diversi gradini, secondo un’idea di meritocrazia americana. La cultura del lavoro è la vera cultura della democrazia. Oggi dobbiamo riprendere i fondamentali, il ruolo dei corpi intermedi e dobbiamo sapere discutere. Ho sempre pensato che la cordialità tra persone che possono anche avere idee diverse è simbolo di civiltà. Il pacchetto Treu per il suo tempo è stato davvero rivoluzionario e ha portato nel nostro paese norme che all’estero erano già presenti . Il lavoro è stato così modernizzato anche in Italia, sradicando forme di lavoro illegale». Nel suo bilancio, il professor Tiziano Treu rileva che «la cosa importante di quella riforma del lavoro è che ha avuto successo. Non è che le riforme in Italia hanno sempre avuto successo. Questa era stata demonizzata all’inizio, poi, progressivamente, è stata accettata da tutti. In altri paesi c’erano già grandi multinazionali dei servizi per il lavoro, nel nostro paese bisognava inventarsi il mestiere e ci voleva coraggio».
La contrattazione
Riflettendo sul dibattito che ha animato l’affermarsi delle agenzie del lavoro in Italia, il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, afferma che «è sbagliato mettere sullo stesso piano flessibilità e precarietà. Noi veniamo da un’esperienza che dimostra che quando le flessibilità sono contrattate e sono elemento centrale delle relazioni sindacali il rischio della precarietà si allontana. Noi abbiamo bisogno di flessibilità perché siamo dentro questa epocale fase di transizione digitale, ambientale ecologica, industriale, energetica. Dobbiamo puntare ancora più decisamente a governare le flessibilità per gestire fasi così complesse di cambiamento: la contrattazione è l’elemento centrale». Facendo un salto all’oggi, Sbarra osserva che «se c’è una cosa che apprezzo di questo nuovo pacchetto lavoro è che finalmente il Governo scommette sul valore delle relazioni sindacali, affidando durate oltre i primi 12 mesi dei contratti a termine, ulteriori durate, proroghe, rinnovi, alla contrattazione. Noi ancora paghiamo il prezzo di un sistema di regolazione legislativa eccessiva che ha determinato non poche difficoltà, come ci dice l’esperienza del decreto dignità e quando si è intervenuti pesantemente con la legge, neutralizzando il ruolo delle parti sociali».
Il nuovo articolo 18 sta nella formazione
Per il futuro, Sbarra si aspetta dal Governo interventi sulla formazione davvero innovativi perché «in questo tempo conterà più il sapere che l’avere. Quello che è mancato nelle riforme del lavoro degli ultimi 25 anni è stata la valorizzazione di un tema come la formazione: abbiamo trascurato il valore e la centralità delle politiche attive. Bisogna mettere in sinergia i diversi attori, centri pubblici per l’impiego, agenzie per l’impiego, sistema della scuola e della formazione accreditata, dando un ruolo centrale all’impresa per tarare la formazione sulla base dei reali fabbisogni. Il nuovo vero articolo 18 si chiama formazione ed è su questo che il Governo è chiamato a dare una risposta. Nel Pnrr abbiamo oltre 5 miliardi da spendere sui servizi per l’impiego, il sistema duale il fondo nuove competenze. Mettiamo insieme le migliori esperienze, sono convinto che possiamo determinare una svolta». La prima svolta da fare, come ammette anche Durigon, è però sul fronte delle banche dati e della digitalizzazione: «Non abbiamo un sistema informativo unico e questo è un tema che va risolto. Le agenzie per il lavoro possono fare tanto, ma devono essere messe nelle condizioni di farlo. In Italia lavoriamo a compartimenti stagni e questo, nel 2023, non va bene. Le agenzie per il lavoro hanno una penetrazione molto importante e un tasso di collocazione dei lavoratori che è dieci volte superiore a quello dei centri per l’impiego». A proposito di formazione, l’amministratore delegato di Umana, Giuseppe Venier osserva che «per formazione le agenzie per il lavoro versano il 4%, 13 volte di più delle altre aziende che versano lo 0,30%».
I giovani
Nella sala cinquecentesca della Misericordia che Umana ha riportato agli antichi splendori, per molti anni si è sentito anche il rimbombo delle palle da basket (era qui che giocava la Umana Reyer Venezia) che hanno attirato molte migliaia di giovani. Giovani che, dice Caprioglio, « hanno un linguaggio, sogni e codici nuovi per comunicare che ci sono poco noti. Ne parliamo sempre usando parametri vecchi, dimenticando che siamo in un tempo nuovo. Ciò che ci consente di avvicinarci ai giovani è guardare in avanti. È fondamentale trovare gli strumenti giusti per spiegare ai giovani che valori come la legalità e la libertà sono bussole. Ma servono le domande. Oggi per trovare le risposte basta un click, ma abbiamo la responsabilità di insegnare ai giovani a fare le domande. Per farlo è indispensabile sentire le voci di chi è attore sociale. Bisogna sapere ascoltare. Ascoltare persone diverse, con vissuti diversi. Starà poi a noi fare sintesi. Noi ci occupiamo prima di tutto di comprendere e di rispondere alle esigenze delle imprese».
L’integrazione e le persone al centro
La presidente di Umana ricorda che nel 1998, «in tempi non sospetti, il nostro claim era mettere le persone al centro. Questo tempo nuovo ci porta a cercare soluzioni nuove ma ponendo sempre le persone al centro. Viviamo uno shortage di talenti in parte legato alla demografica, in parte alle competenze. In questo tempo è nostro dovere integrare le persone, dialogare con gli stranieri presenti nel nostro paese - dice Caprioglio -. L’immigrazione legata al lavoro è un tema che sarà centrale. In questo ci proponiamo come protagonisti perché abbiamo la capacità di individuare e creare competenze.Ma abbiamo bisogno che il Governo comprenda il ruolo che può avere in questa partita».
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