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Lavoro, la siccità aumenta le diseguaglianze sociali

Rapporto pubblicato dall’Istituto sindacale europeo (ETUI) avverte che il cambiamento climatico rischia anche di contribuire a esacerbare ulteriormente le già ampie diseguaglianze sociali

di Beda Romano

 Effetti sul mondo del lavoro

2' di lettura

L’ondata di caldo e di siccità che sta colpendo l'Italia e altri paesi europei, anche nel Nord del continente, induce a riflettere sulle conseguenze più evidenti: i danni per l’agricoltura e le ricadute per l’economia, oltre che i disastri naturali. Un recente rapporto pubblicato dall’Istituto sindacale europeo (ETUI) avverte che il cambiamento climatico rischia anche di contribuire a esacerbare ulteriormente le già ampie diseguaglianze sociali.

Parlando giovedì scorso dinanzi al Parlamento europeo, il vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic ha avvertito che l'attuale siccità in Europa potrebbe rivelarsi la peggiore nella storia. «Le statistiche mostrano che dal 2017 si sono verificati incendi boschivi sempre più intensi e soprattutto mai visti prima in Europa. Purtroppo, ci aspettiamo che la stagione degli incendi boschivi possa seguire questa tendenza anche nel 2022».

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In un rapporto appena pubblicato (e intitolato Heatwaves as an Occupational Hazard), Claudia Narocki sostiene che le ripetute ondate di caldo stanno mettendo a rischio «la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori» poiché «il caldo aggrava i problemi associati a un’ampia varietà di malattie cardiovascolari, respiratorie così come altre patologie acute e legate alla riproduzione». In questo senso, «lo stress termico riflette e accentua le ineguaglianze sociali preesistenti».

Quest’ultimo aspetto è quello più interessante. Il caldo è un rischio professionale frequente per i lavoratori manuali, poco qualificati, stagionali, caratterizzati da un reddito basso e da compiti che richiedono uno sforzo fisico, all'aria aperta, magari sotto al sole. «Anche se esistono dei premi salariali per i rischi di esposizione al caldo, la compensazione non è abbastanza significativa da superare le condizioni di disuguaglianza che preesistono nel mercato del lavoro».

Secondo la ricercatrice spagnola, che lavora presso l’Instituto Sindical de Trabajo, Ambiente y Salud di Madrid, il danno colpisce il singolo, ma anche la collettività. Inevitabilmente, l’impatto che le ondate di caldo hanno sui lavoratori più a rischio comporta una riduzione della produttività e della competitività dell’intera economia. Negli anni scorsi, la stessa Commissione europea ha concesso flessibilità di bilancio ai paesi colpiti da disastri naturali pur di venire incontro ai diversi danni economici.

Nel suo rapporto, la signora Narocki considera essenziale che sia la mano pubblica sia i datori di lavoro prendano in conto i danni sociali derivanti dal cambiamento climatico. L'ondata di caldo che colpì l'Europa nel 2003, facendo 70mila morti in 12 paesi, ha indotto la preparazione di piani d'emergenza a livello nazionale. Questi piani, tuttavia, riguardano principalmente la salute pubblica e le popolazioni a rischio, non la classe lavorativa nel suo insieme.

Per quanto riguarda lo Stato, la ricercatrice consiglia di allargare gli esistenti programmi precauzionali al mondo lavorativo nel suo insieme. Quanto alle imprese, la signora Narocki è convinta che debbano individuare i rischi maggiori, adattare le condizioni di lavoro, prevedere soluzioni particolari nel caso vengano superati particolari livelli di temperatura. Oramai a essere colpiti non sono più solo gli operai agricoli o edili, ma anche i giardinieri, i fattorini, e in alcuni casi gli insegnanti.

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