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Le affinità tra educazione e diritto contro le opacità dei sistemi complessi

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di Paolo Bricco

Università e lavoro civile. Docente Ordinario di Diritto dell'Economia presso la Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e Presidente dell'Associazione dei Docenti di Diritto dell'Economia, è anche Membro di numerosi Enti.

6' di lettura

«Esiste un tema di efficienza dell’umanità. Come esiste un tema di disumanità dell’efficienza. Viviamo immersi nei paradossi. E uno di questi è che l’efficienza, proprio nel suo disumanizzarsi, perde efficienza. Questo vale in ogni campo dell’agire umano. Le banche sono state assoggettate a crescenti restrizioni nella loro attività, imposte dall’Europa e dagli standard setter internazionali. I vincoli hanno irrigidito in misura abnorme i criteri di valutazione del merito creditizio, allontanando imprenditori e famiglie dai canali ufficiali di erogazione della liquidità. In tanti sono caduti nelle mani degli usurai. Lo “strozzinaggio” controllato dalle organizzazioni criminali ha ormai il profilo dei colletti bianchi. Questi professionisti sanno già che l’altro non potrà mai restituire il prestito. Mirano a portargli via l’azienda, che viene trasformata in un veicolo per riciclare e auto-riciclare i proventi illeciti. Da cittadina italiana sono realista, perché i deficit strutturali del Paese e la sua mentalità collettiva alimentano questa deriva. Da cattolica adulta, per quanto oggi la chiesa e la comunità dei fedeli vivano una stagione difficile in Italia come in tutto l’Occidente, penso che la rete di prossimità delle parrocchie, delle Acli, della Caritas e della San Vincenzo possa fare tantissimo, in una fase di ascolto, di prevenzione e di collaborazione con le forze dell’ordine, per evitare che in molti caschino nel vuoto».

Antonella Sciarrone Alibrandi è una docente della Università Cattolica di Milano, di cui è stata prima allieva alla facoltà di Giurisprudenza, quindi professoressa (è ordinaria di Diritto dell’economia) e infine prorettrice. Lei e il marito Roberto, avvocato, hanno tre figli: Lucia, consulente dell’innovazione, Pietro, ingegnere matematico, ed Elisa, all’ultimo anno del liceo scientifico. In Cattolica è direttrice dell’Osservatorio sul debito privato («da un Paese di risparmiatori siamo diventanti un Paese di indebitati», dice con amarezza) e fa parte dell’Osservatorio nazionale sull’usura istituito dal ministero dell’Interno («ci sono solo duecento denunce all’anno da parte delle vittime», aggiunge con malinconia).

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L’Hostaria Benito e Gilberto, a Roma, è in Via del Falco, una traversa di Borgo Pio. A fianco del locale si trova un meccanico dove una signora lascia una piccola auto giallo limone da riparare. Proviamo a mangiare fuori, nel dehor sulla strada ampia, quasi ordinata, non invasa dai motorini. Dopo poco un gruppo di operai di cantiere sceglie di entrare nel ristorante, perché il vento si solleva e il cielo all’improvviso si incupisce minacciando pioggia. Ci spostiamo pure noi. Antonella Sciarrone Alibrandi ha una architettura del volto particolare. Se la osservi frontalmente, occhi verso occhi, ha una regolarità perfetta e tranquillizzante. Ma quando lei muove il collo verso destra per prendere il menù dal cameriere, il suo profilo cambia del tutto geometria e diventa tagliente, arcuato, picassiano. L’equilibrio fra queste due apparenti contraddizioni è però preciso e armonico e restituisce la sensazione di una personalità strutturata ma non barocca, libera dalle logiche del potere ma in grado – se necessario – di usarle e di scardinarle, capace con un movimento del collo di trasformare la quiete in tempesta, senza sadismi umani ma con naturalezza quasi biologica.

Dal 2020 è nel board dell’ASIF, l’Autorità di supervisione e di informazione finanziaria del Vaticano, presieduta dall’ex responsabile della vigilanza di Banca d’Italia Carmelo Barbagallo, che vigila sullo Ior e sugli enti economici della Santa Sede. Quattro mesi fa papa Francesco le ha chiesto di diventare sottosegretario del nuovo dicastero per la cultura e l’educazione, di cui è prefetto il cardinale José Tolentino de Mendonça: fra i suoi compiti, la trasformazione in un sistema organico e coerente delle oltre 1.700 università cattoliche del mondo, che oggi sono eterogenee per livelli qualitativi, poco connesse le une con le altre per mobilità di professori e studenti e nell’elaborazione di ricerche comuni, diverse per presenza e incisività nel dibattito culturale.

Antonella come antipasto prende una tartare di salmone. Io, invece, scelgo una frittura di calamari. L’oste rimane stupito quando preferiamo non prendere il suo vino bianco: «Mi piace mangiare e cucinare. Questo pomeriggio devo partecipare via Zoom a un convegno che si svolge in Uruguay. Meglio evitare il vino», sorride Antonella.

Lei è una figlia di Milano. Di una Milano fatta, insieme, dalla gente del Nord e dalla gente del Sud. «Mio padre Vincenzo era di Messina. Mia madre Enrica, che oggi ha 93 anni, è nata a Reggio Calabria. Lui fece i primi due anni di ingegneria a Messina e poi completò il triennio al Politecnico di Torino. Lei era figlia di un ferroviere, Domenico, e di una casalinga, Maria Teresa. La sua era una famiglia particolare. Tre figlie femmine nell’Italia e nel Sud di allora. Mia nonna Maria Teresa volle e ottenne che tutte e tre studiassero: mia mamma e sua sorella Annunziata si laurearono in chimica, la terza sorella Maria in fisica. Una cosa due volte rara: ragazze non destinate a studi umanistici o al matrimonio, ma spinte ad approfondire le materie scientifiche che amavano e a farsi una propria strada. Nel pieno del boom economico, mia mamma e Annunziata presero casa a Milano a Città Studi e iniziarono a lavorare la prima alla Sincat, che poi sarebbe diventata Montedison, e la seconda alla Stazione sperimentale per i combustili, il centro di ricerca pubblico di cui nel tempo sarebbe diventata direttrice. Mio padre è sempre stato un socialista vicino a Riccardo Lombardi. Mia madre una democristiana che ammirava Giulio Andreotti. Io e mia sorella Maria Teresa abbiamo avuto una educazione cattolica. Siamo cresciute nell’oratorio di San Giuseppe Calasanzio, gestito dai Padri Scolopi».

Quella Milano – quella Italia, quell’Europa, quel mondo – era una bomba di energia politica e di violenza. Racconta Sciarrone Alibrandi, mentre iniziamo a mangiare entrambi gli spaghetti alle vongole: «Mi sono diplomata al liceo classico Beccaria nel 1983. Ricordo bene i picchetti e gli scioperi con le catene, gli studenti di sinistra e di destra che si facevano male fisico. Il quartiere di San Siro era residenziale. Esistevano però case popolari con una enclave di immigrati meridionali che poi sarebbero stati sostituiti dagli extracomunitari. San Siro era poco toccato dalla malavita di Francis Turatello e di René Vallanzasca che aveva in mano la città. Ma la criminalità politica era ovunque. Una mia vicina di casa e compagna di classe si chiamava Francesca Marangoni. Qualche volta suo padre Luigi ci accompagnava in macchina al liceo prima di andare al Policnico, dove era direttore sanitario. Il 17 febbraio del 1971 stava salendo dalla rampa del parcheggio di casa. Quattro brigatisti rossi bloccarono l’auto e lo uccisero. Francesca, come me, aveva 16 anni».

La realtà di oggi – questa Italia, quest’Europa, questo mondo – è un condensato di horror vacui da riempire con un eccesso di misure, una ipertrofia di linguaggi, una smodata sovrapposizione di codici. «Oggi i mercati finanziari sono sovra-regolati. Pensiamo all’Unione europea. È vero che sono appena crollate la Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e Credit Suisse in Svizzera, due banche appartenenti a sistemi con flessibilità normative maggiori di quella comunitaria. Ma è altrettanto vero che la sovra-regolazione ha due criticità. La prima è l’effetto domino innescato dalla sequenza dei regolamenti di Basilea 2 e Basilea 3 sulla patrimonializzazione e sulla assunzione dei rischi delle banche, dal trattamento dei non performing loans e dalle cartolarizzazioni, con le imprese sempre meno in grado di attingere al credito e con i debitori, appunto, abbandonati al loro destino. La seconda caratteristica critica è l’elefantiasi organizzativa e la compromissione esasperata dei processi politici e legislativi dell’Unione europea. Dal 2018 l’Unione europea opera sul fintech. Io, come giurista, sono stata coinvolta. Da allora sono arrivate in porto le misure per il crowdfunding e l’emissione di strumenti finanziari tokenizzati sulle blockchain. Non ancora quelle sull’intelligenza artificiale e sulle criptovalute, i due elementi più radicali e destrutturanti del nuovo mondo».

Il pesce, da Benito e Gilberto, è molto buono. «È uno dei pochi posti qui intorno non turistici», osserva Antonella Sciarrone Alibrandi. La quale, di fronte alla crisi della modernità, ha la vocazione a cercare punti di contatto fra le sue attività intellettuali e professionali: il diritto e l’educazione: «È bene che la cultura sia non solo profonda e strutturata, ma fruibile e aperta a tutti. La formazione deve essere anche informale. Le norme vanno limitate per numero, sottratte a una continua mutevolezza e dotate di effettività. I codici non possono essere espansi all’infinito. Sono un’educatrice e una giurista. Trovo più di una analogia fra i miei due campi di attività. La rigidità scambiata per solidità, la formalizzazione sovrabbondante e la costruzione di metalinguaggi validi solo per gli specialisti e non autenticamente destinati a tutti producono inefficienza e opacità, ingiustizia e diseguaglianza. Questo vale nel diritto e vale nell’educazione. Nei sistemi economici e sociali complessi, come per le anime degli uomini e delle donne e nei rapporti fra le persone», dice Antonella mentre beve il caffè con una tranquillità apparente ma piena di altro, che sembra il cielo di Roma di oggi, pronto in questa primavera nuova a fare uscire il sole all’improvviso o a fare rovesciare, con la stessa rapidità, la pioggia.

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