Le aziende del mobile contengono il calo
Nonostante la frenata delle esportazioni nel primo semestre le imprese dell’arredo si attendono una tenuta complessiva dei ricavi a fine anno. Nel confronto con gli altri Paesi Ue il made in Italy ha frenato meno rispetto ai principali competitor, a partire dalla Germania.
di Giovanna Mancini
4' di lettura
Dopo due anni di sbornia e crescita dirompente della domanda, la frenata era inevitabile. Atteso e annunciato dalle stesse imprese, il raffreddamento del mercato è ora arrivato anche per l’industria dell’arredamento. L’effetto inflattivo ha consentito alle aziende di chiudere ancora il primo semestre di quest’anno con una tenuta nei ricavi (-0,1% rispetto ai primi sei mesi del 2022, secondo l’Istat), ma il calo della domanda è ben evidente nel dato sulla produzione, che ha segnato un -5,4%. «C’è sicuramente un effetto rimbalzo, che avevamo previsto dopo due anni davvero straordinari, in cui la nostra filiera ha raggiunto i 56 miliardi di euro di valore alla produzione – osserva il presidente di FederlegnoArredo Claudio Feltrin –. A questo, però, si aggiunge un rallentamento generalizzato della domanda che non riguarda solo il nostro settore, ma tutti i comparti manifatturieri. Inoltre, non è limitato all’Italia ma, ed è questo l’aspetto più preoccupante, è diffuso in tutti i mercati». Anzi: tra gennaio e giugno di quest’anno, le vendite di mobili in Italia hanno registrato ancora un aumento, secondo il Monitor periodico di FederlegnoArredo, pari all’1,3% in valore, mentre le esportazioni sono diminuite del 3,3%, con un picco negativo di -8,9% per il settore illuminazione e l’unica eccezione positiva dei mobili per l’ufficio (+2,9%). «Il mercato interno risente ancora dell’effetto positivo degli incentivi legati alla casa, che ha parzialmente attutito la frenata dei mercati esteri – dice ancora Feltrin –. I timori principali, in questo momento, riguardano la Germania, che come noto sta attraversano una fase economica difficile, perché è il secondo Paese di esportazione per la filiera del legno-arredo nel suo complesso, dunque il calo del 6,5% registrato nei primi sei mesi di quest’anno ha un impatto significativo sulle nostre aziende».
A pesare è anche la fase “riflessiva” degli Stati Uniti, altro mercato strategico per le imprese del mobile, che infatti nell’ultimo anno hanno avviato importanti investimenti in questo Paese poiché, nonostante sia un mercato maturo, ha registrato negli ultimi anni crescite da mercato emergente, a doppia cifra, fino a superare nel 2021 la Germania nella classifica degli importatori di mobili italiani, piazzandosi al secondo posto. Non si contano infatti le aperture di negozi monomarca e flagship store nelle città più importanti non solo della East e West Coast, ma anche degli Stati interni. Una strategia che resta sicuramente valida, ma che deve fare i conti con il calo del 13,6% rilevato (per l’intera filiera) nel primo semestre. «C’è un tema congiunturale di rallentamento dell’economia statunitense – osserva Feltrin –, ma è probabile che questa debolezza della domanda proseguirà anche nel 2024, perché tradizionalmente l’anno delle elezioni presidenziali segna una frenata nei consumi».
E poi c’è la promessa mancata della Cina, che stenta a riprendersi dopo lo shock della pandemia. Intendiamoci: si tratta comunque del settimo mercato di sbocco per i prodotti italiani dell’arredamento, con 578 milioni di euro di esportazioni raggiunti nel 2022 (contro i 503 del 2029). Tuttavia, nei primi sei mesi di quest’anno le vendite verso Pechino per la filiera sono crollate del 18,6% e per i prossimi mesi domina l’incertezza: «È in atto una svolta politica che sembra andare verso una chiusura del Paese e questo preoccupa molte imprese, che avevano pianificato investimenti e fatto programmi di sviluppo che ora devono forse rivedere – dice ancora il presidente Fla –. Per anni abbiamo scommesso sulla Cina come nuovo Eldorado pensando che, nel giro del prossimo quinquennio, sarebbe arrivata al quarto o quinto posto nella classifica dell’export italiano di mobili. In questo momento è difficile crederlo, ma lo scenario è in continuo mutamento». La guerra in Ucraina, l’inflazione e la politica monetaria restrittiva perseguita da Bce e Fed, le tensioni tra Stati Uniti e Cina e ora anche il riacutizzarsi del conflitto tra Israele e Palestina, con la conseguente destabilizzazione di tutta quell’area: fare previsioni sarebbe solo un azzardo in questa fase. Nell’ultimo Monitor di FederlegnoArredo, che fotografa la situazione a giugno, le aziende dichiarano di attendersi una chiusura d’anno in calo del 3,3% per quanto riguarda la filiera, mentre le imprese dell’arredamento si attendono una sostanziale tenuta dei fatturati (+0,2%), sostenuta dal mercato italiano (+1,3%) che compenserebbe la flessione all’estero (-0,7%). «Mi attendo tuttavia un’ulteriore revisione al ribasso di questo dato a settembre», dice Feltrin, che preferisce invece non sbilanciarsi sulle previsioni per il 2024.
C’è però un altro numero interessante che, anche in un quadro negativo come quello attuale, sembra confermare la solidità e la competitività dell’industria italiana del legno-arredo: nel confronto con le esportazioni degli altri Paesi dell’Unione europea, l’Italia riesce a contenere i danni rispetto ai principali competitor. La Germania, primo esportatore europeo di mobili con un valore dei ricavi all’estero di 15,8 miliardi di euro, ha perso nel primo semestre il 6,7% rispetto allo stesso periodo del 2022. La Polonia (al secondo posto con 12,2 miliardi), ha registrato un calo del 4,9%. L’Italia, terza in classifica con 10,6 miliardi, ha limitato la flessione al -4,2%: un risultato decisamente superiore alla media europea, sebbene negativo. I Paesi Bassi hanno perso l’11,7% in valore, la Svezia addirittura il 20,6%. Meglio hanno fatto solo la Francia (-3%) e la Spagna (+1%), che sono tuttavia al nono e decimo posto nella classifica con, rispettivamente, 4,6 e 4,3 miliardi di euro di export.
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