’ndrangheta

Le carte dell’inchiesta su Cesa: un «comitato d’affari» per veicolare gli appalti

L'inchiesta “Basso profilo” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, al comando del procuratore capo Nicola Gratteri: un “comitato d'affari” teneva uniti imprenditori, politici, amministratori pubblici e forze dell'ordine “deviate”. Un “connubbio diabolico” legato a doppio filo alla ‘ndrangheta

Colpo alla 'ndrangheta: 50 arresti, indagato Lorenzo Cesa

2' di lettura

Un “comitato d'affari” che teneva uniti imprenditori, politici, amministratori pubblici e forze dell’ordine “deviate”. Un “connubbio diabolico” legato a doppio filo alla ‘ndrangheta, a presunti interessi elettorali dell’Udc e anche al tentativo di arrivare alle ricche commesse di aziende italiane strategiche, come Enel ed Eni, citate nelle intercettazioni.

Il comitato d’affari

È quanto svela l'inchiesta “Basso profilo” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, al comando del procuratore capo Nicola Gratteri. Sono 48 gli arresti e 81 gli indagati, parte dei quali legati alla cosca Grande Aracri. Un capitolo ad hoc è dedicato al business criminale, tanto che negli atti il gip definisce la cerchia di politici e imprenditori come un «comitato d'affari».

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Il ruolo di Cesa

Tra gli indagati figurano Lorenzo Cesa, dimissionario segretario nazionale dell’Udc, e Francesco Talarico, segretario calabrese dell’Udc, assessore regionale ed ex presidente del Consiglio regionale. Secondo le indagini in concorso con altri «si associavano tra loro al fine di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare tra l'altro turbative d'asta, corruzione e abuso di ufficio».

I rapporti politici

L’inchiesta ruota attorno a un imprenditore, Antonio Gallo, alias “il principino”. Un imprenditore «molto eclettico e un filo spregiudicato» - come lo definisce il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri - che intrattiene rapporti con cosche, politici ed esponenti infedeli delle forze dell’ordine al solo scopo di allargare i propri interessi nel settore della sicurezza sul lavoro. Interessi che, secondo l’accusa, vedevano in Cesa uno strumento per allargare il proprio giro di conoscenze e, magari, sbarcare in Albania per rifornire strutture pubbliche dei propri prodotti.

Gallo, infatti, «utilizzando società e imprese esistenti, impegnate nel settore della fornitura di materiali per l’antinfortunistica, aprendo una filiale in Albania, nonché impegnate nel settore delle pulizie, avvalendosi dell’appoggio di personaggi politici di rilievo regionale (Talarico Francesco, segretario regionale dell'Udc) e nazionale (Cesa Lorenzo, all'epoca europarlamentare dell'Udc)» avrebbe tentato di diventare leader nel settore. I due politici - è l’ipotesi – «avrebbero assicurato di intercedere con pubblici ufficiali in servizio presso enti ovvero con amministratori di società inhouse a livello nazionale».

La cena del 7 luglio 2017

Agli atti dell'inchiesta ci sono i risultati del servizio di osservazione che ha confermato l'incontro avuto da Gallo, insieme a Talarico, con Cesa in un ristorante romano il 7 luglio 2017. Non ci sono, invece, intercettazioni, perché Cesa, all’epoca, era europarlamentare. Cesa, dal canto suo, si dice certo di poter chiarire la sua posizione. «Da una prima lettura sommaria degli atti - spiega - prendo atto del mio coinvolgimento in una limitata vicenda cristallizzata ad una partecipazione ad un pranzo di lavoro organizzato a Roma da Talarico, nel 2017, unitamente ai suoi commensali di cui non ricordo neanche il nome». Cesa, manifestando l'intento di farsi sentire al più presto dai magistrati, si dice quindi «sereno di fronte alle evidenze documentali».


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