ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’assemblea di Assofond

Le fonderie arginano la crisi ma resta il nodo-energia

Volumi e vendite in lieve crescita nel 2023. Zanardi (Assofond): «Fase difficile, competitività a rischio senza proroga dei sostegni sull’energia».

di Luca Orlando

3' di lettura

In piedi, nonostante tutto. Difficile, dopo la pandemia, prevedere per il settore delle fonderie italiane un contesto più complesso rispetto a quello che si è concretizzato, tra impennata dei prezzi dell’energia e più in generale delle materie prime. Il settore ha tuttavia saputo resistere agli shock, trovando nei primi tre mesi dell’anno anche un recupero dei volumi. Comparto ampio, quello delle fonderie italiane, un migliaio di aziende che danno lavoro a 24mila addetti, per 7,4 miliardi di ricavi. Livello 2022 raggiunto grazie alla crescita dei prezzi, con ricavi lievitati del 21% nonostante un calo del 3,5% nelle tonnellate prodotte, poco meno di 1,9 milioni.

Esito inevitabile alla luce delle chiusure temporanee dello scorso anno, quando molte aziende del comparto sono state costrette a sospendere l'attività per i costi energetici insostenibili.

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In termini di tenuta complessiva tuttavia i risultati sono stati migliori rispetto a quanto si poteva immaginare nel pieno della crisi e anche il primo trimestre 2023 ha visto performance positive sia in termini di produzione che di ricavi, rispettivamente in progresso del +3,3% e del 7,7% rispetto allo stesso periodo del 2022.

«Le nostre aziende - ha spiegato il presidente di Assofond Fabio Zanardi, in occasione dell'assemblea annuale dell'associazione - sono riuscite ad affrontare efficacemente un anno imprevedibile. Un aiuto fondamentale, in particolare per quanto riguarda la gestione della crisi energetica, è arrivato dal lavoro di Assofond e delle altre associazioni che rappresentano i settori energivori, che sono riuscite a ottenere misure emergenziali importanti come il credito d'imposta per l'acquisto di energia elettrica e gas, che ha sostenuto le forze produttive e che ha permesso di contenere i danni. Altrettanto ha fatto il mercato, grazie a una domanda rimasta tonica per tutto l'anno, nonostante il necessario adeguamento al rialzo dei listini, inevitabile per non trovarsi a lavorare in perdita».

Effetto prezzi che ha portato i ricavi di settore a 7,5 miliardi, con un’impennata del 32,6% per le fonderie di metalli ferrosi e del +15,9% per le altre.

«Ritocchi necessari – sottolinea Zanardi – per difendere i margini dal considerevole aumento dei costi di produzione, che nei momenti più difficili dello scorso anno hanno raggiunto livelli impensabili. Un contesto, peraltro, che oggi è solo in parte migliore, dato che i costi energetici si stanno assestando su prezzi comunque sensibilmente più elevati di quelli cui eravamo abituati prima del 2022, mentre i materiali ausiliari subiscono ancora l'onda lunga inflattiva iniziata in questo caso già nel 2021».

Prezzi dell’energia che nel corso della crisi hanno evidenziato ancora una volta il divario a nostro sfavore rispetto ai nostri principali concorrenti, gettando ombre sul futuro. «Non abbiamo ancora notizie rispetto alle proroghe per il terzo trimestre 2023 delle misure eccezionali varate dal governo lo scorso anno. Continuando a pagare un differenziale elevato rispetto ai costi spot dell'energia elettrica in mercati concorrenti come Germania, Francia e Spagna, se queste misure dovessero esaurirsi avremmo un ulteriore ostacolo alla nostra competitività».

Tema da presidiare con attenzione alla luce del trend dell’ultimo periodo, perché al di là del calo 2021, in termini produttivi la frenata è in parte strutturale. Nel 2018 il sistema aveva prodotto 2,1 milioni di tonnellate, ora sono quasi 250mila in meno, una riduzione vicina al 12%.

Il settore continua intanto a confrontarsi sui temi della sostenibilità, impiegando in media il 21% degli investimenti per ridurre l'impatto ambientale, ben oltre la media della manifattura. Così, per le fonderie con forni elettrici la percentuale di rottami utilizzata è passata in 16 anni dal 60% al 74% mentre in parallelo sono calate del 72% le emissioni di polveri in atmosfera e la produzione di rifiuti per tonnellate di getti prodotti (-30% dal 2000 al 2019).

L'utilizzo di sistemi sempre più efficienti, infine, ha permesso di ottenere importanti riduzioni anche nei consumi di acqua: il 95% delle acque prelevate, utilizzate per il raffreddamento degli impianti produttivi, è infatti riciclata all'interno di circuiti di recupero

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