Le foto di Mario Giacomelli ispirate ai versi di Costabile
Al Mabos apre la mostra permanente dedicata al celebre fotografo
di Donata Marrazzo
2' di lettura
Sentire l’urlo, la prostrazione, il vuoto dell’abbandono, la voce interiore della memoria antica. Le fotografie di Mario Giacomelli, esposte al Mabos, Museo d’arte del bosco della Sila, a Sorbo San Basile, in provincia di Catanzaro, diventano trascrizione poetica, frammenti di una narrazione che segmentano e condensano le storie introverse degli ultimi. Come i versi di Franco Costabile, poeta di Sambiase (Lamezia Terme), che insieme agli scatti di Giacomelli costruiscono un itinerario poetico – senza aggiunte né sovrastrutture - dentro luoghi e comunità di un entroterra arcaico e inesplorato.
Mario Giacomelli al Mabos
La rabbia de “Il canto nei nuovi emigranti”, pubblicato da Costabile con la raccolta “La Rosa nel bicchiere” – premio Frascati nel ‘64 - incontra la luce delle foto di Giacomelli – il bianco abbagliante, il nero denso - scattate in Calabria negli anni ‘80. E tutto sta in una immobilità perenne, come racconta l’esposizione permanente “Camera Oscura. Mario Giacomelli e il canto dei nuovi migranti”, realizzata in collaborazione con la Fondazione-Archivio Mario Giacomelli.
Fotografie e versi nel bosco
Nel bosco della Sila, a metà del percorso museale che si snoda tra alberi secolari, residenze per artisti e opere d’arte contemporanea, una baita chiusa racchiude scatti e versi in un dialogo serrato, parole e immagini si scontrano o si accompagnano nell’allestimento curato dalla nipote del fotografo Katiuscia Biondi Giacomelli. È stato / sempre silenzio. /Silenzio / duro / della Sila / delle sue nevicate a lutto. / È stato / il pane a credenza / portato / sotto lo scialle / all’altezza del cuore: mentre si legge Costabile, si scorge l’immagine diuna donna minuta, anziana, con il grembiule legato sui fianchi, che di spalle sale le scale. E muri di pietra, volti scarni, mani nodose di gente comune sopraffatta dalla fatica quotidiana: «Che fa parte di un qualcosa di eterno», spiegava Giacomelli, scomparso a Senigallia nel 2000.
«Una concreta e potente umiltà»
L’idea della mostra è partita dal fondatore del Mabos Mario Talarico, da sempre interessato alla fotografia di Mario Giacomelli, e sviluppata dalla direttrice del museo Elisabetta Longo che posa sapientemente il suo sguardo critico su ogni espressione dell’arte contemporanea e sulla poesia: «I due artisti usano linguaggi diversi ma affrontano lo stesso tema con la stessa sensibilità. Giacomelli restituisce nelle sue immagini la poesia, Costabile rende visibili i suoi versi. La forza e l'attualità di questo progetto sta tutta in questo sodalizio tra il linguaggio poetico e quello fotografico che inquadrano e restituiscono fino a eternare una Calabria che non si lascia intrappolare nella sua immagine più superficiale. Qui, da questa “Camera Oscura”, riverbera un grido, un sentimento, un modo di essere al mondo». Che è quello di «una concreta e potente umiltà», nelle parole della curatrice Katiuscia Biondi Giacomelli. Lì dove «sembra tutto fermo, tutto morto, invece, c’è vita»: così raccontava Mario Giacomelli al suo rientro dalla Calabria, dove il fotografo marchigiano, celebrato anche al Moma di New York, riscopriva, ispirato dai versi di Franco Costabile, la sostanza del mondo contadino e le proprie radici.
Al vernissage il reading di Laura Chiellino
Al vernissage, gli interventi di Caterina Martino, docente di Teoria e pratica della fotografia all’Unical, dei fotografi Mario Cresci e Massimo Mastrolillo, il reading dell’attrice Laura Chiellino, il concerto del cantautore calabrese Carmine Torchia, le incursioni performative di “Scenari Visibili-Tip Teatro”
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