Le imprese del legno: salvaguardare le coltivazioni di pioppi lungo il Po
Dopo le critiche sollevate da imprese e istituzioni, Aipo ferma il progetto di rinaturazione dell’area del Po, che prevede l’esproprio dei pioppeti e la revoca delle concessioni. FederlegnoArredo: «Integrare la pioppicoltura nella nuova stesura del progetto»
di Giovanna Mancini
I punti chiave
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Nelle scorse settimane diverse categorie produttive, tra cui FederlegnoArredo, hanno espresso timori e critiche per l’impatto del piano «Rinaturazione dell’area del Po» finanziato dal Pnrr con 357 milioni di euro , in particolare per quanto riguarda la revoca delle concessioni a pioppicoltura lungo il fiume l’esproprio delle aree a pioppeto, dal Piemonte al Veneto, che avrebbero effetti dannosi sull’economia del territorio interessato, sulla stessa pioppicoltura e, di conseguenza, su tutta la filiera produttiva del legno-arredo.
Motivo per cui la federazione – così come gli altri soggetti interessati, compresa Regione Lombardia e altre istituzioni pubbliche che avevano segnalato le criticità del progetto, accoglie ora con soddisfazione la decisione di Aipo (Agenzia Interregionale per il fiume Po) di non attuare, almeno per il momento, il progetto così come era stato formulato.
Il pioppo rappresenta un’eccellenza agricola e industriale, ampiamente riconosciuta anche a livello internazionale, e fornisce il 50% del legname tondo da industria prodotto in Italia. «Come Federazione ci siamo tempestivamente attivati attraverso i canali più adeguati, perché il piano precedentemente individuato avrebbe avuto un impatto almeno del 12% sul totale della pioppicoltura della pianura Padana, e proprio nel momento in cui è stata dichiarata dal governo l’intenzione di creare una filiera italiana 100% nazionale del legno-arredo – dice Paolo Fantoni, vicepresidente di FederlegnoArredo _. Auspichiamo ora una revisione del progetto che metta al centro il pioppo come risorsa preziosa e sostenibile, salvaguardando i 28mila ettari agricoli a rischio. Siamo fiduciosi che il ministero dell’Ambiente possa trovare una soluzione condivisa che soddisfi, oltre alle esigenze ambientali, anche quelle socioeconomiche».
La pioppicoltura ha nella sostenibilità ambientale il suo principio guida, dalla coltivazione certificata secondo gli standard forestali PEFC e FSC alla trasformazione in compensato e imballaggi in legno, evitando ogni spreco.
«Rappresenta una filiera a kilometro zero, attenta e rispettosa dell’impatto ambientale, fino al prodotto finito che consente di stoccare carbonio per molti anni, evitandone il rilascio in atmosfera», aggiunge Fantoni. All’elemento economico si coniuga la tutela ambientale che la coltivazione di pioppi garantisce per le sue caratteristiche fito-depurative e contro il dissesto idrogeologico: non va dimenticato che la piantagione di pioppo è tra i sistemi agro-forestali più efficaci per l’assorbimento di gas serra».
Il rischio di revoca delle concessioni e di esproprio per quasi 7mila ettari di pioppeti coltivati lungo il fiume Po sembra dunque per il momento scongiurato, ma la questione rimane sul tavolo dei ministeri del’Ambiente e dell’Agricoltura, che nelle prossime settimane dovranno cercare una soluzione condivisa che consenta di non rinunciare al progetto, per il quale sono stati stanziati 357 milioni di euro del Pnrr, e al tempo stesso di non danneggiare i settori economici interessati, dai coltivatori di pioppi alle imprese che ne trasformano il legno, in particolare i produttori di compensato e di imballaggi.
«Oltre a colpire una filiera industriale, questo progetto vanificherebbe gli sforzi fatti, anche con risorse pubbliche, per migliorare la qualità dei nostri pioppi e la sostenibilità dei metodi di coltivazione», osserva Nicoletta Azzi, vice-presidente del Cluster nazionale foresta-legno. Gli obiettivi del progetto, ovvero la tutela dell’ambiente e la messa in sicurezza degli argini del fiume, sono condivisibili ma, spiega Fantoni, «è stato messo a punto senza un confronto con le categorie interessate e prevede misure che sarebbero dannose non solo per l’economia, ma anche per l’obiettivo stesso del progetto, dato che proprio la presenza di aree a pioppeto, curate e gestite, garantisce un presidio del territorio contro i rischi idrogeologici».
Senza contare che il progetto rappresenta una contraddizione con le misure recentemente adottate dal governo per sostenere e rilanciare una filiera nazionale del legno, al fine di ridurre la storica dipendenza dall’estero dell’Italia che, nonostante abbia la più importante industria europea della trasformazione del legno, importa l’80% della materia prima. Tra le possibili alternative al legname acquistato all’estero, proprio la coltivazione dei pioppi è stata ritenuta strategica. «In un colpo solo perderemmo il lavoro fatto, colpendo una superficie coltivata che ha un valore annuo di circa 180 milioni di euro», spiega Nicoletta Azzi.
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