ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’impatto dei tassi sulle Pmi

Le istituzioni Ue possono scongiurare la stretta creditizia

La prima parte dell’anno ci restituisce un quadro incoraggiante dell’economia italiana. I principali previsori guardano positivamente al nostro Paese e quasi tutti hanno rivisto al rialzo le stime per il 2023.

di Dario Scannapieco

(Reuters)

3' di lettura

La prima parte dell’anno ci restituisce un quadro incoraggiante dell’economia italiana. I principali previsori guardano positivamente al nostro Paese e quasi tutti hanno rivisto al rialzo le stime per il 2023. Tale ottimismo è giustificato dagli effetti attesi dal Pnrr, da un settore del turismo molto dinamico con prospettive positive per la stagione estiva, dall’export sempre protagonista. Rimane l’incognita inflazione, che, sebbene lontana ormai dai picchi di fine 2022, è persistente in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, con un percorso che si prevede ancora lungo per arrivare a un’inversione di rotta dei tassi.

Nei prossimi mesi, l’inasprimento delle condizioni monetarie potrebbe essere esacerbato dalle scadenze di giugno delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine da parte della Bce verso i sistemi bancari nazionali in tutta Europa, che obbligheranno le banche detentrici di questa liquidità e senza eccesso di riserve a dismettere parte degli attivi più liquidi o a ricorrere a prestiti ordinari dalla Bce, con impatti negativi su redditività e condizioni creditizie.

Loading...

Nel nostro Paese, la minore disponibilità di risorse a buon mercato dalla Bce si associa alla riduzione nel livello dei depositi del settore privato, che molte banche stanno sperimentando per effetto della perdita di potere di acquisto delle famiglie e del ricorso all’autofinanziamento delle imprese. Conseguenza di tutto ciò è l’inasprirsi delle condizioni del credito, con le imprese che ormai prendono a prestito a tassi superiori al 4%, rispetto all’1,4% di un anno fa.

In questo contesto, è lecito chiedersi se non ci sia un rischio di credit crunch, una condizione nella quale le imprese non riescono a ottenere prestiti a condizioni competitive. E poiché è un contesto che accomuna l’Italia a molti Paesi europei, una possibile risposta consiste nel puntare su schemi di garanzia europei, che riducano il rischio per il sistema bancario e permettano alle banche di continuare a prestare alle imprese.

Oggi la Banca europea degli investimenti gestisce alcuni schemi di garanzia, ma l’ammontare emesso nel 2022 è molto modesto rispetto, ad esempio, al 2021, quando andava scongiurata una nuova recessione dopo l’invasione dell’Ucraina ed erano disponibili iniziative, come lo European guarantee fund, create in risposta alla crisi pandemica. Peraltro, il nuovo schema di garanzie del programma InvestEu ha un budget abbastanza esiguo per le garanzie di portafoglio, che meglio si adatterebbero alle banche commerciali e alle esigenze delle piccole e medie imprese.

Le disponibilità sono limitate anche se si guarda a strumenti destinati a sostenere iniziative a forte addizionalità, dove il rischio per il creditore è più elevato, perché il finanziamento è finalizzato a una trasformazione che renda l’azienda più competitiva, green e digitale.

In questa ottica, il ruolo degli Istituti nazionali di promozione è determinante per sostenere l’accesso al credito delle imprese, sia direttamente che attraverso il potenziamento di strumenti agevolativi pubblici. Su questo fronte, Cassa Depositi e Prestiti è tra i soggetti che in Europa hanno fatto il maggior ricorso alle facility di garanzia della Commissione europea, attraendo fino a oggi fondi Ue per oltre 1,2 miliardi di euro a beneficio dell’economia nazionale. Un risultato possibile grazie a una costante collaborazione con Commissione e Gruppo Bei.

Buona parte delle risorse disponibili sono state impiegate da Cdp a favore del principale strumento pubblico di condivisione del rischio, ovvero il Fondo di garanzia per le Pmi, che offre una garanzia dello Stato alle imprese che altrimenti avrebbero difficoltà ad accedere al credito bancario.

Dal 2017 ad oggi, Cdp ha rilasciato in favore del Fondo Pmi garanzie per circa 16,5 miliardi, supportando l’erogazione di 26 miliardi di nuovi finanziamenti bancari in favore di quasi 170 mila Pmi italiane. Un intervento analogo, che prevede il supporto di Cdp al Fondo Pmi, è in fase di strutturazione nel nuovo programma InvestEu.

Si è fatto molto, ma potrebbe non essere abbastanza se si delineasse un contesto non favorevole al credito alle imprese.

Il rischio per la seconda parte del 2023 è di trovarci con molte piccole imprese con difficoltà di accesso al credito e con medie aziende che puntano a investimenti in innovazione, considerati mediamente più rischiosi dalle banche, ma che non riescono a trovare risorse a condizioni gestibili.

Le istituzioni europee però hanno gli strumenti e l’esperienza maturata nelle precedenti crisi per mitigare tale rischio ed evitare che il 2024 possa rivelarsi più duro del previsto.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti