Le leve dell’export agroalimentare? Sono nelle “mani” delle giudici sensoriali
di Camilla Rocca
3' di lettura
Il giudice sensoriale è donna. Sensory Value, con oltre 8.000 prodotti testati e 35.000 interviste sostenute, prima agenzia sensoriale al mondo specializzata nel food&beverage, da un campione di 100 persone ha selezionato 10 donne.
Con una formazione di circa un anno e mezzo, Sensory Value ha assunto le dieci migliori come dipendenti interne all'azienda e attraverso una metologia innovativa di analisi quantitative, qualitative e sensoriali ha sviluppato il metodo SensoConsumer. Sensory Value è una sorte di consulente di ricerca&sviluppo e conseguentemente di marketing della aziende interessate ad approcciare la GDO estera. “ Il paracadute delle aziende che vogliono immettersi nei nuovi mercati” scherza la dottoressa Eleonora Albanese, Direttore Commerciale Italia di Sensory Value.
Ma è proprio così: questo innovativo approccio di analisi dei prodotti permette alle grandi aziende del Made in Italy di prevedere le reazioni e la risposta d'acquisto dei prodotti all'estero. “Idealmente ogni mercato risponderebbe pienamente con un prodotto pensato ad hoc per lo stesso, con una campagna di penetrazione e marketing dedicata” racconta Eleonora Albanese. “Si tratta di analizzare i prodotti già disponibili di una data azienda e selezionare quelli che riscontrano i gusti e i consumi locali, in modo da attuare una campagna vincente. Si tratta di un'opportunità, un modo di massimizzare l'investimento senza snaturare i prodotti Made in Italy”.
Un esempio: “Nei mercati arabi perfomano meglio i prodotti dai gusti fruttati e le nostre donne/giudici sensoriali testano i prodotti riproducendo anche le condizioni climatiche e immedesimandosi nella cultura locale. Ogni valutazione viene poi analizzata attraverso software statistici per verificarne l'affidabilità e calcolarne le differenze che si riscontrano rispetto ai singoli attributi. Il Parmigiano Reggiano è usato maggiormente già grattuggiato piuttosto che in pezzi in Medio Oriente, il gusto degli asiatici è totalmente diverso da quello degli americani, ogni mercato è a se stante. Il segreto di tante aziende che operano a livello internazionale è stato quello di produrre una ricetta, ad esempio quella della Coca Cola, differenziandola per paesi e usando materie prime locali, oltre che per ammortizzare i costi, anche per trovare un riscontro pieno con i gusti della popolazione”. Cosa fare per evitare il flop? “Capita raramente ma talvolta possiamo sconsigliare a un'azienda di aprirsi a un particolare mercato quando il prodotto non viene gradito o viene associato a un'immagine totalmente diversa da quella che vuole comunicare. È il caso di una bevanda gassata per la Spagna: non piaceva il gusto troppo zuccherino”.
Le “barriere” di qualità del Made in Italy
Certo ogni paese non presenta un campione uniforme e per questo Sensory Value divide la popolazioni in macrosettori a cui vengono assegnati valori percentuali. Un esempio sull'Italia: la popolazione attiva negli acquisti si distingue per una preferenza citrica dei gusti, quindi potrebbe essere rischioso lanciare un prodotto tendenzialmente dolce senza valutare la percentuale di persone e l'età che predilige questo gusto. E aziende che vogliano importare i loro prodotti in Italia? “Molto difficile. Non solo a livello legislativo ma l'Italia è uno dei paesi con un livello qualitativo tra i più alti del mondo e quindi richieste di questo tipo sono pressochè inesistenti. Principalmente sono i grandi prodotti del Made in Italy che sono interessati ad esportare il loro know how e la loro unicità all'estero” puntualizza Albanese. Alle donne giudici sensoriali le chiavi del nostro export futuro dell'agroalimentare.
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