Le «magnifiche sette» alla guida degli atenei: scossa al gender gap
di Eugenio Bruno e Valentina Maglione
4' di lettura
L’università italiana riparte dalle “magnifiche sette”. Tante sono le le rettrici già in carica (alla Sapienza di Roma, a Venezia, alla Bicocca di Milano, al Sant’Anna di Pisa e ad Aosta) o in attesa di insediarsi (a Padova e Firenze). Se non è un record per l’Italia poco ci manca. Tanto più che cominciano ad avere un volto femminile anche i maxi atenei. A dispetto del gender gap che caratterizza il mondo accademico. Sebbene le studentesse siano il 55,8% del totale, le laureate il 56,9% e le dottorande il 51,1% le donne diventano il 49,8% delle assegniste di ricerca, il 46,9% delle ricercatrici, il 39,9% delle docenti associate e il 24,8% di quelle ordinarie. Va da sé che passare da 5 a 7 volti femminili su 87 istituzioni universitarie “fisiche” è un segnale importante. A maggior ragione se consideriamo che tutte insieme rappresentano il 17% dell’intera popolazione studentesca. Una quota che potrebbe crescere a otto se Dolores Finocchiaro dovesse spuntarla su Giovanni Molari nel ballottaggio di domani e dopodomani all’Alma Mater di Bologna.
Rettrici già in carica
Il primo segnale dell’inversione di tendenza in atto risale al 13 novembre 2020 quando alla Sapienza di Roma, il più grande ateneo d’Europa, è stata eletta Antonella Polimeni. Appena pochi giorni fa - spiega al Sole 24Ore del Lunedì - ha presentato le linee di attività a cui sta lavorando: «Dall’implementazione dei fondi della ricerca di ateneo al potenziamento di orientamento, tutorato, e placement e dei servizi di counseling psicologico; dalla messa a sistema delle attività di terza missione, all’imponente piano di valorizzazione degli spazi dedicati a didattica, ricerca e alle attività complementari per l’intera comunità universitaria (spazi verdi, centro sportivo) nonché del vasto patrimonio architettonico e culturale di Sapienza e di sostegno al diritto allo studio (residenze universitarie e borse di studio). Viste dal suo osservatorio le «recentissime elezioni di altre rettrici fanno ben sperare nell’affermazione di uno stile di leadership che valorizzi sempre di più ascolto attivo, partecipazione e condivisione».
Anche per Sabina Nuti, rettrice dal 2019 della Scuola Sant’Anna di Pisa (carica in passato ricoperta dall’ex ministra dell’Istruzione e ora presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza), «la situazione sta virando verso un maggiore equilibrio di genere e molto passa attraverso il mentoring e l’esempio. La nostra scuola organizza a settembre un percorso residenziale di orientamento alle lauree Stem per studentesse liceali. Ma il lavoro va fatto in entrambi i sensi: ci sono facoltà, come Psicologia o Scienze della formazione, sbilanciate sulle donne».
Meno ottimista è Giovanna Iannantuoni che dal 2019 si è insediata a Milano Bicocca, sostituendo l’attuale ministra dell’Università, Cristina Messa. Sette rettrici per lei sono «ancora poche. In una società dove gli uomini progettano per tutti - sottolinea - non c’è possibilità per le donne di avere uguali soddisfazioni e diritti. È quindi importante fare squadra, senza forme di disuguaglianza di genere». Specialmente se si vuole «favorire la presenza femminile nelle lauree Stem, potenziare i servizi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (a prescindere dal genere), mettere le donne nella condizione di non dover più scegliere tra lavoro e famiglia». E non è un caso che sin dal suo insediamento stia lavorando in Bicocca su «flessibilità dell’orario e flessibilità della doppia modalità di lavoro, in presenza o in smart working da remoto. In maniera tale da favorire, per tutti, sostenibilità e qualità del lavoro».
A dare un’occasione di incontro in presenza alle rettrici italiane è Tiziana Lippiello, eletta a settembre 2020 al vertice della Ca’ Foscari di Venezia: «Con il nostro centro “Lei”, nato per favorire la’occupabilità e la leadership delle donne, stiamo organizzando per l’autunno un evento a cui inviteremo le rettrici. L’obiettivo è mettere in luce le esperienze di successo per ridurre il divario di genere».
Per Mariagrazia Monaci, rettrice dell’Università di Aosta, «una maggiore presenza femminile nelle posizioni gestionali degli atenei, enti formativi per eccellenza e con un forte ruolo culturale e di sviluppo dei territori dove si collocano - evidenzia - potrebbe servire nel diffondere una maggiore consapevolezza delle persistenti disuguaglianze di genere e dei possibili interventi per ridurle».
Magnifiche neoelette
La pattuglia di rettrici è cresciuta di due unità nell’ultimo mese. Prima a Firenze, dove Alessandra Petrucci si prepara a mettere in pratica un programma che punta molto sul coinvolgimento del territorio e della società civile: «Nel tempo l’università si è staccata dal contesto - osserva - mentre ritengo essenziale che recuperi il suo ruolo per creare i cittadini del futuro. Occorre ricucire le divisioni. Avere ai vertici le donne, che sono abituate a concertare, potrebbe agevolare questo processo. Ma in prospettiva mi piacerebbe che non si facesse più caso alle differenze di genere».
Ancora più notizia ha fatto l’elezione di Daniela Mapelli a Padova. Il perchè lo racconta lei stessa: «In 800 anni non solo non c’era mai stata una rettrice ma neanche una donna candidata». Ciò significa, aggiunge, che «i tempi cambiano ma per far sì che cambino realmente le donne devono mettersi in gioco per incarichi di leadership. Dobbiamo fare squadra e farci avanti», dice. Annunciando, nel suo piccolo, la stessa attenzione sulle tre missioni che fanno capo agli atenei («Didattica, ricerca e terza missione») in nome di una presa di carico comune del «Piano nazionale di ripresa e resilienza che scommette moltissimo sull’università quando parla di ricerca e innovazione».
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