Le materie prime critiche: Europa e Italia tra nodi da sciogliere e prospettive future
di Valerio Francola, Alessandro Liscai e Gordon A. Mensah*
6' di lettura
Le materie prime critiche (MPC), classificate dalla Commissione Europea in base alla rilevanza economica ed ai rischi di approvvigionamento che le connotano, assumono grande importanza per l'apporto che possono dare alle due “transizioni gemelle”: digitale e verde.
Le MPC sono alla base delle tecnologie impiegate nei settori delle energie rinnovabili, della mobilità sostenibile, dell'elettronica di consumo, della sanità, della siderurgia, della difesa, dell'esplorazione spaziale e dell'aviazione. In particolare, litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono fondamentali per le batterie dei computer portatili e dei telefoni cellulari. Inoltre, le terre rare (TR) - definite da Ursula vor der Leyen nel discorso sullo State of the Union 2022 come “presto più importanti del petrolio e del gas” - sono essenziali per le turbine eoliche, i motori elettrici, gli elettrodomestici e diversi prodotti hi-tech (smartphone e monitor, in particolare). Da ultimo, le MPC sono fortemente impiegate nella produzione di pannelli fotovoltaici e di attrezzature militari (laser e radar), ed è noto che le reti elettriche (e di telecomunicazioni) necessitano di un’enorme quantità di rame e alluminio.
Le due transizioni comportano un crescente fabbisogno di MPC per raggiungere gli obiettivi che l'Unione europea si è data: il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, il pacchetto climatico Fit for 55, in primo luogo, ma anche interventi specifici settoriali, quali il Chips Act.
Questi programmi vanno inquadrati con riferimento alle situazioni di crisi di approvvigionamento – attuali ed ancora più prospettiche – dell'Unione Europea (UE) in molti settori. Ad esempio, entro il 2050, nelle energie rinnovabili e della mobilità elettrica, l'UE avrebbe bisogno di una quantità fino a 60 volte superiore di litio e 15 volte maggiore di cobalto, rispetto ai livelli attuali. La domanda di terre rare potrebbe aumentare di dieci volte entro lo stesso periodo di tempo secondo uno studio del 2020 della Commissione Europea.
Oltre alla crescita della domanda di MPC, va segnalata anche la contrazione dell'offerta: l'Europa è l'unica area al mondo ad aver registrato una diminuzione del 33% nella produzione dal 2000 al 2020, come riportato dall'ultimo rapporto del World Mining Data. Di conseguenza, le economie europee sono divenute fortemente dipendenti dalle importazioni, in alcuni casi da quelle provenienti da un solo paese (spesso la Cina).
Il carattere strategico delle MPC deriva anche dalle tensioni che stanno attraversando lo scenario internazionale, con conflitti in corso ed altri potenziali, e dai conseguenti rischi di interruzione degli approvvigionamenti.
Per far fronte a questa situazione, nel marzo scorso, la Commissione Europea ha presentato lo European Critical Raw Materials Act, il primo piano strategico europeo in materia, con l'obiettivo di assicurare ai Paesi Membri un approvvigionamento sicuro, diversificato, conveniente e sostenibile, con mutuo beneficio dei Paesi europei ed extra-europei.
Il Piano pone target ambiziosi: almeno il 10% delle materie prime critiche consumate nell'UE dovrà essere estratto da miniere europee; almeno il 40% delle materie prime critiche consumate nell'UE dovrà essere lavorato (raffinato) in Europa; almeno il 15% delle materie prime critiche consumate nell'UE dovrà arrivare da attività di recupero e riciclo. Inoltre, entro il 2030, non oltre il 65% del consumo annuale in UE di ciascuna materia prima strategica (lungo tutte le fasi del processo di lavorazione) dovrà provenire da un singolo Paese terzo.
Al fine di conseguire questi traguardi, la Commissione Europea delinea una serie di interventi intermedi e una riorganizzazione degli strumenti di governance, grazie ai quali intende avviare iniziative di investimento snellite nei processi di natura procedurale e diffuse sull'intera filiera.
In prospettiva, una valida misura alternativa per rafforzare la catena di approvvigionamento delle materie prime critiche riguarda l'estrazione dai fondali oceanici (deep sea mining). Anche il riciclo rappresenta un'area di cruciale importanza, per mitigare il rischio di fornitura. Ad oggi, il tasso di riciclo (a fine vita dei beni) europeo è molto basso, come testimoniato da un recente position paper di The European House – Ambrosetti, specialmente per alcuni materiali chiave come le terre rare (dove non raggiunge l'1%), ostacolando lo sviluppo di tecnologie future. Ciò è dovuto a una varietà di motivi, tra cui la carente valutazione delle scorte, la mancanza di sistemi di raccolta efficienti, problematiche di natura legale-amministrativa e la complessità del trattamento dei prodotti finiti negli impianti di riciclo, il cui costo di costruzione e mantenimento è spesso estremamente elevato. Si stima che l'ammontare di introiti generati dall'attività di riciclo nazionale sarebbe sestuplicata (dagli attuali 10 milioni di euro si arriverebbe fino a 60 milioni di euro) se venissero edificati ulteriori impianti di riciclo adeguati al trattamento dei materiali.
Lo European Critical Raw Materials Act prevede inoltre il monitoraggio delle catene di approvvigionamento di materie prime critiche e il coordinamento delle scorte di materie prime strategiche tra gli Stati Membri. Ne deriva la necessità di un'azione di coordinamento tra Commissione Europea e Stati Membri. Alcuni paesi europei (ad esempio Francia e Germania) si sono già preparate a questa nuova fase, stanziando ingenti risorse pubbliche tramite l'introduzione di incentivi e l'istituzione di fondi ad hoc, nonché individuando un'agenzia nazionale competente.
A questo punto, alcune riflessioni in relazione all'Italia, a cominciare dalle peculiari esigenze di approvvigionamento del nostro Paese. Il nostro Paese è il secondo, dopo la Germania, per valore aggiunto generato da MPC, con 564 miliardi di euro, pari al 32% del PIL nazionale, ed è tra le prime tre economie per fabbisogno di rame, manganese e silicio metallico. Al tempo stesso, un significativo gruppo di elementi (molibdeno, cromo e caolino), tra le principali materie prime importate dall'Italia, non rientrano tra le MPC individuate dalla Commissione Europea.
Cosa fare per ridurre la dipendenza del nostro paese dalle MPC e dalle TR importate? Sicuramente, bisognerà declinare le indicazioni identificate dall'Unione Europea.
Ciò significa, intanto, rilanciare e rafforzare le attività nazionali di estrazione mineraria. A tal fine, è propedeutico predisporre una carta mineraria ufficiale che classifichi i giacimenti di interesse economico sul suolo nazionale, individuare i siti che appaiono più promettenti per l'attività mineraria e attivare il rilascio di permessi di ricerca operativa.
La strategia di politica industriale per le MPC deve rispondere alle criticità interne (elevati costi di estrazione e raffinazione che limita il numero di operatori, incompletezza delle informazioni sulle riserve, tempi estremamente lunghi per le valutazioni di impatto ambientale) e ricostruire le necessarie competenze e professionalità, trascurate nel tempo, a seguito della scelta di puntare esclusivamente sulle importazioni.
La ripresa della produzione nazionale, ossia dell'attività estrattiva, deve contare sia sull'intervento pubblico che sugli investimenti privati, con l'adozione di tecniche innovative (ad esempio, il biomining o l'idrometallurgia). Importanti sono poi il recupero di materie prime da prodotti tecnologici (ad esempio, mediante l'urban mining) e da rifiuti estrattivi, il settore del riciclo (a partire dall'ecodesign dei prodotti, in grado di allungarne la vita e garantirne un disassemblaggio semplice capace di favorire una maggiore facilità di riciclo) e la realizzazione di nuovi impianti in grado di far fronte al quantitativo crescente di tecnologie low-carbon che raggiungeranno il loro fine vita nei prossimi anni.
Il complesso di iniziative delineate richiede una adeguata governance. Agli attori già in campo (ISPRA, ENEA, enti territoriali, realtà ambientaliste, etc.) potrebbero aggiungersene altri (CDP), con un ruolo di coordinamento finanziario, raccolta dati, monitoraggio, analisi di scenario e consolidamento delle partnerships internazionali. Potrà inoltre essere opportuno valutare anche il rafforzamento, amministrativo e finanziario, del Tavolo Tecnico Materie Prime Critiche, istituito sotto il governo Draghi nel settembre 2022 e reso operativo da parte del governo Meloni a partire da febbraio 2023.
A questo riguardo, il Governo in carica – oltre ad avviare importanti interlocuzioni con altri partner comunitari (Francia e Germania) - ha avanzato proposte per destinare parte delle risorse inutilizzate del PNRR al rafforzamento delle filiere dell’approvvigionamento delle materie prime necessarie al raggiungimento degli obiettivi energetici e di sostenibilità ambientale. Altri hanno proposto l'istituzione di un fondo sovrano italiano, che favorisca investimenti privati strategici per rafforzare le filiere produttive del Made in Italy sin dalla fase dell'approvvigionamento di materie prime e fornisca una precisa specializzazione d'indirizzo.
Il dibattito è quindi avviato, ed alcune proposte sono state avanzate: bisogna tuttavia accelerare la definizione di una strategia industriale nazionale per le MPC, in linea con la strategia e con gli (sfidanti) obiettivi indicati dalla Commissione Europea.
* ricercatori Astrid
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