Le Officine di Reggio diventano un hub dell’innovazione
di Natascia Ronchetti
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È un pezzo fondamentale della storia manifatturiera dell’intero Paese. E oggi candida Reggio Emilia a diventare la Silicon Valley dell’Emilia Romagna. Per le storiche Officine Meccaniche reggiane – nate nel 1901, dismesse dal 2008 – si apre un nuova fase, quella di hub della ricerca e dell’innovazione al servizio della crescita del sistema economico della città emiliana. Nell’area di 150mila metri dove la storica fabbrica arrivò ad essere nel 1942, con 12 mila dipendenti, la quarta più importante in Italia - dopo Fiat, Ansaldo e Breda - , si è completata la riqualificazione del capannone 18, che adesso ospita laboratori di ricerca, uffici, cinque aziende ad alto contenuto innovativo (ma ne sono previste sette) e circa 300 persone tra ricercatori e tecnici. Un altro step – con una operazione da 15 milioni di euro – per la realizzazione del Parco dell’Innovazione, che già comprende il Tecnopolo di Reggio Emilia e la sede di Reggio Children. E, contemporaneamente, un esempio riuscito di partnership tra pubblico e privato; tra le aziende che hanno scommesso sull’opera di riqualificazione e Comune, Regione, ministeri allo Sviluppo economico e alle Infrastrutture.
Un’alleanza che ha saputo sviluppare un investimento totale di 50 milioni, con un metodo che per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia «deve essere un metodo Paese, riportando al centro la questione industriale e l’innovazione. In questo luogo c’è tutto. C’è la collaborazione ma c’è anche l’idea di una industria del futuro che è ad alto valore aggiunto». L’area industriale - dove nel tempo, a partire dagli inizi del secolo scorso, si sono prodotti materiali rotabili ma anche aerei da caccia, impianti per zuccherifici, gru portuali - avrebbe potuto diventare una bomba sociale, come ha ricordato il sindaco reggiano Luca Vecchi. Invece, dieci anni fa, l’idea: trasformarlo in un hub strategico per competere sul mercato globale. «Sull’area delle ex Officine Reggiane si gioca una posta rilevante del riposizionamento competitivo dell’intero sistema territoriale», conferma il presidente degli industriali della provincia emiliana Fabio Storchi. Riposizionamento che farà leva anche su un «campus specializzato nelle discipline digitali – prosegue Storchi - a completamento delle sedi universitarie».
A tirare le fila dell’intera operazione è Stu - Reggiane Spa, la società per la trasformazione urbana controllata dal Comune (che detiene il 70% delle quote) e da Iren Rinnovabili, del gruppo Iren (30%). Prima la bonifica dell’intera area, a ridosso del centro storico della città. Poi la rigenerazione urbana. «Abbiamo realizzato il 30% dell’intervento complessivo - ricorda l’ad di Stu – Reggiane, Luca Torri – con trenta milioni di risorse pubbliche e le altre provenienti dai privati». Uno degli investimenti più rilevanti nella storia di Reggio Emilia a partire dal Dopoguerra.
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