il g7 in francia

Le onde anomale che i grandi della terra devono affrontare

Sul tappeto disuguaglianze, guerra dei dazi, Iran, Hong Kong e Brexit. E su tutto incombe la minaccia di una nuova recessione

di Gianmarco Ottaviano

(Afp)

4' di lettura

Il G7 conclude la gloriosa estate di Biarritz cominciata con i campionati del mondo di surf, una metafora irresistibile dal momento che di onde gigantesche anche il presidente francese Macron e i suoi illustri ospiti ne devono affrontare parecchie.

La prima onda è la più grande, ma anche la più cercata. Si tratta infatti della sfida che il G7 (che, nel complesso, raggruppa economie che rappresentano circa il 60% della ricchezza netta del mondo, il 40% della sua produzione e il 10% della sua popolazione) si è dato per quest'anno: la battaglia contro la disuguaglianza nel mondo. Su questo argomento a Biarritz i leader concluderanno domani i lavori preparatori dei loro “sherpa”, che negli ultimi mesi si sono incessantemente incontrati con gruppi di lavoro formati da esperti e rappresentanti della società civile.

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Come spiegato nelle pagine dedicate all'evento di Biarritz sul sito dell'Eliseo, il punto di partenza di questo G7 era la constatazione che nel mondo di oggi permane una disuguaglianza intollerabile non solo in termini di reddito, ma anche di accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria e persino all'acqua potabile. Una disuguaglianza che in molti paesi è ancora più penalizzante per le donne. Al di là della sofferenza individuale, la disuguaglianza rende lo status quo insostenibile e alimenta legittimamente molte delle proteste sociali e politiche che stanno destabilizzando importanti regioni del Pianeta.

L'obiettivo della presidenza francese del G7 era quello di fornire soluzioni tangibili, effettive e innovative ai 783 milioni di presone che vivono sotto la soglia di povertà, ai 265 milioni di bambini che adesso non hanno accesso alla scuola, agli ulteriori 620 milioni di bambini che avranno bisogno di istruzione entro il 2030 (444 milioni nella sola Africa), ai 200 milioni di donne che non hanno accesso ad una maternità programmata, al miliardo e passa di donne che non sono protette dalla legge qualora siano vittime di violenza domestica, ai 100 milioni di persone che entro il 2030 si troveranno in situazione di estrema povertà se non si faranno progressi nella lotta al cambiamento climatico, ai 690 milioni di bambini che vivono nelle regioni più esposte alle conseguenze di questo cambiamento in termini di alluvioni, siccità, aumento del livello del mare e scarsità di risorse, alle aspirazioni di più di due miliardi di giovani tra i 10 e i 24 anni, 90% dei quali vivono nei paesi in via di sviluppo. L'ambizioso obiettivo della presidenza francese rimane di andare oltre il tradizionale “comunicato finale” (che si vorrebbe evitare anche per non dare a Donald Trump l'opportunità di dissociarsi) e cominciare ad affrontare concretamente il problema della disuguaglianza per dare sostanza nei fatti all'Articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti».

Questo è, niente di più e niente di meno, quanto il presidente Macron vorrebbe ottenere nel dopo Biarritz.

Tuttavia, imparare a cavalcare un'onda di queste dimensioni in un paio di giorni è purtroppo assai difficile. Anche perché ci sono almeno altre quattro onde anomale da affrontare in un'ottica di assoluta emergenza.

La seconda onda e la prima anomala è la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, che non potrà che produrre nuove tensioni nei mesi a venire man mano che Donald Trump si addentrerà nell'ultimo anno di campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane del Novembre 2020. Non è da escludere che anche l'Unione Europea finirà per esserne ulteriormente coinvolta.

La stessa dinamica rende particolarmente preoccupante la terza onda e cioè la crisi dell'accordo sul nucleare con l'Iran, sostenuto dagli europei, ma avversato dagli americani. La recente vicenda della petroliera iraniana, bloccata a Gibilterra e poi rilasciata dal Regno Unito nonostante l'opposizione di Washington, potrebbe essere l'inizio di schermaglie più accese in un momento in cui Stati Uniti e Russia hanno gettato alle ortiche il loro accordo di non proliferazione delle armi atomiche mentre India e Pakistan brandiscono i loro arsenali nucleari.

La quarta onda è la più imprevedibile: la protesta ad Hong Kong, rispetto alla quale i leader dei G7 stanno cercando freneticamente di capire come porsi. In questo caso il G7 si trova di fronte ad un vero e proprio incubo diplomatico. Hong Kong appartiene alla Cina, ma gode di uno statuto amministrativo “speciale” in virtù del suo passato non troppo lontano di colonia britannica e, soprattutto, di centro finanziario e logistico di rilevanza globale. Non si conoscono le intenzioni del presidente cinese Xi Jinping, ma i paesi del G7 sentono di non poter urtare le sensibilità territoriali cinesi: una “normalizzazione” della Regione Amministrativa Speciale potrebbe avere conseguenze negative imponderabili non solo per l'economia del Sud-est asiatico.

La quinta ed ultima onda è quella della Brexit, per la quale oggi l'esito più probabile sembra essere un'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea senza uno straccio d'accordo (“no deal”). Il che concretamente non vuol dire altro che caos generalizzato, per le imprese, per le famiglie e per i rapporti economici tra quattro dei sette paesi del G7.

Il timore diffuso è che Biarritz possa offrire al nuovo primo ministro britannico Boris Johnson un'occasione di visibilità planetaria per atteggiarsi a “piccolo Donald”. Tutto quello che ha fatto Johnson finora è infatti stato ad uso e consumo delle beghe interne del Regno Unito. Le sue dichiarazioni prima della partenza da Londra e l'enfasi data all'incontro bilaterale con Trump in terra francese suggeriscono che al G7 Johnson seguirà lo stesso spartito, cercando in particolare di scaricare la colpa del “no deal” sull'Unione Europea, nonostante sia stata Londra a decidere di andarsene, a fissare le scadenze e a darsi linee negoziali incompatibili tra loro. Per non parlare, dell'irresistibile tentazione che “big Donald” avrà di intromettersi ancor di più nella questione, in un momento in cui l'attuale leadership dell'Unione Europea è in scadenza e, tra i suoi stati membri del G7, soltanto la Francia ha una guida politica forte.

Nelle dichiarazioni conclusive del G7 si parlerà per forza e giustamente anche di disuguaglianza (e quindi anche di ecologia e deforestazione in Brasile), ma a Biarritz con ogni probabilità l'attenzione si concentrerà altrove, sulle onde anomale ritenute foriere di un'imminente recessione globale, se non di peggio.

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