ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùUna priorità istituzionale

Le periferie metropolitane e il disagio degli adolescenti

Le città metropolitane si distinguono in negativo anche rispetto alla scuola, dove la percentuale di edifici scolastici senza certificato di agibilità raggiunge il 70%, ma dove anche la presenza di uno spazio collettivo, mensa, palestra, aule tecniche o informatiche risulta inferiore alla media del Paese, già segnata da pesanti carenze

di Daniela Fatarella

(terra.incognita - stock.adobe.com)

4' di lettura

Sembra esistere un confine immaginario tra le opportunità di crescita e l’impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà. Una linea irreale, che crea però una crepa sempre più vera. Le periferie italiane, oggi, sono diventate questo: non più semplicemente luoghi lontani dal centro, ma aree dove le diseguaglianze proliferano e creano distanze sociali ancora più significative di quelle geografiche. Ma è proprio in queste periferie sociali che vivono milioni di bambini e ragazzi in Italia. Eppure, pur essendo diventate di fatto le vere città dei più piccoli, spesso non offrono spazi, stimoli e opportunità adeguati alla loro crescita, alimentando invece isolamento e marginalità. Nel nostro lavoro in questi contesti, ci troviamo spesso a dialogare con ragazze e ragazzi pieni di risorse e talento, che si sentono traditi dagli adulti. Perché degrado e deprivazione sembrano l’unica risposta di cui siamo capaci nei confronti dei loro bisogni. E oltre alle loro voci, sono i dati a confermarci l’ampiezza di questa crepa sociale. Perché se è vero che con il crollo della natalità in Italia ci sono sempre meno bimbi, i 10 milioni e 493 mila bambini e adolescenti tra 0 e 19 anni che vivono nel nostro Paese fanno i conti con una evidente disparità nell’accesso agli spazi abitativi, scolastici e pubblici adeguati al loro sviluppo e al loro benessere educativo, fisico e socio-emozionale. Disuguaglianze profonde tra giovani che crescono in regioni diverse o semplicemente in diversi quartieri di una grande città. Tra gli 0-19enni che vivono in Italia, ben 3 milioni e 785 mila, quasi 2 su 5, si concentrano infatti nelle 14 città metropolitane, costituite dal Comune principale e dal suo hinterland, dove, in media, vive anche il 13,7% dei contribuenti con reddito inferiore ai 15 mila euro annui. Una percentuale che supera il 50% a Reggio Calabria, Catania, Palermo e Messina, ma è molto elevata anche a Roma (38,8%) e Venezia (36,9 per cento). In queste città, le aree urbane caratterizzate da una maggiore privazione socioeconomica sono spesso anche quelle con meno spazi adeguati alla crescita dei minori. Se consideriamo, ad esempio, le condizioni abitative inadeguate, osserviamo che queste riguardano un numero significativo di minori in tutto il Paese, dove 2 su 5 vivono in un’abitazione sovraffollata. Ma tra i quasi 13 mila minori che sono senza casa o fissa dimora, 2 su 3 si concentrano nelle città metropolitane, dove si registra anche il 45% di tutti i provvedimenti di sfratto.

Le città metropolitane si distinguono in negativo anche rispetto alla scuola, dove la percentuale di edifici scolastici senza certificato di agibilità raggiunge il 70% (62,8% la media in Italia), ma dove anche la presenza di uno spazio collettivo, mensa, palestra, aule tecniche o informatiche risulta inferiore alla media del Paese, già segnata da pesanti carenze. Anche gli spazi di verde pubblico fruibile dove trascorrere tempo all’aria aperta risultano in media inferiori nelle grandi città, con 16 metri quadrati a disposizione di ogni bambino, contro i 19,5 della media nazionale. Inoltre per il 30,7% delle famiglie la carenza di mezzi pubblici è un limite concreto nella possibilità di raggiungere altri quartieri. Tutti questi dati, riportati nel rapporto appena uscito di Save the Children “Fare spazio alla crescita”, fotografano un Paese dove purtroppo il maggior numero di bambini cresce nelle aree più povere di servizi essenziali. È assurdo pensare ai tanti immobili, spazi pubblici, beni sottratti alle mafie che restano inutilizzati e in condizioni di degrado, quando potrebbero diventare risorse preziose. La questione delle periferie è una delle priorità che deve essere affrontata dalle istituzioni, insieme al terzo settore e al privato: la cronaca ci mostra come sempre di più luoghi abbandonati possono diventare territori dove la criminalità e la violenza prendono il sopravvento.

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Eppure ogni giorno, lavorando sui territori più vulnerabili, siamo testimoni di un grande impegno da parte di scuole, organizzazioni ed enti territoriali e degli stessi ragazzi e ragazze che collaborano proprio per far rinascere i loro quartieri. È necessario un impegno corale per invertire la rotta, una “Agenda Urbana per i bambini” che rimetta al centro delle scelte delle città i bambini, le bambine e gli adolescenti, con le loro esigenze e i loro diritti, purtroppo oggi troppo spesso ignorati. Ed è da loro, dai più giovani, che dobbiamo ripartire, rendendoli protagonisti della trasformazione e dell’innovazione dei quartieri in cui vivono: ogni giorno questi ragazzi si trovano di fronte a quella linea immaginaria che segna la distanza tra un presente incerto in cui i loro diritti sono quotidianamente negati e un futuro che vedono solo oltre quella linea, fuori dal loro quartiere. Una crepa che è uno strappo sociale, che va risaldata. In Giappone c’è una tradizione antica, quella del Kintsugi: quando un oggetto si rompe, lo si ripara con l’oro, poiché si è convinti che un «vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto già non lo fosse in origine». Oggi il nostro impegno deve essere quello di risanare quelle crepe, quella linea immaginaria, valorizzandola, investendo sui talenti e sulle passioni di questi ragazzi, dando loro la possibilità di vivere laddove sono nati e cresciuti, facendoli sentire vivi.

Direttrice Generale Save the Children in Italia

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