Le piattaforme digitali corrono tra salute, educazione e assistenza
Secondo un progetto guidato dall’Università Cattolica sono appena 26 le piattaforme di welfare aziendali che erogano almeno un servizio di cura
di Alessia Maccaferri
I punti chiave
3' di lettura
Con la sua capacità di abilitare i servizi, di creare comunità e di incrociare domande e offerta, l'economia delle piattaforme aveva creato alte aspettative. Ma non basta disegnarne una per essere efficaci, soprattutto quando si vogliono abilitare servizi complessi, quali sono quelli di cura. Come mostrano i primi risultati il progetto di ricerca WePlat – Welfare Systems in the Age of Platforms, realizzato da Università Cattolica, Università di Padova, Collaboriamo e Consorzio Cgm.
Il progetto, ancora in corso, ha individuato piattaforme di welfare che erogano servizi di cura in tre ambiti, educazione, assistenza socio-sanitaria, salute (fisica e psicologica). Su 127 piattaforme 55 sono nel settore salute, 8 nell'educazione e cura dell'infanzia, 6 nell'assistenza sociosanitaria e 58 trasversali ad almeno due di questi ambiti. Complessivamente, il 75% offre servizi nell'ambito della salute, il 51% nell'educazione e cura dell'infanzia e 50% nell'assistenza sociosanitaria.
Ma l'elemento più interessante arriva dalla tipologia sulla base delle logiche di accesso e della componente costitutiva. Ebbene su 127 piattaforme 73 sono le piattaforme di welfare digitale, 28 di welfare territoriale e 26 di welfare aziendale.
Welfare digitale: 73 piattaforme
Il gruppo più numeroso riguarda le piattaforme di welfare digitale, che erogano servizi ad accesso diretto sia dal lato dei clienti che dal lato dei fornitori di servizi. Si tratta per lo più di start up e comunque imprese specializzate per un servizio specifico e native digitali. Alcune hanno avuto exploit veloci come UnoBravo, che offre psicoterapia online. O Badacare, che sopperisce alla crescente richiesta di assistenti familiari. Quest’ultima delinea una possibile traiettoria: l’anno scorso è entrata nel capitale sociale Jointly, piattaforma di welfare aziendale che gestisce importanti brand come Eni, Enel, Fastweb, Trenord, Unicredit. La partnership è anche industriale e Badacare fornisce a Jointly il suo servizio specifico.
Welfare territoriale
Con numeri decisamente minori si affacciano sul mercato le piattaforme di welfare territoriale, promosse da amministrazioni pubbliche e da realtà del terzo settore. Si tratta di 28 piattaforme con un forte radicamento territoriale e con forme di accesso misto (diretto e indiretto). La maggior parte di queste realtà fanno parte di Welfare X, la piattaforma del Consorzio Cgm che offre servizi in oltre 20 province italiane, ognuna con una propria piattaforma. Il welfare territoriale pare però avere ancora ampie potenzialità da esprimere: «La letteratura sul platform cooperativism è solita evidenziare il potenziale delle piattaforme che nascono con l’obiettivo di contrastare le derive del modello estrattivo di piattaforma. Al contrario, le piattaforme analizzate sono prevalentemente esito di processi di digitalizzazione di realtà preesistenti come le cooperative che afferiscono alle piattaforme territoriali» si legge nel report.
Pochi servizi di cura nel welfare aziendale
Infine le piattaforme di welfare aziendale, che erogano servizi di welfare ad accesso indiretto, sia dal lato dei beneficiari – i dipendenti delle aziende aderenti – che dal lato dei fornitori, i quali vengono selezionati dalla piattaforma. «Abbiamo incluso solo quelle piattaforme che erogano almeno un servizio in uno dei tre settori considerati, educazione, assistenza e salute - spiega Ivana Pais, docente di Sociologia economica all’Università Cattolica di Milano - Ne abbiamo individuate appena 26. E anche tra queste il servizio di cura non è il core business. Piuttosto, sono concentrate nell’erogazione dei buoni Amazon e carburante». Queste 26 sono appena un quarto delle 104 provider di welfare aziendale individuate da Altis (che includono invece un core business diverso, per esempio le piattaforme assicurative, gli emettitori di benefit o buoni pasto, le società di consulenza). «A questo punto ci si potrebbe chiedere: come si possono utilizzare le piattaforme nel welfare aziendale, per servizi che finora non vi sono transitati?». Il che, peraltro, avrebbe un senso rispetto alla direzione degli incentivi pubblici al settore del welfare aziendale.
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