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Le Pmi in Borsa al test della tenuta: focus sul calo di ordini e margini

Le mid e small cap italiane nell'ultimo mese hanno sovraperformato il Ftse Mib. La sfida ora è continuare a generare ricavi mantenendo la redditività

di Matteo Meneghello

Mercato dei capitali, leva di crescita fondamentale per le pmi

3' di lettura

Il 2023 si annuncia come uno spartiacque per valutare la capacità di tenuta dei conti delle mid&small cap italiane. Dopo un 2022 ricco di sorprese positive legate anche a fattori straordinari, l’anno in corso, non a caso definito da molti player come un esercizio di transizione, si profila come un banco di prova in grado di consegnare alcuni verdetti, soprattutto sulla capacità di generazione di marginalità e di mantenimento dei volumi di molte realtà industriali quotate. Intanto, però, l'onda lunga della crisi delle banche americane e di Credit Suisse sembra solo lambire le Pmi italiane, che nell’ultimo mese hanno perso meno valore in Borsa sia rispetto alle large cap sia rispetto ai principali titoli europei appartenenti allo stesso segmento.

“Il 2023 sarà l’anno delle small cap americane”

Dopo un anno in cui si sono rincorsi timori di varia natura legati al deterioramento dello scenario macroeconomico, la reporting season 2022, appena terminata, ha consegnato un'immagine di apparente solidità delle mid&small cap italiane. Ma l’equilibrio rischia già di spezzarsi. L'effetto legato alle variabili relative «a benefici fiscali, sconti in fattura e crediti per energia che hanno gonfiato la performance dell’anno, verosimilmente terminerà nel 2023 - ragiona Antonio Amendola, portfolio manager di AcomeA sgr -, con ricadute sulla top line e una crescita più contenuta. A guidare il fatturato saranno principalmente le componenti di prezzo e mix di offerta, a discapito della crescita dei volumi». Nonostante gli ottimi risultati dell’ultimo trimestre dell'anno scorso, nei primi mesi dell'anno «molti titoli industriali vedono un calo dei nuovi ordini e della domanda».

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Guidance più strutturata

Gestione del circolante e delle scorte, enfasi sul mix di prodotto sono le parole d’ordine per governare l’operatività, ora messa in discussione dai primi segnali di rallentamento della domanda legata all’aumento dell’inflazione. Anche per questa ragione, sono molte le società che hanno preferito aspettare i conti del primo trimestre per fornire una guidance più strutturata sull'anno in corso. D’altra parte, prosegue Amendola, «gli shortage e i costi delle materie prime stanno rientrando, ma non diminuendo; i listini sono già stati aumentati dall’anno passato e il ribaltamento dei costi diventa sempre più difficile per alcuni business». Per questa ragione «ci si attende una pressione al ribasso sui margini». Altro elemento di attenzione è considerata la generazione di cassa, «impattata dalla necessità di incrementare il magazzino per fare fronte agli shortage di componenti - conclude il gestore -, ma che in uno scenario di calo di domanda potrebbe avere un effetto inflattivo».

Confronto europeo positivo

Il mercato non sta però, come detto, scontando il rallentamento atteso. E questo nonostante la tempesta che ha investito i listini nelle ultime settimane. I prezzi al 17 marzo del mercato azionario italiano, come conferma l’analisi di Intermonte, hanno perso il 7,9 per cento nell’ultimo mese, ma sono ancora in rialzo del 5,6% su base annua. L’indice Ftse Italy Mid-Cap in particolare ha sovraperformato l’indice principale dell’1,1% nell’ultimo mese (-6,9%), mentre l’Ftse Italy Small Caps ha registrato una performance migliore del 5,2% rispetto al mercato (-2,7 per cento); entrambi scontano però ancora un gap rispetto ai valori di inizio anno. Le Pmi italiane vincono inoltre il confronto a livello europeo: l’indice Msci Europe Small Caps è sceso del 7,4 per cento nell’ultimo mese, sottoperformando leggermente le mid-cap italiane.

Rotazione di portafoglio

«Nelle ultime settimane - spiega Andrea Randone, head of mid-small cap di Intermonte - si è verificata una preoccupante crisi di liquidità che si è propagata rapidamente da una serie di banche regionali statunitensi fino al salvataggio forzato di Credit Suisse. I chiari segnali di un rallentamento macro dovrebbero portare a una svolta nelle politiche delle Banche Centrali, con una conseguente rotazione di portafoglio verso titoli come le utilities e i titoli growth, meno ciclici. In Italia, la maggior parte dei nomi di quest’ultima categoria appartiene al segmento a media capitalizzazione, che ci auguriamo possa riconquistare l’attenzione degli investitori».

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