ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAlta moda a Parigi /2

Le rose (e le critiche) di Giorgio Armani, Chanel interpreta il bisogno di sicurezza

Lo stilista risponde con un misurato glamour agli eccessi di spettacolarizzazione delle sfilate di Parigi. Da Chanel molte narrazioni che non si incontrano. Il “french touch” di Alexandre Vauthier

di Angelo Flaccavento

Armani Privé AI 23-24

2' di lettura

«Poche delle cose che sto vedendo a Parigi in questi giorni mi paiono degne di essere definite haute couture», dice Giorgio Armani, pungente e sferzante come sempre. Suo bersaglio sono certamente l'ingente ed evidente spettacolarizzazione, giunta ormai alle battute finali e quindi logora, esausta - ugualmente consunto e risibile è il freak show di influencer e pseudo clienti altamente visibili ma forse poco spendenti - ma soprattutto il diffuso bisogno di realismo che si traduce, se non in normalità, nel suo equivalente da passerella, che è una sorta di prêt-à-porter elevato.

Armani Privé, la collezione AI 23-24

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Fin qui la stagione parigina appare in effetti concreta, rassicurante, e per questo a tratti noiosa. La risposta di Armani è una fioritura di rose rosse e laccate, e una nuova insistenza sul glamour, sorprendente da queste parti anche se ammantata di esotismo come da copione, che accompagna la usuale teoria di tailleur pantaloni e asciuttezze in una versione particolarmente scintillante e serica. Armani sembra proprio legare la sua idea di couture a questo continuo brillare, abbagliare: una luce forte, che a tratti si fa soverchia e sintetica, nascondendo la purezza delle linee.

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Chanel, la collezione haute couture per l’AI 23-24

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Da Chanel, Veronique Viard rinuncia all'artificio e sfila en plein air, su una riva lungo la Senna, con vista sulla Tour Eiffel e finti chioschetti di cartoline e memorabilia da cui gli ospiti possono cogliere a piene mani. Il cliché parigino incornicia una collezione che accelera in molte direzioni, dalla madame all'hippie chic, senza coagulare da nessuna parte, e che nel tentare una strada più fresca e giovane appare invece claudicante e retriva - il passo pesante sul selciato e i mezzi tacchi certo non aiutano. La mano di Viard è ora greve, ora inapparente, anche se i capi hanno un che di possibile e vero, in linea con il generale bisogno di sicurezza.

È a suo modo rassicurante anche Alexandre Vauthier. La sua idea affilata e seduttiva di French touch, in bilico sempre tra tailoring irremissibile e flou bombardone, ha il potere di rigenerarsi ogni stagione, sempre uguale e sempre diversa, che poi è una metafora appropriata per definire i cicli della moda, che a questo giro certamente annoia, ma magari, già domani, no. E via andare.

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