CONTRAFFAZIONE

Le rotte dei falsi: dalla «fabbrica» Cina agli hub alle porte della Ue

di Laura Cavestri

ANSA

4' di lettura

Da dove partono la falsa borsa griffata, lo smartphone “fake”, la scarpa che online costa 30 euro e in boutique 300. E come arrivano sulle spiagge, sulle bancarelle, e sempre più attraverso un pacchetto lasciato sullo zerbino e consegnato da un fattorino?
A tracciare la mappatura delle rotte commerciali internazionali dei prodotti contraffatti nel mondo è il nuovo report – presentato oggi dall’Ocse, dall’Euipo (L’Agenzia Ue per la tutela della proprietà Intellettuale) ed Europol – dal titolo Mapping the real route of trade in fake goods.

La piaga in numeri
Una piaga che la stessa Ocse aveva quantificato appena un anno fa: contraffazione e pirateria – insieme – hanno un giro d’affari che sfiora i 500 miliardi di dollari l’anno e l’Italia è il secondo Paese più colpito al mondo, dopo gli Usa e davanti alla Francia. I beni contraffatti corrispondono, infatti, al 2,5% dei beni totali importati a livello globale. Ma nella sola Unione europea la quota sull’import totale sale sino al 5 per cento. E se i marchi più contraffatti – si pensi a tutta l’elettronica – sono, nel 20% dei casi (cioè 1 su 5), Usa, l’Italia segue con il 15% (quasi uno su 6) . Un secondo posto ben poco lusinghiero considerando che la nostra economia è ben più “tascabile”. Dietro di noi, sempre secondo l’Ocse, Francia e Svizzera (12%) e Germania e Giappone (8 per cento).

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I Paesi di partenza
Secondo il nuovo studio Ocse-Euipo-Europol – che ha analizzato anche “il viaggo” dei prodotti contraffatti per comparti – in 9 settori su 10 si parte dalla Cina. Lo sviluppo della «via della seta» e il corrispondente aumento dell’uso del trasporto ferroviario e marittimo tra la Cina e la Ue favorirà certamenyte l’economia legale, ma potrebbe ancheperfezionare la gamma dei reati ai danni della proprietà intellettuale. Produttori forti, in seconda battuta, India, Thailandia, Turchia, Malaysia, Pakistan e Vietnam.
In Europa – soprattutto per pelletteria, alimenti e cosmetici che vengono poi spediti nella Ue – grande produttore di falsi è la Turchia.
Ma il “modello di business extra-Ue” resta quello preferito dalle organizzazioni criminali europee coinvolte nella distribuzione di falsi, che preferiscono ricorrere principalmente a fabbricanti esteri, per poi organizzare all’interno del confine europeo, l’importazione, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione. L’altrernativa è fabbricare direttamente all’interno dei confini della Ue, ma usando etichette e imballaggi falsi importati da paesi terzi.

I Paesi di transito
Non ci sono, però, solo i Paesi produttori. La “catena” non sarebbe abbastanza lunga da colpire così tanto e bene Europa e Stati Uniti se la “filiera” non avesse i suoi “porti di trasnito”, cioè centri di scambio a livello mondiale per i trafficanti che giocano un ruolo decisivo per la corretta “distribuzione” del fake.
I principali hub sono Hong Kong, gli Emirati Arabi Uniti e Singapore, dove vengono importate grandi quantità di prodotti falsi a mezzo container che verranno successivamente spedite per posta o per corriere.
Secondo il Report, l’Arabia Saudita e lo Yemen costituiscono i principali punti di transito per le spedizioni di prodotti falsi diretti in Africa. Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono i quattro punti di transito usati per inviare falsi destinati alla Ue, mentre Panama è un importante porto “pivot” per i falsi in rotta verso gli Stati Uniti.

Il valore delle merci e come si trasportano
Sempre secondo il report Ocse-Euipo, su oltre 460 miliardi di dollari di falsi contraffatti importati nel mondo, 121 miliardi sono prodotti di elettronica e telefonia, 41 miliardi della gioielleria,
29 miliardi i dispositivi ottici, fotografici e medici, 28 miliardi abbigliamento e
tessuti, 16 miliardi i prodotti farmaceutici e, solo in coda, arrivano i “classici” dell’immaginario collettivo del fake: 13 miliardi di dollari di calzature, 12 miliardi di alimenti, 10 di giocattoli, 9 di pelletteria e 5 di profumeria.

Del resto, ha ricordato Rob Wainwright, direttore esecutivo di Europol: «i falsi danneggiano non solo le nostre economie, ma rischiano di ipotecare seriamente l’incolumità dei cittadini con la crescente disponibilità di prodotti illeciti nel settore della salute e della sicurezza».

Il 63% dei prodotti contraffatti sequestrati, poi, sono inviati per posta ordinaria o corriere: una crescente sfida per le autorità di contrasto. Mentre se si parla di sequestri di falsi in base al valore, la metà (il 51%) ha viaggiato via mare, su container in nave; il 23% via posta, il 19% per via aerea e solo l’8% su strada.

Le opinioni
«Questa ricerca – ha sottolineato il direttore esecutivo dell’Euipo, António Campinos – mostra la complessità e l’estensione delle rotte commerciali internazionali di prodotti contraffatti e usurpativi nel mondo. Gli studi svolti in passato hanno dimostrato che in pratica qualsiasi prodotto o marchio è suscettibile di contraffazione. La relazione mette in evidenza i mezzi con cui è possibile trasportare i falsi da un parte all’altra del mondo

«Oltre ad apportare immensi benefici in tutto il mondo – ha ricordato il direttore per il governo pubblico dell’Ocse, Rolf Alter – la globalizzazione crea purtroppo anche opportunità per le reti criminali di trarre vantaggio dal commercio illecito di prodotti contraffatti a spese di consumatori, imprese e governi. L’unica risposta è una più stretta collaborazione tra le agenzie nazionali delle dogane, le agenzie di contrasto, le organizzazioni internazionali, le aziende e i consumatori».

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