Le strade che l’Italia deve percorrere per rilanciarsi
Le recenti previsioni della Commissione europea offrono un quadro preoccupante dell’evoluzione economica dell’Euro-area (Ea) e dell’Unione europea (Ue) nei prossimi mesi.
di Marco Buti e Marcello Messori
3' di lettura
Le recenti previsioni della Commissione europea offrono un quadro preoccupante dell’evoluzione economica dell’Euro-area (Ea) e dell’Unione europea (Ue) nei prossimi mesi. La persistenza di politiche monetarie restrittive (in termini di tassi di interesse di policy e di riduzione nell’offerta di liquidità) e i connessi più stringenti vincoli imposti alle politiche nazionali di bilancio stanno pesando negativamente sui consumi e stanno raffreddando solo gradualmente gli aumenti dei prezzi. Indicare per il 2024 un’inflazione ancora vicina al 3% in un contesto di rallentamento della crescita implica che il rischio di stagflazione non è stato scongiurato. Il dato più significativo è, però, l’accentuazione delle divergenze all’interno dell’Ea. A fronte di maggiori difficoltà economiche della Germania che si riverberano su Italia e Olanda, si segnalano reazioni positive per Francia e Spagna.
Questi andamenti non sono sorprendenti. I vincoli post-pandemici dal lato dell’offerta e l’impatto geo-politico ed economico dell’aggressione russa in Ucraina hanno palesato l’obsolescenza di un modello produttivo della Ue incentrato sulla manifattura, su tecnologie mature e su esportazioni nette. La Germania, che ha svolto un ruolo di leadership in tale modello, è quindi costretta ad affrontare una difficile ristrutturazione delle proprie attività che ha effetti negativi sui suoi attuali tassi di crescita e su quelli dei suoi subfornitori di beni (Italia) e servizi (Olanda). Riguardo all’Italia, si aggiunga che è stato uno degli stati membri più generosi nell’erogare sussidi durante la pandemia e la crisi energetica (si vedano nostri precedenti articoli sul Sole); dato l’ingente debito pubblico, l’Italia ha però dovuto correggere in modo più rapido lo stimolo fiscale quando le politiche europee sono diventate restrittive. Va, inoltre, considerata la più forte dipendenza delle piccole e piccolissime imprese italiane dai prestiti bancari che aggrava i vincoli di prezzo (tassi di interesse di mercato) e di quantità (riduzione dei crediti) derivanti da politiche monetarie restrittive.
Il quadro descritto mostra l’inconsistenza del supposto “miracolo” italiano (2021-22) e la difficoltà delle sfide aperte; tuttavia, esso non condanna la nostra economia a un’inevitabile stagione di stagnazione. I responsabili italiani delle politiche di bilancio hanno l’esigenza di stare al passo con la rifondazione del modello produttivo europeo, così da evitare che comparti “forti” della nostra manifattura (per esempio, la meccanica di precisione) e risorse umane con qualificazioni tradizionali si trovino spiazzate dalle iniziative dei maggiori partner europei e dalle connesse innovazioni produttive. Peraltro, diversamente dai Paesi con spazi fiscali interni (come la Germania), essi dispongono di scarne risorse finanziarie nazionali e non possono contare su generosi flussi di prestiti bancari.
Pur se difficile, questa situazione italiana non è priva di soluzioni. Al riguardo, vi sono almeno tre strade aperte che vanno perseguite con determinazione. In primo luogo, è nel massimo interesse del nostro paese superare l’attuale stallo istituzionale sulla governance economica della Ue. Si tratta perciò di approvare, entro dicembre 2023, nuove regole fiscali che, in conformità alla proposta della Commissione dell’aprile scorso, calibrino gli aggiustamenti nazionali di bilancio in base alle specificità dei singoli Paesi nel rispetto della crescita macroeconomica e della sostenibilità fiscale. Inoltre, va sottoscritto lo statuto del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che, rafforzando gli strumenti di gestione delle crisi, faciliti una capacità fiscale
europea e, quindi, il coordinamento “verticale” fra politiche nazionali ed europee. In secondo luogo, è prioritario per l’Italia fare sì che i detentori privati della consistente ricchezza finanziaria del Paese sottoscrivano non solo strumenti liquidi ma anche attività per il finanziamento delle produzioni.
Il completamento del processo di unione bancaria (che include il backstop reso disponibile dal Mes) e la traduzione operativa della legislazione sull’unione dei mercati europei dei capitali sono, perciò, cruciali. In terzo luogo, l’Italia ha spazi di sostegno fiscale alla crescita grazie alle ingenti risorse europee rese disponibili dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Si tratta di utilizzarle nel modo più rapido ed efficiente, insieme a un’allocazione delle scarse risorse pubbliche nazionali verso
le effettive priorità del Paese.
Solo percorrendo tali strade, l’Italia non rimarrà intrappolata in politiche fiscali pro-cicliche e potrà contribuire a quel «modello imprenditoriale per la decarbonizzazione dell’industria»
invocato ieri dalla Presidente della Commissione nel suo
discorso sullo stato dell’Unione.
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