Lean e operational excellence: alla ricerca della produttività perduta
Le imprese che adottano queste pratiche di gestione hanno quasi il 9% di produttività in più rispetto alle organizzazioni ancora «a digiuno»
di Gianni Rusconi
3' di lettura
Molti sono convinti, e a ragione, che una delle principali cause dello stallo economico italiano risieda nella scarsa produttività del nostro Paese, e quindi nella limitata quantità di valore prodotta. Confrontando i dati relativi alla produttività sul lavoro tra Germania e Italia, nel periodo che va dal 1995 al 2017, si evince per esempio, come l’Italia sia cresciuta solo dello 0,4% annuo, al cospetto di una Germania che viaggia invece al ritmo dell'1,6%.
Quali le ragioni alla base del gap delle nostre imprese?
Molte e complementari fra loro. E fra queste vi è anche la voce “management”. Diversi studi evidenziano infatti come le pratiche di gestione snella, raggruppate nell’acronimo Oelm (Operational Excellence e Lean Management), costituiscano il differenziale di maggiore produttività fra le aziende che le adottano in modo sistematico e quelle che non le adottano o le adottano solo superficialmente.
Una ricerca, fra le prime in Italia così approfondite sull’argomento, condotta dall’Università di Padova e Cuoa Business School, ha scattato una fotografia sulla diffusione delle buone pratiche manageriali nelle aziende della Penisola, cercando di evidenziare i “difetti” del nostro tessuto industriale e di misurare l’impatto effettivo sugli indicatori economico-finanziari delle piccole e medie imprese manifatturiere.
Ebbene, delle circa 500 imprese campione (rappresentative soprattutto del Nord Italia), solo il 16% adotta modelli “lean” in modo continuativo (quelle attive su almeno qualche pratica Oelm arrivano al 51% del totale) e le differenze in termini di reddittività tra queste realtà e quelle meno virtuose sono abissali. Una percentuale su tutte, secondo gli autori dello studio, offre l’esatta portata del fenomeno: le imprese avanzate hanno quasi il 9% di produttività in più, in termini di valore aggiunto per addetto, rispetto alle organizzazioni ancora a digiuno di buone pratiche.
Se guardiamo al profilo delle imprese “advanced”, si può subito notare come queste siano più grandi in termini dimensionali (153 dipendenti medi rispetto ai 43 delle imprese che non adottano la lean), più attive sull’export (70% contro 38%) e con più stabilimenti all’estero (39% contro 11%), a conferma del fatto di essere realtà più strutturate, con maggiore presenza all’estero e maggiormente internazionalizzate.
Sotto il profilo della redditività e della produttività, e quindi dei dati economico-finanziari, il solco fra le imprese “lean oriented” e le altre si fa parecchio evidente: le prime esibiscono infatti un Ebitda (il margine operativo lordo) superiore del 4,2%. Calcolatrice alla mano, su un fatturato medio annuo di 50 milioni di euro, le imprese migliori guadagnano oltre due milioni di euro in più rispetto alle aziende che non applicano le buone pratiche di cui sopra.
E non è finita qui. Il dato che misura la produttività del lavoro, come si legge nella nota che accompagna lo studio, è ancora più eclatante. Il valore aggiunto per addetto delle imprese “avanzate”, nello specifico, è superiore nella misura dell’8,7% e traducendo questa percentuale in termini monetari significa che, per ogni singolo addetto, il differenziale fra le aziende migliori e quelle peggiori è di circa 6mila euro.
Se i numeri offrono una chiara interpretazione dei vantaggi legati all’adozione di sistemi lean, la realtà ci dice che questi non solo sono poco diffusi, ma anche che non sono conosciuti o considerati da molti manager e responsabili di azienda un approccio da “specialisti” o per specifici settori.
Solo un problema di giovinezza di questa pratica, nata in Toyota nel secondo dopoguerra e lanciata nel mondo occidentale negli anni '90? Di sicuro l’insieme degli strumenti Oelm è ancora un elemento acerbo e immaturo per le nostre imprese. Partendo da quest’ultimo assunto, come sottolineano gli esperti, ecco l’esigenza di dedicare risorse e investimenti alla formazione e all’innovazione, al cambiamento manageriale e organizzativo se si vuole creare un vero effetto leva per il nostro tessuto industriale. E non è certo un caso che tra le imprese che adottano la lean quasi la totalità (circa il 90%) implementi oggi qualche tecnologia digitale, mentre non è vero il contrario.
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