Lega, operazioni opache: le inchieste sui fondi e gli audio sui soldi russi
Un fiume di soldi sarebbe arrivato dalla Russia di Putin al partito di Matteo Salvini. Audio di un incontro tra russi legati al petrolio e Gianluca Savoini, responsabile della Lega per i rapporti con la Russia, sono stati pubblicati dal sito Usa BuzzFeed. Si parla di finanziamenti finiti nelle casse del Carroccio per «una nuova Europa vicina alla Russia». Salvini è definito il «Trump europeo»
di Ivan Cimmarusti
4' di lettura
«Noi vogliamo cambiare l’Europa. Una nuova Europa deve essere vicina alla Russia, come era prima, perché noi vogliamo la nostra sovranità». Un frammento di audio che cela gli accordi per veicolare da Mosca alla Lega di Matteo Salvini decine di milioni di dollari del petrolio russo.
Un’operazione discussa a tavolino all’hotel Metropole di Mosca il 18 ottobre del 2018 tra Gianluca Savoini, responsabile della Lega per i rapporti con la Russia di Putin, e tre soggetti russi, presumibilmente vicini ad ambienti politici. «Ho già querelato in passato, lo farò anche oggi, domani e dopodomani: mai preso un rublo, un euro, un dollaro o un litro di vodka di finanziamento dalla Russia», il commento del leader del Carroccio.
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L’audio pubblicato dal sito Usa BuzzFeed
Il frammento di audio è stato pubblicato in esclusiva dal sito statunitense BuzzFeed . In questo audio, in particolare, si sente una voce attribuita a Savoini che dice in inglese: «Noi vogliamo cambiare l’Europa. Una nuova Europa deve essere vicina alla Russia, come era prima, perché noi vogliamo la nostra sovranità». Le trascrizioni mostrano la parte entusiasta di Salvini, definito come il «Trump europeo». Salvini il giorno precedente aveva incontrato il vicepremier russo Dmitry Kozak e Vladimir Pligin di Russia unita, il partito di Putin. «Salvini è il primo uomo che vuole cambiare tutto in Europa», dice Savoini nell’audio, secondo BuzzFeed, segnalando la volontà di costituire una «grande alleanza» con i «partiti che sono pro-Russia», facendo riferimento alla francese Le Pen e al partito di estrema destra tedesco AfD. Il negoziato avrebbe coinvolto una compagnia petrolifera russa che avrebbe dovuto vendere 3 milioni di tonnellate di carburante in un anno alla compagnia italiana Eni per un valore di 1,5 miliardi di dollari. La compravendita di questo petrolio avrebbe interessato intermediari, a cui i venditori avrebbero dovuto applicare uno sconto a queste transazioni. Lo sconto finale sarebbe dovuto essere 65 millioni di dollari, sulla base dei prezzi del petrolio dell’epoca e secondo i calcoli che BuzzFeed ha affidato ad analisti di settore. Questo ammontare sarebbe dovuto segretamente andare, sempre via intermediari, nelle casse della Lega, a dire del sito americano.
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Salvini: «Querelo»
«Ho già querelato in passato, lo farò anche oggi, domani e dopodomani: mai preso un rublo, un euro, un dollaro o un litro di vodka di finanziamento dalla Russia». Così il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, in riferimento agli audio pubblicati dal sito americano. «Non ci sono mai stati fondi né soldi per la Lega da parte di nessuno di quelli citati da BuzzFeed. Tutte parole e blablabla, come peraltro ha appena detto Salvini». Risponde così Gianluca Savoini, ex portavoce del leader della Lega Matteo Salvini e presidente dell'associazione Lombardia-Russia.
Eni: mai fatto operazioni di finanziamento ai partiti
«Eni ribadisce con fermezza di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici. Peraltro, lìoperazione di fornitura descritta non è mai avvenuta». È quanto riferisce un portavoce dell’azienda in merito alle rivelazioni pubblicate da BuzzFeed. «Eni, in presenza di qualsiasi illazione volta a coinvolgerla in presunte operazioni di finanziamento a parti politiche, si riserverà di valutare le opportune vie legali a tutela delle propria reputazione», spiega ancora il portavoce.
La Lega sotto inchiesta
Il partito di Matteo Salvini risulterebbe tra i più opachi nella gestione dei fondi. Questo almeno stando alle indagini della Guardia di finanza e dei Carabinieri, che hanno fatto luce su sospette operazioni finanziarie illecite per celare i finanziamenti diretti alla Lega. L’ipotesi – che emerge incrociando le indagini di tre diverse procure – porta a ritenere esistenti più casseforti riconducibili al partito sovranista, nascoste sotto la forma giuridica delle associazioni o fondazioni. Ma andiamo per gradi.
Procura di Genova, i 49 milioni di euro - I pm di Genova, attraverso gli accertamenti della Guardia di finanza, hanno ricostruito il vasto «sistema» per sottrarre, tra il 2008 e il 2010, i finanziamenti al Carroccio. Verifiche che hanno portato il Tribunale del capoluogo ligure a emettere una sentenza il 24 luglio 2017, con cui sono stati condannati, tra gli altri, Umberto Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito. Attraverso un accordo con la Procura di Genova, la Lega potrà restituire la somma in 80 anni.
Procure di Roma e Milano, i finanziamenti alla “Più Voci” - Indagini in coordinamento tra i pm di Roma e Milano riguardano i finanziamenti alla “Più Voci”, una associazione presieduta dal tesoriere ufficiale della Lega Giulio Centemero. Secondo i pm capitolini, tra il 2015 e il 2016 l'immobiliarista Luca Parnasi ha finanziato, con 250mila euro, l'associazione attraverso accordi presi anche con Centemero. L'imprenditore romano ha specificato a verbale che quel denaro aveva lo scopo di stringere rapporti con l’imprenditoria del nord. Un secondo finanziamento, in programma per marzo 2018 (in corrispondenza delle elezioni), non è stato portato a termine. Questa seconda erogazione, a detta di Parnasi, aveva lo scopo di finanziare la Lega.
La Procura di Milano ha un fascicolo molto simile, che riguarda i finanziamenti di altri gruppi imprenditoriali alla “Più Voci”. Si tratta di un procedimento nato alla Procura di Brescia e inviato per competenza a Milano.
La presunta tangente da 30mila euro a Siri - A Roma pende un procedimento sull'ex sottosegretario Armando Siri, l’ideologo della Flat tax accusato di corruzione. Secondo ai pm avrebbe ottenuto una tangente dall'imprenditore Franco Arata per interferire nelle scelte di politica energetica. In particolare - è l’ipotesi - gli sarebbe stata «data e/o concessa» una tangente da 30mila euro per inserire un emendamento nel Def che avrebbe portato guadagni alle imprese di Arata, in cui tra i «soci occulti» risulta esserci Vito Nicastri, imprenditore accusato dalla Dda di Palermo di essere uno dei finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
A Milano indagato il governatore Fontana – Secondo i pm, facendo nominare con una delibera il suo ex socio di studio Luca Marsico al Nucleo di valutazione degli investimenti della Regione, avrebbe violato il principio di imparzialità perché quel posto non era di nomina «fiduciaria» ma si trattava di un incarico che era passato per un avviso pubblico a cui hanno partecipato circa 60 persone.
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