Leonardo apre all’orario ridotto a parità di produttività e risultati
Accordo con i sindacati sulla cornice del contratto integrativo 2024-2026. Sul welfare nuova polizza vita, e aumento di sanità e previdenza integrative
di Cristina Casadei
4' di lettura
Leonardo si candida ad essere il primo vero grande banco di prova nella manifattura per la riduzione dell’orario di lavoro, per le vie della contrattazione e delle buone relazioni con il sindacato. La maggiore azienda manifatturiera italiana, nella definizione del nuovo contratto integrativo (2024-2025-2026) con i sindacati di categoria, ha tracciato i binari su cui si svilupperà il dialogo su premio, tempo e welfare, che sono sempre più fattori di employer branding. Soprattutto in un gruppo in cui nei prossimi due anni entreranno 5mila professionisti tra ingegneri, data scientist, data analyst, esperti di cybersecurity. Tutti professionisti molto ricercati e su cui «è fondamentale caratterizzare l’offerta di lavoro con condizioni che migliorino l’attrattività e rendano l’azienda competitiva, in un momento in cui non si può pensare di portare a bordo i migliori talenti immaginando di qualificarsi solo per la sicurezza del posto di lavoro», racconta Antonio Liotti, responsabile delle risorse umane del gruppo che, in Italia, ha 31mila persone (51mila nel mondo, con particolare presenza tra Usa, Regno Unito e Polonia), di cui 12mila sono impegnate nelle attività produttive.
La riduzione dell’orario
Il tema della riduzione dell’orario di lavoro da molti mesi alimenta un vivace dibattito, che «è stato impostato immaginando che i beneficiari potessero essere le stesse persone che a partire dalla pandemia hanno usufruito dello smart working, diffusosi su larga scala, dapprima come risposta emergenziale e poi come misura più strutturata di conciliazione vita-lavoro – interpreta Liotti -. In Leonardo abbiamo un accordo che consente a chi svolge mansioni remotizzabili di lavorare in smart working 8 giorni al mese che possono arrivare fino a 10, in particolari condizioni. Pensare ad altre misure per chi può già lavorare in smart working avrebbe però aumentato il gap con chi lavora in produzione e non si è potuto avvantaggiare di questa possibilità. Per evitare un’ulteriore polarizzazione, abbiamo deciso di spostare il mirino della popolazione aziendale potenzialmente interessata da nuove misure che riguardano il fattore tempo. Con i sindacati abbiamo iniziato a ragionare su una riduzione oraria nelle aree dove lo smart working non è utilizzabile. L’impegno è di esplorare soluzioni sperimentali di rimodulazione dell’orario di lavoro, anche in ottica di riduzione, applicabili in realtà produttive, secondo criteri, modalità di compartecipazione e finalità che saranno preventivamente condivise durante il rinnovo del contratto integrativo aziendale». Se il meccanismo tecnicamente va definito, il binario è però stato individuato ed è quello di «un patto che prevede un aumento di produttività a fronte del quale l’azienda comparteciperebbe rendendosi disponibile a una riduzione dell’orario. L’idea è di partire con la sperimentazione in aree produttive mirate in alcuni dei siti divisionali più grandi», continua Liotti.
Il recupero salariale
Il rinnovo dell’integrativo del 2021 è partito in un contesto di forte discontinuità col passato, per il dibattito sul fattore tempo, ma anche per una dinamica inflattiva - e una situazione geopolitica - che non si era mai vista. La questione salariale si è affacciata in maniera rumorosa. «Abbiamo scelto di affrontare subito la parte economica, individuando soluzioni, anche strutturali, di contrasto all’erosione salariale, generata dalle mordenti dinamiche inflazionistiche, in atto ormai da circa due anni», afferma Liotti. In questo contesto, però, «proprio quando discutevamo la parte economica abbiamo ricevuto i nuovi indici Ipca dell’Istat che hanno fatto significativamente aumentare le tranche del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Quello che stavamo cercando di fare a livello aziendale, lo ha quindi fatto il contratto nazionale. Per evitare una concentrazione non sostenibile di costi negli stessi anni, abbiamo così deciso di rimodulare la discussione, aumentando il premio di risultato in maniera più contenuta per il 2023 e il 2024, e dando segnali di crescita più sostenuta per il 2025 e il 2026, anni non coperti dal vigente ccnl che scade nel 2024». Così il superminimo collettivo crescerà di 40 euro nel 2025 e di 63 nel 2026, mentre non ci sarà nessun ulteriore ritocco per 2023 e 2024. Il premio di risultato, invece, aumenterà di 250 euro nel 2023, di 350 euro nel 2024, di 700 nel 2025 e di 1.400 nel 2026. Si tratta di valori che vanno ad aggiungersi al premio di risultato che in un gruppo dove sono confluite ex società con trattamenti specifici, è fortemente diversificato e varia da un valore minimo di circa 1.500 euro, riconosciuto in alcune società del gruppo, fino al valore massimo di circa 5mila euro della divisione elicotteri, la ex AgustaWestland.
Il consolidamento del premio
Nella discussione sul premio è stato condiviso anche di avviare «un percorso di consolidamento, con l’ottica di armonizzazione, perché la provenienza da una piuttosto che da un’altra azienda fa sì che oggi i dipendenti abbiano diversi trattamenti variabili – spiega Liotti -. Prendendo come soglia i 3.300 euro, nella discussione verificheremo la possibilità di trasformare la parte eccedente in un superminimo ad hoc della retribuzione, adottando un criterio di conversione pari all’85%, per cui a 100 euro di variabile corrisponderanno 85 di fisso. Una parte del variabile verrebbe quindi consolidata per arrivare a un risultato unico per tutti i lavoratori di Leonardo».
Il miglioramento del welfare
Nella discussione del nuovo integrativo di Leonardo troveranno spazio il fattore tempo, la questione salariale, ma anche il miglioramento del welfare su cui arriveranno almeno tre segnali. Il primo potrà essere l’introduzione di una polizza vita per tutti. Il secondo un intervento sulla previdenza complementare, incrementando la quota del contributo aziendale che oggi è del 2%: la richiesta sindacale è di portarlo al 3% e la società ha dato piena disponibilità a trattare l’argomento, seppure vadano ancora definiti gli aspetti quantitativi. Il terzo si focalizzerebbe sull’assistenza sanitaria integrativa in una dinamica di sistema, attraverso soluzioni di miglioramento per i lavoratori di Leonardo che risultino coerenti con il fondo di categoria Metasalute. Il tutto per innalzare il livello dei pilastri del loro welfare sulla sanità e sulla previdenza.
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