Libia, no al cessate il fuoco: Tripoli respinge la mediazione dell’Egitto
Secco rifiuto del premier Fayez al-Sarraj al tentativo di accordo avanzato dal Cairo e accettato invece dal generale Haftar. Colloquio telefonico tra il premier italiano Conte e il presidente egiziano al-Sisi
di Luca Veronese
4' di lettura
Il Governo di accordo nazionale libico di Fayez al-Sarraj respinge il tentativo di mediazione dell’Egitto, accettato invece dal generale Khalifa Haftar, che prevede il cessate il fuoco a partire da lunedì 8 giugno. Il governo «non ha tempo per guardare le assurdità di Haftar in tv», hanno fatto sapere dal comando militare di Tripoli. Era stato il generale Haftar a cercare la mediazione dell’Egitto per contenere le perdite di fronte all’avanzare delle truppe del Governo di accordo nazionale, ormai pienamente sostenute dalla Turchia.
Tripoli rifiuta la mediazione del Cairo
Secco dunque il no di Tripoli all’iniziativa del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che sabato 6 giugno al Cairo aveva incontrato Haftar e il presidente della Camera dei rappresentanti libica con sede a Tobruk, Aguileh Saleh. «Non abbiamo iniziato questa guerra, ma ne vedremo la data e il luogo della fine», ha detto ancora il portavoce delle forze militari di Tripoli, Mohammed Gununu, secondo quanto riferito dal Libya Observer.
E anche il presidente dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khalid Al-Mishri, ha respinto l’iniziativa di Sisi, affermando che la Libia è uno Stato sovrano e l’intervento dell'Egitto è inaccettabile. Al-Mishri ha aggiunto che Haftar ora vuole tornare al dialogo politico dopo aver subito umilianti sconfitte, sottolineando che «il Consiglio di Stato rifiuta la presenza di Haftar nei prossimi negoziati politici, e che dovrebbe arrendersi ed essere processato da un tribunale militare».
Il piano proposto dall’Egitto
Il testo di mediazione tentato dal Cairo riconosce «tutti gli sforzi internazionali per risolvere la crisi libica nel quadro politico» e stabilisce - oltre a un cessate il fuoco a partire da lunedì 8 giugno - lo smantellamento delle milizie e la consegna delle armi al sedicente esercito nazionale libico guidato dallo stesso Haftar e l’espulsione dei mercenari stranieri, sulla base di quanto stabilito dal vertice di Berlino di gennaio e dal Comitato militare congiunto 5+5 sotto l’egida dell'Onu. Particolarmente controverso, osservano i commentatori, risulta il punto della consegna delle armi alle forze di Haftar.
Il Governo di Tripoli continua a considerare rilevanti solo le proposte di cessate il fuoco sostenute direttamente dall’Onu. La proposta egiziana prevede la creazione di un piccolo consiglio presidenziale a Tripoli che riformi l’esecutivo guidato da Fallaj, con componenti provenienti da tutte le aree del Paese. L’obiettivo ufficiale sarebbe quello di tener unita la Libia: diversi diplomatici europei e nordafricani temono che l’esito del confronto militare sia la creazione di due diversi Paesi, uno a Ovest sostenuto dalla Turchia, l’altro a Est appoggiato dalla Russia.
Haftar in ritirata
Il generale Haftar, partendo dalla Cirenaica, aveva tentato l’anno scorso una rapida, ma fallimentare, conquista del Paese. Mentre era in corso il vertice del Cairo, le truppe del Governo di accordo nazionale, stavano avanzando sostenute dalla Turchia per liberare Sirte, città sulla costa, a più di 700 chilometri a sudest di Tripoli, la capitale fino a qualche giorno fa stretta d’assedio. E per riprendere la base aerea strategica di al-Jufra. La debolezza di Haftar in questa fase sembra confermata anche dalle divisioni e dalle defezioni all’interno delle sue milizie e tra le tribù cirenaiche che lo sostengono. Il generale continua tuttavia a controllare l’Est e parte del Sud del Paese.
Il ruolo della Russia e della Turchia
Mosca ha finora sostenuto Haftar anche sul campo, con l'invio di almeno un migliaio di mercenari, ufficialmente ingaggiati dal Wagner group di Yevgeniy Prigozhin e dotati di caccia di costruzione sovietica e di dubbia origine. Ed è difficile immaginare che Vladimir Putin rinunci ai suoi piani di influenza in Libia: per ottenere vantaggi nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi e per avere un ruolo nella ripresa economica dell’Africa settentrionale, anche in opposizione all’Europa e alla Nato.
La Russia deve tuttavia fare i conti con il nuovo ruolo della Turchia che nel novembre del 2019 ha raggiunto un’intesa con Sarraj per la realizzazione di Zone economiche esclusive in Libia, allargando così il suo raggio d’azione dall’area mediorientale al Mediterraneo.
Gli Stati Uniti e l’Europa
«Gli Stati Uniti stanno osservando con interesse la situazione in Libia mentre le proposte politiche nell'Est trovano espressione». Lo scrive su Twitter l'ambasciata statunitense in Libia, aggiungendo «speriamo di vedere presto queste proposte incorporate in un vero dialogo politico a livello nazionale immediatamente dopo la ripresa dei colloqui 5 + 5 ospitati dall'Unsmil sulle modalità di un cessate il fuoco». «Accogliamo con favore gli sforzi di Egitto e altri per sostenere un ritorno ai negoziati politici guidati dalle Nazioni Unite e la dichiarazione di un cessate il fuoco». E ancora: «Chiediamo a tutte le parti di partecipare in buona fede per fermare i combattimenti e tornare ai negoziati politici coordinati dalle Nazioni Unite».
Nella ricerca di un riequilibrio, l’Europa non resta a guardare: a marzo ha lanciato l’operazione Irini (pace, in greco), guidata dall’ammiraglio Fabio Agostini, per vigilare sull’'embargo deciso dall’Onu.
L'Italia: sosteniamo ogni iniziativa condivisa
Palazzo Chigi ha fatto sapere che il premier italiano Giuseppe Conte «ha avuto oggi una lunga conversazione telefonica con il presidente della Repubblica Araba d’Egitto, Abdel al-Sisi. Al centro del colloquio la stabilità regionale, con particolare riferimento alla necessità di un rapido cessate il fuoco e ritorno al tavolo negoziale in Libia, e la collaborazione bilaterale, da quella industriale a quella giudiziaria con particolare riferimento al caso Giulio Regeni».
In precedenza una nota del ministero degli Esteri italiano segnalava: «L’Italia ha accolto con attenzione l’accordo annunciato ieri dal presidente Sisi. L’Italia ha sempre sostenuto ogni iniziativa che, se accettata dalle parti e collocata nel quadro del processo di Berlino, possa favorire una soluzione politica della crisi libica. A questo fine, auspica che tutte le parti si impegnino in buona fede e con spirito costruttivo nella ripresa dei negoziati 5+5 per la definizione, sotto la guida delle Nazioni Unite, di un cessate il fuoco duraturo».
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