Licenziamenti Jobs act, ora per 20mila cause deciderà il giudice caso per caso
di Francesca Barbieri
3' di lettura
L’indennizzo per i licenziamenti illegittimi sarà a discrezione del giudice. È questo l’effetto immediato della sentenza della Corte costituzionale che ha ritenuto irragionevole che la misura dell'indennità sia calcolata automaticamente in base alla sola durata del rapporto di lavoro, quindi in base all’anzianità di servizio del lavoratore.
Due mesi di stipendio per ogni anno di lavoro: questa la regola “cancellata” dalla Consulta e introdotta dal Jobs act per gli assunti con il contratto a tutele crescenti (in vigore dal 7 marzo 2015).
Cosa cambierà in pratica? Secondo esperti e giuslavoristi ci sarà il rischio di una ripresa del contenzione nei tribunali del lavoro.
«L’impianto del Jobs act è confermato – spiega il giuslavorista Giampiero Falasca – ma annulla il criterio di quantificazione del risarcimento escludendo che possa legarsi solo all’anzianità lavorativa. Il giudice quindi potrà decidere caso per caso». Fatto salvo comunque il limite minimo di 6 mesi e il massimo di 36 mesi, due soglie ritoccate al rialzo la decreto dignità di questa estate. Prima infatti la forchetta era tra 4 e 24 mensilità.
Sulla stessa lunghezza d’onda Pietro Ichino che ha twittato: «L’effetto pratico sarà un aumento dell’alea del giudizio, quindi del contenzioso giudiziale (i grandi beneficati sono gli avvocati). Ma è probabile che i giudici finiscano col non discostarsi molto dal criterio stabilito dalla legge». Secondo Carlo Majer, partner di Littler, studio di diritto del lavoro internazionale con sede in Italia, «la restituzione alla magistratura del lavoro della discrezionalità nel condannare il datore di lavoro per il caso del licenziamento illegittimo al pagamento di una indennità tra un minimo di 6 ed un massimo di 36 mesi, svuota di ogni significato l'istituto della offerta conciliativa. Non è difficile ipotizzare che, tra la mensilità per ciascun anno di servizio dell’offerta conciliativa e una indennità oscillante tra 6 e 36 mensilità non parametrata rigidamente ad alcun criterio, i lavoratori tenderanno a correre il rischio del giudizio»
I licenziamenti nel 2017 sono stati 890mila, l'8,8% del totale delle cessazioni dei rapporti di lavoro. Ma quante sono le cause di licenziamento che ogni anno arrivano in tribunale?
Secondo i dati del ministero della Giustizia, nel 2017 sono stati avviati in Tribunale 20.580 procedimenti nel settore privato, in diminuzione dell’8% rispetto al 2016. Alla fine dell'anno scorso nel primo grado di giudizio risultavano 17.724 dossier aperti (le cosiddette” pendenze”), rispetto agli oltre 19mila dell’anno precedente.
Per i licenziamenti un mix di sanzioni
Rimane poi il fatto che in Italia sui licenziamenti illegittimi resta una babele di sanzioni e regimi diversi. Il mix tra reintegra e risarcimento cambia in base al settore e alla data di assunzione.
Prendiamo, per esempio, un caso di licenziamento disciplinare: un cassiere è accusato di essersi appropriato del contenuto nella cassa. Se viene accertato che il licenziamento è ingiustificato, le sanzioni vanno dalla reintegra sul posto di lavoro più un’indennità economica (massimo 12 mesi) al semplice risarcimento di importo variabile fra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ma attenzione: tutto ciò vale solo per gli assunti prima del 7 marzo 2015, ai quali si applica la legge Fornero (92/2012), che prevede diverse combinazioni tra reintegrazione e risarcimento.
Con il Jobs act si è però creato uno spartiacque che coincide con l’entrata in vigore del decreto sulle tutele crescenti (il 7 marzo 2015). Per gli assunti a tempo indeterminato post Jobs act, la sanzione generale è il pagamento dell’indennità economica che dopo la decisione della Corte costituzionale sarà quantificata a discrezione del giudice del lavoro. La reintegrazione sul posto di lavoro (associata al risarcimento) si applica solo per i casi di licenziamento disciplinare basato su un fatto materiale inesistente.
In generale il mix tra reintegra e licenziamento cambia in base al settore (privato o pubblico), alla dimensione (piccole o grandi imprese) e alla data di assunzione del lavoratore.
Le possibili soluzioni sono almeno dieci, con la precisazione che se il licenziamento è discriminatorio in tutti i casi scatta la reintegrazione sul posto di lavoro, abbinata a un risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni che il dipendente avrebbe maturato dal licenziamento illegittimo fino alla ripresa del lavoro.
All’Italia il record degli indennizzi più alti
Sullo scacchiere europeo, l’Italia rinetra nel club dei Paesi più “generosi” per quanto riguarda gli indennizzi in caso di licenziamento illegittimo. Quello minimo (6 mesi) supera di gran lunga la mezza mensilità della Germania, le tre settimane del Belgio e i 33 giorni della Spagna, mentre solo la Svezia con 16 mensilità è più generosa.
Il “risarcimento” massimo, invece non ha rivali in Europa: la Germania si ferma a 18, Spagna e Irlanda a 24, la Francia a 20, secondo l'elaborazione dello Studio legale Toffoletto, De Luca, Tamajo e soci.
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