Pioniere italiane

Lisetta Carmi in Sardegna 50 anni dopo

Per la prima volta il MAN dedica una personale alla fotografa che per 15 anni ha immortalato le trasformazioni dell'isola e della sua gente

di Silvia Malagoli e Zelia Rossi*

Lisetta Carmi, Ollolai (Ollolai in Barbagia Importante centro di lavoro artigiano dei cesti) 1964 © Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti (MAN Nuoro)

4' di lettura

Al MAN di Nuoro avrebbe dovuto aprire il 4 dicembre 2020 una personale di Lisetta Carmi, rimandata a causa dell'emergenza sanitaria a data da definirsi. La mostra, intitolata “Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna 1962-1976”, si inserisce in un processo di rivalutazione del lavoro dell'artista, portato avanti negli anni dal gallerista Giovanni Battista Martini, curatore dell'archivio Carmi a Genova. Lisetta Carmi ha affrontato argomenti quali l'identità di genere, lo sfruttamento del lavoro, l'emarginazione sociale e la condizione femminile in un periodo storico che non ne registrava ancora la consapevolezza, facendosi anticipatrice di movimenti e ideologie che hanno preso forma completa solo molti anni dopo. Luigi Fassi, direttore del Museo MAN, illustra la mostra e restituisce la sua lettura del lavoro di Lisetta Carmi.

Luigi Fassi (Foto di Ivan Capra)

Come è nata l'idea di portare Lisetta Carmi al MAN di Nuoro?
Assieme all'archivio Carmi, la volontà è stata di riportare in superficie alcuni segmenti del lavoro dell'artista sinora rimasti in penombra. In particolare, il lungo e approfondito lavoro svolto da Lisetta Carmi in Sardegna, dove soggiornò ripetutamente nel corso di un quindicennio, scattandovi centinaia di fotografie rimaste quasi tutte inedite e oggi da riscoprire. Nel mondo insulare della Sardegna, Carmi viene in contatto con diverse tematiche che approfondirà durante tutta la sua ricerca artistica in luoghi e contesti assai diversi tra loro: il ruolo delle donne, lo sfruttamento sul lavoro, l'infanzia, le trasformazioni del paesaggio e i cambiamenti apportati dalla modernità nella vita sociale dell'isola.

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Lisetta Carmi, «Genova-Porto, scarico merci», 1964, © Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti (Biennale Ferrara)

Come sarà articolata la mostra?
La mostra è organizzata in più parti che illustrano le fasi di lavoro di Carmi in Sardegna. La prima, che muove dalle fotografie scattate a partire dal 1962, testimonia un interesse personale, sviluppato da Carmi in seguito alla lettura degli articoli di Maria Giacobbe, pubblicati nella rivista “Il Mondo”, in cui la Giacobbe narrava le sue esperienze di maestra elementare a Orgosolo, e successivamente confluiti nel libro «Diario di una maestrina». In questa parte entrano anche le fotografie dedicate alla costruzione della Costa Smeralda dei primissimi anni '60. Sono fotografie che mostrano l'atteggiamento critico della Carmi nei confronti di una trasformazione che convertirà un territorio remoto e rurale in un luogo di turismo di élite. Le foto del 1976 testimoniano poi la seconda e ultima fase di lavoro in Sardegna a seguito di una committenza dell'azienda Dalmine, per la pubblicazione di un volume fotografico dal titolo “Sulle Acque di Sardegna”. La stessa Dalmine le commissionò poi una medesima ricerca in Sicilia. Il volume sulla Sicilia fu pubblicato, al contrario di quello sulla Sardegna, le cui immagini sono rimaste pertanto inedite sino a oggi. Un'altra sezione in mostra sarà incentrata sul lavoro degli operai nel porto di Genova, di cui Carmi aveva documentato nei primi anni Sessanta le difficoltà delle condizioni di lavoro, al limite dello sfruttamento. L'ultima sarà dedicata ai ritratti dei «Travestiti», che in anni recenti ha riscosso crescente visibilità.

Lisetta Carmi, «Irgoli», 1964 © Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti (MAN nuoro)

Chi si è occupato del catalogo della mostra?
Più che esclusivamente un catalogo, si tratta di un volume di studio, in quanto non rispecchia solamente la mostra, ma arricchisce la bibliografia di ricerca sul lavoro di Lisetta Carmi. Da qui la committenza di testi a diversi autori italiani e stranieri come Nicoletta Leonardi ed Ètienne Bernard. Nel corso di diversi mesi di ricerche con l'archivio Carmi curato da Giovanni Battista Martini, abbiamo selezionato circa 200 negativi fotografici che sono stati poi affidati ad un restauratore per procedere poi alla stampa fotografica e alla digitalizzazione. Partner editoriale e di distribuzione è la Marsilio , una casa editrice che da tempo si occupa di fotografia e con cui come Museo MAN abbiamo già prodotto dei volumi. Il libro su Lisetta Carmi, «Voci Allegre nel buio - Fotografie in Sardegna 1962-1976», uscirà contestualmente all'apertura della mostra.

Secondo lei perché vale la pena valorizzare il lavoro di Lisetta Carmi in questo periodo storico?
Lisetta Carmi ha avuto un percorso artistico complesso e poliedrico: è stata autodidatta, ha smesso di fotografare agli inizi degli anni '80, seguendo sempre la spinta di motivazioni tanto intime quanto urgenti provenienti dal suo vissuto. Allontanatasi dall'attività pianistica, decide di iniziare a dedicarsi alla fotografia. Inizia lavorando come fotografa di scena al Teatro Duse di Genova per raccontare poi la città in tutte le sue contraddizioni e, infine, percorrere con la macchina fotografica le strade del mondo attraversando più continenti. La sua storia la conduce sino in India, alla scoperta dell'induismo che la porterà a fondare l'Ashram a Cisternino. Le sue fotografie hanno anzitempo prestato attenzione a vicende e situazioni che hanno un inesauribile valore contemporaneo. La serie dei «Travestiti», ad esempio, ha anticipato una riflessione su identità di genere e transessualità in anni in cui quei temi erano ancora negletti, rifiutati dalla vita pubblica e oggetto di persecuzioni giudiziarie. Lisetta Carmi lo ha fatto con una cura rispettosa, entrando in intimità con quelle donne, senza metterle in mostra, ma raccontando la loro difficile storia di emarginazione sociale. Vi sono altri temi decisivi nella storia di Carmi, come quello del lavoro: inizialmente affrontato nella serie dei «Camalli del porto di Genova» e del loro sfruttamento e in seguito in Venezuela, dove ritrae donne e bambini nelle discariche delle grandi metropoli alla ricerca di una forma minima di sussistenza. In quegli anni Carmi ha anche affrontato il ruolo della donna, indagando la sua posizione sociale e la sua indipendenza. Anche la vita privata di Carmi riflette questa attenzione, nella scelta di non sposarsi e non costruire una famiglia nel senso tradizionale. Le sue fotografie possiamo guardarle oggi come dei classici, delle opere che travalicano la loro specifica stagione storica per parlare in termini universali delle persone, dei loro diritti e della loro urgenza di vita.

*Allieve della XVIII edizione del Master in Economia e Management dell'Arte e dei Beni Culturali di Milano - 24Ore Business School

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