DAL MESSICO ALLA SICILIA

Avocado e litchi? Sono Made in Italy. Boom dei frutti tropicali al Sud

In Sicilia, Calabria e anche nel Lazio: aumenta la produzione di frutta esotica sempre più richiesta dai consumatori

di Food24

Ansa

2' di lettura

L’avocado, entrato nelle abitudini alimentari del nostro Paese, lo testimonia la presenza nel paniere Istat dal 2018, è sempre più Made in Italy.

Prossimamente al mercato di quartiere o dal fruttivendolo potremmo trovare questo ed altri frutti, originari da Messico o Sud America, con provenienza Sicilia o Calabria. Con i cambiamenti climatici aumentano le coltivazioni sul suolo italiano di numerose produzioni esotiche di largo consumo e di specialità meno conosciute come zapote nero (ha la forma del cachi e sapore di cioccolato) o sapodilla (ha il gusto della pera si presta a molti usi in cucina).

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500 ettari di coltivazioni: Sicilia in testa
La prima ricerca Coldiretti “I tropicali italiani”, presentata a Milano, dimostra infatti che gli effetti del surriscaldamento hanno modificato non solo i comportamenti di consumo, ma anche le scelte produttive delle stesse aziende agricole. Ad oggi sono oltre 500 gli ettari piantati con frutti tropicali, aumentati di 60 volte nel giro di appena cinque anni.
La Sicilia è la prima regione italiana che ha diversificato la produzione con coltivazioni di avocado e mango tra Messina, l'Etna e Acireale, ma anche frutto della passione, zapote nero, sapodilla e litchi. Protagonisti di questa riconversione i giovani agricoltori che hanno scelto queste coltivazioni spesso recuperando terreni abbandonati proprio a causa dei mutamenti climatici. Tropicali italiani anche in Calabria dove, oltre a mango, avocado e frutto della passione si aggiungono melanzana thay, macadamia (frutta secca a metà tra mandorla e nocciola), annona (diffuso lungo le coste si usa per produrre marmellate). Anche il finger lime (o limone caviale) dalla lontana Australia è approdato in Sicilia e nel Lazio.

ANSA/ UFFICIO STAMPA COLDIRETTI

Consumatori disposti a pagare di più per un prodotto italiano
Secondo un sondaggio Coldiretti-Ixè, il mercato del tropicale tricolore ha tutte le potenzialità per crescere: il 61% di italiani sono pronti ad acquistare frutti esotici nostrani e non quelli stranieri, con il 71% disposto a pagare di più per avere la garanzia dell'origine nazionale. Una scelta motivata dal maggiore grado freschezza, ma anche perché l'Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti con residui chimici irregolari (0,8%), quota inferiore di 1,6 volte alla media dell'Unione Europea (1,3%) e 7 volte a quella dei Paesi extracomunitari (5,5%).

Gli altri effetti del clima: olio sulle Alpi e vendemmia anticipata di 1 mese
Il cambiamento climatico ricade anche sulla mappa delle coltivazioni. L'ulivo è arrivato a ridosso delle Alpi, in Pianura Padana si coltiva circa la metà della produzione nazionale di pomodoro e grano e i vigneti sono ormai in vetta a 1.500 metri. L'ultima frontiera nord dell'olio d'oliva italiano si trova in provincia di Sondrio e proprio in Vantellina negli ultimi dieci anni la coltivazione dell'ulivo è passata da zero a 10 mila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno. E se in Toscana sono arrivate le arachidi, il vino italiano, è aumentato di 1 grado negli ultimi 30 anni, con una vendemmia anticipata di un mese rispetto a settembre. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione dei vigneti con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza, come nel comune di Morgex e di La Salle in provincia di Aosta.

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