Liti fiscali, sui documenti di spesa basta la dichiarazione del testimone
La prova può essere ammessa dal giudice anche senza accordo tra le parti
di Stefano Mazzocchi
3' di lettura
La riforma del processo e della giustizia tributari (legge 130/22) introduce la possibilità di ammettere la prova testimoniale in forma scritta, in presenza di specifici presupposti (viene in tal senso sostituito l’intero quarto comma dell’articolo 7, Dlgs 546/92). Una novità applicabile ai ricorsi notificati dal 16 settembre scorso, entrata in vigore della norma. Tale regola di carattere generale dev’essere letta in combinato disposto con un’altra disposizione contenuta nell’articolo 4 della legge 130 che disciplina la prova, secondo cui, qualora la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede sino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze oggettive diverse da quelle attestate da un pubblico ufficiale.
La procedura
La prova testimoniale è disposta discrezionalmente dalla Corte di giustizia tributaria (la ex commissione tributaria). Non solo: la decisione della Corte può essere adottata «anche senza l’accordo delle parti». Posto il rinvio all’articolo 257-bis del Codice procedura civile per quanto concerne le modalità di assunzione della prova testimoniale, dovranno essere gli stessi giudici a chiedere al testimone di fornire – per iscritto ed entro il termine stabilito – le risposte ai quesiti. La Corte dispone che la parte che abbia chiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone.
A tal punto, la palla passa proprio al testimone, il quale è tenuto a:
1 rendere la deposizione compilando il modello di testimonianza, con una risposta separata a ciascuno dei quesiti;
2 precisare gli eventuali quesiti cui «non è in grado di rispondere, indicandone la ragione». Si tratta evidentemente di una previsione estremamente delicata, in quanto sottrae al testimone qualsiasi valutazione discrezionale legata alle possibili conseguenze, per le parti processuali, della sua testimonianza;
3 sottoscrivere la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza;
4 spedire tale documentazione in busta chiusa con plico raccomandato (in alternativa anche consegnando il plico alla segreteria della Corte). In difetto, il testimone può essere condannato a versare una pena pecuniaria da 100 a 1.000 euro. È una sanzione discrezionale secondo l’articolo 255, comma 1, del Codice di procedura civile.
La deroga alla procedura
La procedura descritta incontra una deroga espressa nell’ipotesi in cui la testimonianza verta su documenti di spesa già depositati dalle parti: in questo caso, infatti, essa può essere resa mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui interesse la prova sia stata ammessa, senza il ricorso al modello di cui sopra.
Benché la testimonianza ammessa dalla riforma sia essenzialmente scritta, si ritiene a rigore che anche nel processo tributario la Corte possa disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti alla stessa; tale facoltà – contemplata dall’articolo 257-bis Codice procedura civile – dovrebbe considerarsi ammessa in considerazione del fatto che il richiamato articolo 4 rende applicabile la norma del Codice di procedura (è peraltro auspicabile un intervento chiarificatore).
Si tenga infine presente che, nel caso in cui il testimone intenda avvalersi della facoltà di astensione, è comunque tenuto a compilare il modello di testimonianza, indicando anche i motivi dell’astensione. Ricordiamo una recente pronuncia della Cassazione (ordinanza 9 agosto 2022, n. 24576), che conferma la possibilità per il contribuente di introdurre nel tributario dichiarazioni scritte rese da terzi in sede extraprocessuale.
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