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Liti fiscali, il ricorso conterrà una proposta di conciliazione

Allo studio la possibilità di inserire un’ipotesi di accordo
con l’avvio del processo. Rischio sanzioni per chi rigetta l’intesa con colpa

di Ivan Cimmarusti

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3' di lettura

Il ricorso potrà produrre gli stessi effetti di un reclamo in autotutela, ma potrà anche contenere una proposta di conciliazione preventiva, che – se fatta propria dal giudice in un eventuale successivo contenzioso – potrebbe persino far scattare la responsabilità amministrativa del funzionario che non ha accettato l’ipotesi di accordo per «mala fede» o «colpa grave» come previsto dall’articolo 96 del Codice di procedura civile. Ma potrebbe arrivare anche la possibilità di ricorrere contro l’ordinanza di rigetto della sospensione dell’atto impugnato.

Sono tra i temi – per il momento in una fase embrionale – allo studio del ministero dell’Economia, che sta lavorando per rivedere le disposizioni sul processo tributario, anche sulla base delle indicazioni degli esperti.

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L’obiettivo è mitigare la storica litigiosità tra contribuenti e fisco e deflazionare il contenzioso potenziando le prerogative difensive.

Reclamo e conciliazione

Un aspetto preso in considerazione dal Mef riguarda la modifica dell’articolo 17-bis del Dlgs 546/1992, con quello che potrebbe rivelarsi un vero stravolgimento dell’istituto della mediazione per le controversie di valore fino a 50mila euro. Al suo posto arriverebbe una proposta di conciliazione preventiva che il contribuente – se vorrà – potrà inserire nel ricorso.

Inoltre, il ricorso – in questo caso automaticamente – produrrà anche gli effetti di un reclamo in autotutela. In parallelo, anche un semplice reclamo in autotutela, se avrà tutti gli elementi richiesti per valere come ricorso, ne produrrà gli stessi effetti.

Nelle valutazioni preliminari che si stanno svolgendo, si punta a rafforzare questo doppio strumento (autotutela e conciliazione preventiva) per limitare sul nascere l’insorgenza di nuovi contenziosi. Toccherà comunque al contribuente decidere se fare una proposta di «conciliazione preventiva», con la rideterminazione dell’ammontare della pretesa tributaria, su cui l’Agenzia dovrà pronunciarsi.

Un tema allo stato dibattuto riguarda la responsabilità amministrativa dei funzionari. Una delle ipotesi preliminari mira a prevedere che in caso di rigetto del reclamo o di rifiuto della proposta di conciliazione preventiva, l’ufficio, che poi nel processo viene condannato, non solo rischia il pagamento delle spese, ma può anche incorrere nella responsabilità aggravata se si accerta che ha resistito in giudizio con «colpa grave» o «malafede». Inoltre, la condanna può rilevare anche ai fini di una eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo e non ha accolto la proposta di conciliazione preventiva.

L’impugnazione

C’è poi un tema legato alla sospensione dell’atto impugnato, istituto disciplinato dall’articolo 47 del Dlgs 546/1992. La delega fiscale prevede la possibilità di impugnare le ordinanze che accolgono o respingono le istanze di sospensione.

Il problema è che, spesso, queste istanze non hanno risposta in tempi rapidi. Nell’ultimo anno in primo grado risultano esserci state 64.890 istanze di sospensione, ma ne sono state decise solo 17.030, delle quali 11.041 rigettate. A colpire è soprattutto il numero delle istanze non ancora decise: 53.912 in primo grado, di 26.045 ferme da oltre sei mesi.

Al momento non è ancora stato deciso in via definitiva né il procedimento né l’organismo a cui rivolgersi per l’impugnazione: il Mef sta valutando la possibilità di rivolgersi alla corte di secondo grado seguendo l’iter del reclamo contro i provvedimenti presidenziali.

È chiaro che si tratterebbe di una grande novità, nell’ottica di implementare le prerogative difensive. Ma per renderla pienamente efficace bisognerebbe innanzitutto accelerare i tempi di risposta alle istanze ed evitare che i ricorsi sulle ordinanze che le decidono si trasformino in un nuovo collo di bottiglia.

Iscrizione del ricorso

Tra gli aspetti allo studio c’è anche la revisione dell’articolo 25 del Dlgs 546/1992 relativamente all’iscrizione del ricorso nel registro generale. La segreteria della Cgt di primo e secondo grado iscrive il ricorso nel registro e forma il fascicolo d’ufficio del processo, inserendo i fascicoli del ricorrente e delle altre parti, con gli atti e i documenti prodotti. L’ipotesi è di introdurre un nuovo comma alla norma: se a causa delle specifiche tecniche dei sistemi, non sia possibile produrre in giudizio documenti, questi saranno trasmessi dal difensore del contribuente alla segreteria della Corte entro cinque giorni dalla conoscenza dell’impedimento.

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